A tu per tu con il Dott. Marco Scopel, Psicologo Psicoterapeuta

Rallentare in un mondo che si muove a ritmi frenetici, disinnescando il pilota automatico che ci porta ad affrontare le situazioni che viviamo utilizzando sempre gli stessi pattern – anche quando mangiamo.

Con il Dottor Marco Scopel, psicologo e psicoterapeuta specializzato in età evolutiva e nutrizione, abbiamo parlato di consapevolezza, disturbi del comportamento alimentare e diagnosi precoce. Anche se, più che di “diagnosi”, il Dott. Scopel preferisce parlare di “cura” nel senso più profondo del termine: prendersi cura.

Buongiorno Marco. L’idea di questa intervista nasce dal desiderio di rivolgerle qualche domanda addentrandoci nella sfera dei disturbi del comportamento alimentare, ma il suo intervento spazia in realtà tra più specializzazioni. Le va di raccontarci di cosa si occupa?

Buongiorno a voi. Come psicologo psicoterapeuta ho sicuramente avuto la possibilità di affrontare problematiche legate un po’ a tutti quelli che sono gli aspetti e le tappe della vita. Diciamo, però, che la mia esperienza mi ha portato a specializzarmi puntualmente in tutte quelle problematiche, come già sa, del comportamento alimentare e di quelle che invece possono essere più tipiche dell’età evolutiva e che mi vengono riportate dai genitori dei bambini che le riscontrano.

Essendo un appassionato di giochi di ruolo, spesso mi servo di questi, nelle versioni adatte ai bambini, per aiutare i più piccoli ad approcciarsi agli interventi in modo ludico.

Mi sono poi specializzato anche nel protocollo di Mindful Eating come strategia per un approccio meno conflittuale con il cibo e/o più generalmente più consapevole all’alimentazione.

Tra le altre cose, come ci ha detto, segue anche lo sviluppo in età evolutiva, quindi entra a contatto con bambini, adolescenti e con le loro famiglie. Quanto è importante la diagnosi precoce nei DCA? E quali sono le difficoltà che si incontrano nel trattamento di un disturbo con andamento cronico? È comunque possibile raggiungere o ripristinare un proprio equilibrio?

Più che di diagnosi, io parlerei di “cura”, nel senso vero e proprio di prendersi cura.

È importante prestare attenzione al rapporto che i bambini hanno sin da molto piccoli con il momento del pasto. Come genitori o come figure di riferimento (fratelli, sorelle, zii, insegnanti, ecc.) abbiamo un po’ il compito di accompagnare i bambini verso un rapporto equilibrato con il cibo.

Si sa poi che l’adolescenza è un periodo particolarmente sensibile in cui le difficoltà legate al cibo e alla corporeità sono potenzialmente più presenti. Il sostegno e la comprensione della famiglia, nonché una linea guida alimentare equilibrata sono tutti fattori di prevenzione e protezione rispetto alle problematiche citate. È quindi importante prestare attenzione ai più giovani per agire nel caso si riscontrasse una qualche sofferenza.

Tuttavia, invito sempre a non “patologizzare” ogni piccolo comportamento o preoccupazione fin da subito, quanto piuttosto a tentare un approccio comunicativo di apertura all’ascolto e accoglienza delle preoccupazioni stesse. Nel momento in cui una sofferenza entra nel cronico, può succedere che quelle difficoltà si radichino più a fondo nell’immagine che una persona ha e propone di se stessa e della sua vita. Più un comportamento diventa automatico e utile alla persona, più può diventare difficoltoso apportare un cambiamento.

Ciò non toglie che con il tempo e i giusti interventi si potrà ricostruire un equilibrio di benessere.

Sul suo sito lei scrive “Accettare le emozioni come parte dell’esperienza umana, con minore reattività ad esse”. Cosa significa “minore reattività”? Quanto è importante imparare a lasciare andare durante un percorso di cura? Come si arriva a dirsi “Va bene così”?

Con “minore reattività” intendo una capacità di attribuire all’emozione il giusto peso che ha nella nostra giornata. Molto spesso capita che una situazione negativa venga vissuta come insuperabile, come troppo invadente per essere gestita.

È importante, quando serve anche grazie ad un percorso di terapia, imparare a dedicare a un’emozione le energie e il tempo che richiede senza cristallizzarsi su di essa, utilizzandola piuttosto come bagaglio personale per proseguire nel nostro percorso di vita.

Rivoluzione necessaria in questo senso: mettersi in ascolto del proprio corpo. Quanto siamo distanti dal nostro corpo e come possiamo imparare a riconoscerne i segnali? Ancor più con un disturbo del comportamento alimentare, una situazione in cui ci si allena, al contrario, a silenziarli questi segnali…

La frenesia della società odierna ci ha portati ad essere veloci, rapidi e spesso frettolosi. Nel mangiare, ma anche nell’osservarsi, nel conoscere il proprio corpo e così via.

Mangiamo quando abbiamo tempo o quando è convenzione farlo, non ascoltando il nostro senso di fame.

Mangiamo anche oltre al senso di sazietà, talvolta fino a raggiungere una sensazione di disagio fisico. 

I segnali in realtà sono piuttosto semplici da riconoscere: se ci soffermiamo per un istante su quello che stiamo facendo nel momento del pasto, ognuno di noi è in grado di riconoscere se sta mangiando per fame, per noia, per convenzione sociale, per abitudine ecc. Questo è un primo passo verso una diversa consapevolezza alimentare.

Uno degli strumenti che lei sceglie per accompagnare i suoi pazienti nella scoperta della consapevolezza, in questo caso specifico nel proprio rapporto con il cibo, è il protocollo di Mindful Eating. Può dirci brevemente di cosa si tratta?

Negli anni le tecniche di Mindfulness sono state applicate a moltissimi aspetti del comportamento umano, e una delle applicazioni che ha avuto maggior fortuna è proprio quella legata all’alimentazione.

Il protocollo prevede una serie di incontri, individuali o di gruppo, per imparare a riconoscere quei segnali di cui parlavamo prima. Questo consente di conoscere meglio il proprio corpo, il proprio funzionamento, nonché le proprie esigenze e le proprie risorse attraverso dei semplici esercizi da svolgere quotidianamente.

L’obiettivo, come in tutti i protocolli di questo tipo, è spegnere il pilota automatico con cui in genere siamo abituati ad agire per muoverci con maggiore consapevolezza di quello che ci è davvero utile.

E possiamo cominciare a farlo eliminando tutte le distrazioni con cui di solito mangiamo: smartphone, tablet, tv ecc.

Questo primo passo ci mostrerà quanto non siamo presenti con la mente nel momento del pasto, permettendoci di prestare una maggiore attenzione a tutte le sensazioni che il cibo ci sta dando. 

Contenuto a cura di Stefania La Mattina

PASTA DI SEMOLA DI GRANO DURO LUCANO

Rasckatielli

Pasta Secca 500g

Ingredienti: Semola di Grano Duro Lucano del Parco Nazionale del Pollino, Acqua.

Tracce di Glutine.

Valori Nutrizionali

(valori medi per 100g di prodotto)

Valore energetico

306,5 kcal
1302 kj

Proteine

13,00 g

Carboidrati

67,2 g

Grassi

0,5 g

Prodotto e Confezionato da G.F.sas di Focaraccio Giuseppe
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