Perché hai scelto di diventare una dei volontari in Animenta e di cosa ti sei occupat*?
Ho scelto di diventare una dei volontari in Animenta per chiudere un cerchio iniziato con la mia malattia, ed aprirne uno nuovo fatto di speranza. Grazie all’ingresso in questa Associazione ho potuto lasciare alle spalle il mio DCA e guardare verso un futuro più radioso.
Principalmente mi sono occupata di attività di sensibilizzazione e informazione nelle scuole.
Raccontaci qualcosa in più di quello che hai fatto
Ho svolto attività in diverse scuole superiori con ragazzi di terza, quarta e quinta. È stato molto interessante creare momenti di sensibilizzazione e dibattito con i ragazzi delle superiori, che si sono mostrati sensibili e attenti sul tema dell’alimentazione, del corpo e dei DCA in generale.
Cosa hai imparato? Ma soprattutto, cosa hai provato?
Tramite la mia attività tra i volontari di Animenta e gli studenti delle scuole ho imparato che dare voce ai sentimenti è sempre importante. Qualunque essi siano, sono l’unica vera chiave per sentirsi liberi. Non smetterò mai più di dar voce a quello che provo, perché ho visto con i miei occhi e toccato con mano quanto questo sia importante.
Quali sfide hai affrontato?
La sfida principale per me è stata legata a come raccontavo il dolore. Ho imparato a raccontare il dolore che ho provato durante la malattia in una forma non disfunzionale, ma solo educativa per l’altro. Ho compreso cosa fosse necessario dire e cosa era meglio tacere al fine di garantire agli altri una narrazione della mia storia e delle storie altrui che non fosse triggerante ma pur sempre vera.
I tre motivi per cui ha senso diventare una dei volontari in Animenta
- Essere concretamente di aiuto
- Portare innovazione e conoscenza del tema dei Disturbi Alimentari
- Sviluppare e conoscere nuovi modi per parlare dei DCA insieme agli altri volontari
L’intervista è stata scritta da Giuliana, volontaria dell’Associazione