Credo che il primo passo verso l’uscita da un’ipotetica gabbia in cui ci troviamo sia scavare a fondo per capire come ci si è finiti, per poi muovere i primi passi verso la liberazione.
Mi chiamo Benedetta, ho 21 anni e la mia vita negli ultimi due si è capovolta.
Non voglio attribuire colpe. Quello che è successo è successo; non si può tornare nel passato, ma si può guardare al presente con amore e comprensione, e al futuro con speranza e determinazione.
Non ho mai avuto un gran rapporto con me stessa, devo ammetterlo, ma quando pensavo ad un probabile sorgere di problematiche legate a ciò pensavo “No, è impossibile, non potrebbe mai succedere a me”.
Mi sembrava tutto un grande film.
Realizzare
“Buongiorno dottoressa, questa restringe”, “Dormi la notte? Com’è l’umore?”
Ed eccomi nel giro di 6 mesi a prendere appuntamenti su appuntamenti da persone con cui non volevo avere niente a che fare.
Nella mia testa stavo bene.
Ero lì per sbaglio, mi ci avevano trascinata, io non avevo niente.
Ma poi ogni tanto mi soffermavo a guardare le quantità di quello che il mio corpo stava ricevendo.
Mi sarebbero mai bastate in futuro? Perché lo stavo facendo?
L’inizio del percorso
Da gennaio 2022 comincio ad essere seguita.
Non lo accettavo, non volevo essere lì, ma era palese: c’era un problema, e se proprio vogliamo dirla tutta, più andavo avanti, più i problemi si moltiplicavano facendomi passare anche da uno all’altro, per poi tornare a quello precedente, e così via per vario tempo.
E allora continuo il percorso, cercando di affidarmi il più possibile.
Qualcosa poi si rompe e scelgo di cominciare un percorso nuovo qualche mese dopo, che tra paura e indecisione diventa per me uno sguardo positivo sul futuro.
Aria fresca
L’estate 2022, nonostante le difficoltà, si rivela la migliore della mia vita. Diventa quello di cui avevo bisogno per recuperare le forze e ripartire.
Festeggio il mio compleanno, comincio il terzo anno di università ed ho affianco a me l’amore più grande che la vita mi abbia mai regalato.
Potrebbe andare tutto benissimo, cerco anche di svincolarmi dai miei stessi schemi, cerco di sfidare la gabbia.
A volte va, a volte non va.
Cadere e rialzarsi
Non va sempre come speriamo, e ad oggi riesco a comprendere che i momenti dove spesso credevo di stare bene erano i momenti in cui riuscivo a dominare la gabbia.
Ma io rimanevo chiusa, quindi forse era il contrario, lo è tutt’ora.
Rispetto ad un anno fa sono cambiate molte cose: ho accettato di avere un problema e ho accettato l’aiuto, ho accettato che da sola non ce la farò mai: non perché io sia debole, ma perché a volte abbiamo bisogno di non essere soli nelle nostre battaglie.
Coraggio
Ad oggi sicuramente non mi sento nemmeno a metà del percorso.
So però che ho guadagnato tanto quando credevo di aver perso tutto: ho guadagnato coraggio, coraggio di buttarmi, di afferrare una mano, di affrontare le mie paure e coraggio di parlare.
Per questo ho scelto Animenta e ho scelto di aprire il mio blog.
Sento l’esigenza di parlare, raccontare e aiutare. Sento il bisogno di prestare conoscenze e consigli.
Ad oggi di disturbi alimentari se ne parla ancora troppo poco: io voglio essere voce, la mia e quella di chi non parla perché sa che non sarà ascoltata.
Voglio che questa voce diventi suono primario e che smetta di essere rumore di fondo.
Deve essere musica, affinché nessuno si senta più fuori dal coro.
L’articolo è stato scritto da Benedetta, volontaria dell’Associazione, che ha raccontato la sua storia