La mia storia inizia circa sette anni fa. Il periodo delle medie è incasinato di per sé, tra adolescenza e tutte le emozioni che essa comporta. Nel mio caso, l’adolescenza mi ha portato a notare fin da subito il cambiamento del mio corpo, un cambiamento che ad oggi riconosco come del tutto fisiologico. All’inizio non davo troppo peso a tutto ciò, ma col tempo ho iniziato a fare più caso a cosa mangiavo: l’intenzione era quella di seguire un’alimentazione sana e bilanciata. Ciò che ha fatto iniziare il tutto sono state le merende fatte di nascosto nella mia stanza. È qui che ho iniziato a mostrare i primi sintomi dei disturbi alimentari.
L’inizio dei disturbi alimentari
Io mi vergognavo a fare più merende davanti ai miei parenti, quindi ho iniziato a portarmi il cibo in camera. Inizialmente riuscivo a gestirlo, lo dividevo e lo distribuivo per più giorni, ma la cosa degenerò velocemente.
Con l’inizio delle superiori cominciai a provare ciò che al tempo definivo “fame nervosa”, che mi portava a finire tutto ciò che mi tenevo in camera e, di conseguenza, ad ingrassare. Una volta cresciuta ho deciso di prendere in mano la situazione andando da una nutrizionista, e le mie intenzioni erano le più sane di tutte: “inizio a mangiare bene per perdere il peso in eccesso, mi piacerò di più”.
Decisi di affrontare con la dottoressa l’argomento della mia “fame nervosa”, ma lei non lo prese troppo in considerazione e mi consigliò piuttosto di mangiare solo un cubetto di cioccolato per far calmare il tutto. Così passa un annetto e io riesco a rimettermi in linea senza troppi pensieri.
L’evolversi della malattia
Ciò che ha fatto peggiorare drasticamente la mia situazione è stato il periodo Covid. Il tempo passato in casa era molto, tanto quanto quello passato davanti al cellulare e sui social. Così iniziai a notare di più le caratteristiche fisiche di chi mi trovavo davanti: iniziarono i primi paragoni e le prime vergone, così decisi di ricominciare la dieta. Ma questa volta avevo deciso io quanto e cosa mangiare.
Il primo periodo mi sembrava tutto in discesa, non mi ero mai sentita meglio, mangiavo poco e sano e affiancavo tutto questo a tanto sport. Il mio corpo mutava velocemente quanto il mio cervello. Dopo mesi di restrizioni iniziai a sviluppare una paura verso tutto quello che non preparavo io: i pasti dovevano essere preparati da me, nulla attorno a me poteva ispirarmi sicurezza.
Il mio corpo non reggeva più, era sfinito e senza energie e proprio per questo iniziarono le prime abbuffate, che finirono presto per sfociare nella bulimia, un vortice che mi ha trattenuto per anni senza che io me ne rendessi veramente conto.
Il ruolo della famiglia e chiedere aiuto per uscire dai disturbi alimentari
In casa la mia situazione iniziò a dare nell’occhio per via del mio comportamento, che era diventato irascibile e scontroso, e della mia alimentazione. Nonostante questo, io continuavo a non accettarlo: non volevo dire ad alta voce quanto io soffrissi dentro, mi vergognavo davanti ai miei familiari. Dopo aver chiuso amicizie importanti a causa della situazione in cui mi trovavo, che stava diventando molto più grande di me, e della conseguente asocialità che provavo, decisi di chiedere aiuto.
Per me è stata una rivelazione così importante, e di cui mi vergognavo così tanto, che il mio cervello si rifiuta ancora oggi di ricordare.
Inizia così il mio percorso di psicoterapia, dove mi sono state affiancate una psicologa e una dietista. Non mi sono fidata sin da subito, anzi, ci vollero dei mesi prima che io accettassi che ero malata. Col tempo ho preso consapevolezza della mia condizione e con calma e dedizione ho intrapreso il percorso di recovery. Un percorso per riuscire ad ottenere gli strumenti adatti per gestire al meglio i picchi dell’impulso di abbuffata e compensazione. Ho imparato le varie tecniche di rilassamento e distrazione e tutto ciò che riusciva a calmare gli attacchi di panico causati dai pensieri successivi all’abbuffata.
Tutto questo mi ha permesso e mi permette tuttora di rimanere al di fuori di questo vortice. Dopo due anni, posso dire che uscirne è una delle cose più complicate da fare, ma con dedizione e con il giusto percorso tutto questo può essere battuto.
È vero. Se lo dicessi alla me di quattro anni fa probabilmente mi riderebbe in faccia, ma da ragazza che ha capito come affrontare e gestire queste situazioni, posso dire che è possibile.
Nessuno è solo e tutto ciò che provocherà ricadute nel tempo ci farà capire quanto siamo forti. Mentre ogni respiro ci farà rendere conto che la cosa più bella che ci sia accaduta è che siamo vivi e finalmente felici.
L’articolo è stato scritto da Irene, che ha raccontato la sua storia