Animenta racconta i disturbi alimentari – La storia di Matilda

Mi chiamo Matilda, ho 22 anni e vivo a Torino nella mia piccola casetta con i miei due gattini.Non sono mai stata una bambina, ragazzina, felice. La malattia di mia sorella minore mi ha portato via la gioia. L’unica fonte che avessi, paradossalmente, era lei. Quando il suo stato di salute iniziò a peggiorare iniziai ad avere forti mal di stomaco che mi rendevano difficile mangiare. Iniziai a perdere peso e a ricevere i primi complimenti. Avevo tredici anni. A febbraio 2014 mia sorella morì improvvisamente, durante un day hospital.

Non so come tutto è iniziato

La mia malattia non iniziò in modo consapevole, come penso per quasi tutti: iniziai a restringere e a cibarmi delle osservazioni altrui sul cambiamento del mio aspetto fisico. Perché l’anoressia è anche questo: colmare la fame con le osservazioni degli altri. Mi faceva sentire potente, in grado di controllare qualcosa in un momento in cui non ero riuscita a salutare mia sorella. Mi sembrava che tutto mi sfuggisse tra le mani e l’unico potere che avessi fosse sul cibo. Salvo poi rendermi conto che tutto questo non mi faceva bene. Passai un’estate a non mangiare e a compensare. Se ne andarono le mestruazioni. Il mio pensiero era completamente e unicamente rivolto al cibo, in questo modo non pensavo al fatto che avessi perso ciò che di più importante avessi nella vita.

Forse non è niente

Andando in vacanza con la mia insegnante di danza riuscii a mangiare quasi normalmente, mi convinsi allora di non essere malata, e, tornata a casa, la situazione diventò peggio di prima. Ebbi un momento finalmente buono quando iniziai a frequentare un centro estivo come animatrice. Iniziai a mangiare con loro e a farmi diversi km ogni giorno in bici per riuscire a raggiungere il posto. Non mi considerai guarita perché semplicemente non accettavo di essere malata.

Alle superiori

Iniziai le superiori, continuavo a fare “pasticci” con il cibo, ma continuavo a non considerarmi malata per il semplice fatto che mangiassi il gelato. Passarono gli anni e la situazione rimase più o meno la stessa. In terza superiore mi resi conto che non riuscivo più a frequentare la scuola a cui mi ero iscritta: lontana da casa, difficile, in un mondo che in realtà non era il mio. Ed ebbi il coraggio di cambiare. La quarta superiore fu l’anno in cui forse le cose filarono meglio di tutti gli altri. Ho dimenticato di sottolineare che in tutti quegli anni, e ancora ora, ero e sono seguita da una psicoterapeuta con cui mi trovo benissimo. Nonostante ciò, nemmeno con lei riuscii ad accettare di avere una patologia vera e propria.

Iniziata la quinta superiore, ricordo ancora oggi i mezzi di compensazione a cui ricorrevo. Avevo un brutto rapporto con il compagno di mia mamma e, in più, loro due litigavano spesso. Quei gesti erano un modo, che ad oggi so essere disfunzionale, in cui scacciare l’ansia, anestetizzare. Si lasciarono due mesi prima della mia maturità e lui smise di parlarmi completamente.

Un trasferimento…

Finito il liceo, io e mia mamma ci trasferimmo a Torino città. Andò tutto bene, anche durante il look down. Tutto precipitò quando finì l’anno. Mi ritrovai in una città che non conoscevo, lontana dalle mie amiche e da tutto e da tutti. Guardavo fuori e vedevo l’ignoto. Guardavo in casa e l’unica cosa che la mia mente mi diceva era “Tua sorella non c’è”. Crollai: la paura del dolore e di superare quel lutto da cui tanto ero scappata mi devastò. Mi rifugiai in qualcosa che già conoscevo: il cibo. Avevo bisogno di nuovo di controllare qualcosa che mi era sfuggita di mano. Frequentavo senza forze il tirocinio, guardavo per ore video di cucina, camminavo. La mia testa entrò così tanto in cortocircuito che sviluppai anche un disturbo ossessivo di cui avevo già da piccola manifestato i tratti. Non riuscivo più a vedere le mie amiche perché la dispercezione mi faceva vergognare della mia forma fisica.

Non è stato facile chiedere aiuto

Iniziai ad essere seguita da una nutrizionista, ma compensavo talmente tanto che in poche settimane la situazione degenerò. Toccai veramente il fondo e mi consigliarono gli psicofarmaci verso cui io ero molto restia. Mi accorsi di averne bisogno quando venne a trovarmi una mia amica  per qualche giorno e in testa avevo solo una cosa: l’ansia per il fattore “organizzazione pasti”.Furono tre giorni terribili per me. Non dormivo dalla fame, sognavo il cibo. Tra scuse e giustificazioni, non andavo più a mangiare dal mio ragazzo, perché mi vergognavo da morire a mangiare davanti agli altri. 

Un percorso travagliato

Iniziai a riprendermi grazie alla danza. Avevo cambiato scuola e mi trovai molto bene in quella nuova. La volontà di ballare mi aveva fatto riprendere anche dal punto di vista fisico. Arrivai seconda nella mia categoria ai campionati italiani e fu uno dei più bei ricordi della mia vita. Ma sei mesi dopo, verso Natale, a distanza da un anno dalla ricaduta bestiale che avevo avuto l’anno prima, presa dalla disperazione del mio peso, compii un gesto estremo per cui fui ricoverata d’urgenza in psichiatria. Non riuscivo a permettermi di essere felice, di stare meglio. Piansi in ogni stanza della psichiatria di Torino. Mi spostarono in una casa di cura dove speravo mi avrebbero fatto tornare la voglia di vivere. Non fu così e questo mi fece crollare di nuovo: non mangiavo e camminavo tutto il giorno. Fui spostata nel reparto DCA dove rimasi cento giorni. Ne uscii con molte difficoltà, ma tanta voglia di vivere. Attualmente, paradossalmente, mi manca il ricovero, perché era un luogo protetto dalle ansie della vita.

Oggi com’è…

Ma ora ho ventidue anni, vivo da sola, ho due lavori, sto per pubblicare un libro, mantengo me e i miei due gatti. Frequento un gruppo di auto mutuo aiuto, vado alle visite regolarmente. Piano piano sto riprendendo in mano la mia vita, che ho scoperto esser così bella. Da sola forse non ce la potevo fare, ma insieme si può. So che mia sorella mi guarda e voglio prendermi cura di me. Chiedendo aiuto, ce la possiamo fare.

L’articolo è stato scritto da Matilda, volontaria dell’Associazione, che ha raccontato la sua storia

Contenuto a cura di Animenta

PASTA DI SEMOLA DI GRANO DURO LUCANO

Rasckatielli

Pasta Secca 500g

Ingredienti: Semola di Grano Duro Lucano del Parco Nazionale del Pollino, Acqua.

Tracce di Glutine.

Valori Nutrizionali

(valori medi per 100g di prodotto)

Valore energetico

306,5 kcal
1302 kj

Proteine

13,00 g

Carboidrati

67,2 g

Grassi

0,5 g

Prodotto e Confezionato da G.F.sas di Focaraccio Giuseppe
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