Soffrire di disturbi alimentari è come vivere in una bolla, all’interno della quale ci si sente al sicuro e che ci protegge da ciò che accade fuori. Ogni tanto, però questa bolla scoppia e nascono poesie, scritti e arte in grado di urlare al mondo come ci sente davvero a vivere con un DCA.
Carola ha sofferto di anoressia nervosa e bulimia e ha trovato nella scrittura e nell’arte del collage una forma per raccontare sé stessa, la sua esperienza e la sua malattia.
In questa poesia e nel collage Carola racconta i disturbi alimentari dalla sua personale angolazione, di come l’ha attraversato e dei sedimenti che ha lasciato in lei. Per lei, soffrire di un disturbo alimentare è una sottrazione di sovrastrutture, etichette, pregiudizi e automatismi per poter arrivare “all’osso”, ovvero all’essenza delle cose.
“Togliere”: la poesia per i disturbi alimentari
L’anima ha bisogno
di togliere,
togliere strati di pelle,
perdere consistenza
per sondare la sostanza
di cui è fatto il vento e
diventare inafferrabile.
L’anima cerca di sottrarsi
alle insidie dell’impermanenza,
vuole restare eterna
non attaccarsi a nulla
nemmeno al corpo che abita
con tanta fatica.
Il corpo si fa a brandelli,
è una lotta incessante
con quest’anima riottosa
fatta di agguati e dualismi
che non conoscono
il sublime piacere della resa.
Arrendersi alla materia,
alla percezione di un corpo
che non ci appartiene,
al desiderio di essere sempre altrove
ma mai dentro di sé.
Quel guscio d’uovo
che chiamiamo corpo
è un’armatura pesante
inadatta a difenderci
dai giudizi distratti,
dagli sguardi taglienti,
dalle attenzioni non richieste.
Ma è solo vibrando
in questo corpo
che si può abitare il mondo,
anche quando non ci riconosciamo,
anche quando vorremmo nasconderci
sotto una montagna di stracci,
anche quando il nutrimento
diventa espiazione della colpa
o compensazione di assenze.
Prendo per mano questo corpo
lo porto in giro per il mondo
ne faccio testimone
di ogni mia caduta
e di ogni rinascita,
provo a respirarci dentro
per ricordarmi che sono viva e
presente a me stessa.
L’articolo è stato scritto da Carola, che ha raccontato la sua storia