Riposare e respirare: per andare oltre la perfezione

riposare oltre la perfezione

Tempo fa, in uno dei miei tanti spostamenti in auto per lavoro, mi è capitato di fermarmi al semaforo. Uno di quei semafori infiniti, dove il rosso sembra diventare l’unico colore che hai sempre conosciuto. La noia mi ha assalita, così come la fretta e una serie infinita di pensieri sui miei impegni quotidiani. E mi sono messa a vagare con lo sguardo fuori dal finestrino: una signora passeggia con il cane, un uomo ha appena finito un viaggio al supermercato carico di buste della spesa, una ragazza aspetta il bus alla fermata.

Ed eccola lì: una palestra. Fin qui tutto normale, direte voi: che c’è di interessante in una palestra? Ce ne sono a milioni in ogni città, ormai. Ebbene, non è stata la palestra in sé a catturare la mia attenzione, ma qualcosa al suo interno, visibile attraverso le grandi vetrate d’ingresso: una grande scritta luminosa, in un corsivo elegante, che recitava “best never rest”, “le persone migliori non riposano mai”.

Una società che detesta chi si lascia riposare

Congelata. Così mi sono sentita a quel semaforo: immobilizzata, frenata in ogni movimento dalla frase appena letta. Perché qualcosa, in quella frase, mi ha turbata nel profondo e ha fatto nascere in me una riflessione su quanto davvero serva riposare e su quanto la nostra società, ad oggi, demonizzi qualunque cosa sia connessa al prendersi una pausa.

Viviamo, infatti, in una società estremamente performativa, e non servo io per farlo notare: lo vediamo sul nostro luogo di lavoro, in tv o sui social media, e ovunque il nostro sguardo si posi. VIviamo in una società dove ogni comportamento, ogni sforzo, è finalizzato ad una performance. Sarebbe anche una cosa accettabile, credo, se non fosse che questa performance non è mai abbastanza: non sono mai abbastanza fruttuosa sul lavoro, non sono mai abbastanza veloce nella corsa, non sono mai abbastanza bella per uscire di casa, non sono mai abbastanza brava per quel compito. Non sono mai abbastanza.

La performance a cui siamo abituat* a tendere, che speriamo in tutti i modi di mettere in atto, è irraggiungibile, perché perfetta. Nulla del nostro mondo è perfetto, come può esserlo la nostra performance? Eppure, fatichiamo costantemente per raggiungere quella perfezione, per essere perfettamente brav*, bell*, capaci. E fatichiamo ogni giorno, ogni ora, della nostra vita, rincorrendo quell’ideale che ci sfugge naturalmente tra le dita. Naturalmente, infatti, perché inesistente.

Un cambio di prospettiva: contro la perfezione serve riposare

Ma cosa succederebbe se decidessimo di ribellarci? Se prendessimo la nostra vita in mano, la soppesassimo e decidessimo che la nostra performance può andare bene anche se non è perfetta? Che noi possiamo andare bene anche se non siamo perfett*. Cosa succederebbe se decidessimo che per noi, la perfezione, può essere semplicemente l’aver raggiunto un obiettivo mettendoci il massimo delle nostre energie e non necessariamente l’aver raggiunto quell’ideale tanto agognato? Cosa succederebbe se, nel performare in questa società, decidessimo di tirarci indietro, di riprendere fiato e riposare?

“Best never rest” mi ha turbata, perchè a parer mio, e credo a parere di tante persone nel mondo, “best do rest”. Le persone migliori, secondo me, sono quelle che pur avendo un obiettivo nella loro testa, pur vivendo in una realtà che ci spreme fino allo sfinimento, decidono di prendersi una pausa. Coloro che riconoscono il valore della pace e del riposo nella loro quotidianità, possono raggiungere il loro obiettivo con una serenità, una consapevolezza e una soddisfazione nettamente diverse da coloro che vanno avanti come treni, che spingono fino allo stremo delle forze. Queste ultime persone infatti, viste le loro fatiche e i loro sacrifici, si aspetteranno, alla fine del percorso, di aver raggiunto quella performance perfetta tanto desiderata. Ma ciò non avverrà, perché quella performance non esiste. La perfezione non esiste. E lo sconforto nel sapere di non aver raggiunto il proprio obiettivo (o forse è meglio definirlo come un obiettivo della società) nonostante tutto l’impegno che si è investito è enorme.

Se invece riprendiamo fiato, ci concediamo di respirare e di prenderci una pausa, saremo automaticamente consapevoli che i nostri sforzi sono abbastanza: non per la perfezione, ma per una soddisfazione.

È abbastanza provarci

Io stessa, non lo nego, fatico a riprendere fiato. Sono coinvolta in tanti progetti e tanti impegni e, spesso, arrivo a casa la sera senza nemmeno le forze per levarmi i vestiti carichi delle fatiche giornaliere e infilarmi il mio comodo pigiama. Sarebbe ipocrita, da parte mia, raccontarvi che ogni giorno mi prendo un attimo per me, che periodicamente decido di concedermi un periodo off dal lavoro. Non è così: la vita di tutti i giorni è frenetica e ci spinge a destra e sinistra in continuazione.

Però, ci tengo a dirlo, ci sto provando, e anche questo è abbastanza (gentle reminder anche per me stessa!). Sto provando a darmi del tempo per me, per le mie passioni, i miei hobby e i miei interessi. Sto provando a riprendere fiato e riflettere sulle mie azioni e comportamenti, senza procedere con il pilota automatico solo in vista di un risultato perfetto. Mi sto impegnando perché ho capito che riposare è vitale, fondamentale, necessario. Altrimenti non avremmo gioie, avremmo solo doveri e restrizioni. Invece riposiamo per regalarci uno spazio felice, uno spazio di serenità e di calma nella tempesta della vita.

Lo so, è complesso, ma come ho detto: è già abbastanza provarci, non c’è perfezione nemmeno nel cercare il riposo.

“Best never rest”. Col cavolo! “Best do rest”. E poi, anche se io non fossi la migliore, che problema ci sarebbe? Almeno sarei serena.

Contenuto a cura di Federica Merli

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Rasckatielli

Pasta Secca 500g

Ingredienti: Semola di Grano Duro Lucano del Parco Nazionale del Pollino, Acqua.

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(valori medi per 100g di prodotto)

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