Caro corpo,
È un bel po’ che non ti scrivo, anche se ci parliamo tutti i giorni.
Ti chiedo come stai, cerco di ascoltarti.
Quando sei stanco accetto di stare anche tutto il giorno sul divano. E sono felice, molto più felice, se non ce la fai a star sveglio fino alle 4 per studiare o non ti muovi più come una trottola, come facevi prima.
Non importa, sai?
Mi dico ironicamente che già a 24 anni non reggo più come prima, ma io e te lo sappiamo che la questione è ben diversa. Abbiamo imparato ad ascoltarci, e quando siamo stanchi lo accogliamo, ci diamo quello di cui abbiamo bisogno, sentiamo la fame, sentiamo quando siamo sazi, sentiamo quando abbiamo bisogno di prendere una boccata d’aria. Sentiamo quando abbiamo voglia di fare cose nuove, di incontrare persone, sentiamo quando vogliamo piangere e quando una canzone ci fa urlare a squarciagola.
Abbiamo iniziato a parlare al plurale, perché io e te oggi siamo una squadra.
E siamo una squadra insieme alle nostre emozioni.
Ricordi il 5 agosto 2020? La seduta di fine percorso con lo psicoterapeuta. Parlando del rapporto con il cibo, avevamo detto che quando abbiamo voglia di qualcosa ce lo diamo e non sentiamo più un vuoto incolmabile e, anche quando quel vuoto c’è, sappiamo che abbiamo bisogno di riempirlo con altro, perché non è realmente una questione di cibo, ma qualcosa di molto più profondo.
Lo psicoterapeuta ci aveva detto in quell’occasione che, non riuscendo a sentire come stavamo, cosa stavamo provando, non potevamo riuscire a sentire il senso di fame e di sazietà e che sì, quel vuoto voleva dirci cose molto più profonde.
Noi ci siamo interrogati su questo, abbiamo iniziato a chiederci più volte al giorno “Come stai?”, abbiamo imparato a riconoscerle le emozioni. Abbiamo compreso che nessuna di esse è “cattiva”, e che possiamo esprimerle ed accoglierle.
Abbiamo iniziato a riassaporare la vita, con tutte le sue sfumature.
Come quando a Valencia, dopo il lockdown, insieme a quegli amici abbiamo mangiato di nuovo la pizza napoletana dopo mesi. Siamo scoppiati a piangere appena l’abbiamo assaggiata, perché era buona, ma soprattutto perché quel sapore ci ricordava casa. Era stato bellissimo emozionarsi così, ti ricordi? È stata la prima di una lunghissima serie di volte in cui ci siamo emozionati tanto da non poterlo contenere ed è stato speciale.
Caro corpo, l’ultima volta in cui ti ho scritto risale a diversi anni fa.
Stavamo male, e ricordo che quella lettera era una lunga lista di “Caro corpo, scusa”. Non la trovo più quella lettera, anche se ce l’abbiamo impressa nell’anima. Oggi però voglio dirti qualcosa di diverso.
Caro corpo, GRAZIE.
Grazie perché sei vivo.
Grazie per tutte le emozioni che insieme possiamo sentire, grazie per tutto quello che mi permetti di fare, grazie perché ci evolviamo insieme con il passare degli anni, grazie per tutto quello che esprimi, grazie anche per le tue imperfezioni, perché essendo imperfetti diamo anche agli altri il diritto di esserlo. Ed essere imperfetti non è altro che essere umani.
Grazie, corpo, perché mi fai capire quello di cui ho bisogno.
Grazie, perché vogliamo esserci in questo mondo, vivere pienamente.
Lo stiamo facendo, insieme.
Ti amo