La salute mentale è diventata una delle sfide più urgenti del nuovo decennio, nonché il tema più importante degli ultimi – e probabilmente dei prossimi – anni.
Nel 2025, nonostante grossi limiti, possiamo finalmente affermare che la salute mentale non sia più un tema marginale: sempre più persone riconoscono che i disturbi psicologici non sono più un “problema privato”, ma un’emergenza sanitaria dai confini globali. Basti notare la fioritura di programmi online dedicati al benessere psicologico, i nuovi divulgatori e attivisti, e anche tutti coloro che sensibilizzano l’opinione pubblica togliendosi finalmente la maschera dell’imbarazzo.
Dati alla mano sulla salute mentale oggi
Un bel traguardo, no? Sni, potremmo dire. Il perché lo possiamo evincere quando prendiamo i dati alla mano: ad esempio, secondo l’Ipsos Health Service Report 2024, rilasciato in occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale 2025, il 45% delle persone in più di 30 Paesi ha decretato il benessere psicologico come il problema sanitario più rilevante oggi. Questo dato segna un aumento significativo rispetto – ad esempio – al 2018, quando solo il 27% delle persone riusciva a considerare la salute mentale come una priorità.
Ma dietro la percezione crescente, dietro la sensibilizzazione e il nuovo interesse per il benessere del nostro cervello, si cela una realtà più critica di quanto ci si aspetti.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), infatti, oltre un miliardo di persone nel mondo convivono con disturbi mentali come ansia e depressione.
Vissuti e disturbi ansiosi o depressivi sono una delle principali cause di disabilità a lungo termine, e gravano non solo sulla vita delle persone, ma anche sull’economia. Infatti, l’OMS stima che la depressione e l’ansia costino all’economia globale circa 1 trilione di dollari ogni anno. Un numero da capogiro che rende bene la vastità insita del problema.
Il rapporto “World Mental Health Today” e il Mental Health Atlas 2024, entrambi pubblicati dall’OMS, segnalano un investimento ancora troppo limitato per la salute mentale in ancora troppi Paesi. La spesa media governativa sfiora infatti appena il 2% del budget sanitario totale. In aggiunta, la disponibilità di operatori specializzati rimane incredibilmente esigua. La media globale si aggira intorno a 13 operatori della salute mentale ogni 100.000 abitanti, un numero ovviamente e concretamente insostenibile.
Questa sorta di sottofinanziamento si riflette anche in altre lacune strutturali. Non a caso molti Paesi dipendono ancora da modelli di cura ospedalieri anziché comunitari, e nelle nazioni a basso reddito una parte molto significativa di persone affette non riceve assistenza.
E nel mondo del lavoro?
A fare da contrappeso, emergono dati allarmanti anche nell’ambito del benessere mentale nelle comunità lavorative e giovanili, secondo l’AXA Mind Health Report 2025. Il report rileva che il 32% della popolazione globale dichiara di avere almeno un problema di salute mentale. Tra i giovani, il 44% è classificato negli stati di “languishing” (ovvero stagnazione emotiva) o “struggling” (difficoltà).
Su un altro fronte, solo il 47% delle aziende a livello globale ha politiche reali per il benessere mentale dei dipendenti. Numeri così grandi raccontano una doppia verità: da un lato, la consapevolezza crescente in merito alla salute mentale. Dall’altro lato, il sistema sanitario e sociale mondiale è ancora troppo debole per rispondere in modo adeguato. E le disuguaglianze restano profonde: non tutti i Paesi hanno risorse, leggi o personale per offrire un’assistenza adeguata.
Ma ora, cosa fare?
L’OMS lancia un appello urgente: serve alzare l’asticella dei servizi, investimenti maggiori e il rafforzamento delle comunità di cura. Oltre a ciò, serve l’adozione di politiche mirate che includano anche il lavoro e la prevenzione.
Le aziende, da parte loro, hanno un ruolo strategico. Esse possono promuovere e creare ambienti di lavoro più inclusivi e offrire supporto concreto ai e alle dipendenti.
In un momento storico in cui il benessere psicologico non può più essere ignorato, i dati del 2025 ci dicono che non basta più parlarne. È tempo di agire, con urgenza ma anche con visione, per costruire un mondo in cui la salute mentale non sia un privilegio, ma un diritto reale per e di tutti.
L’articolo è stato scritto da Cristina, volontaria dell’Associazione




