“La guarigione non è lineare”. Quanto spesso, in ambito dei disturbi del comportamento alimentare, sentiamo riferire questa frase.
È una esclamazione che può risultare, nella maggior parte dei pazienti affetti da DCA, un pensiero di speranza. Spesso però, in caso di ricadute, può del tutto svanire come un palloncino ad elio che per distrazione lasciamo volar via nel cielo, fino a non percepirlo più.
Infatti, al momento di una ricaduta, la guarigione sembra appartenere ad altri e non a noi stess*. Ci capita di rimanere intrappolati in un ciclo di pensieri negativi, soprattutto quando si è in cura da tempo per risolvere la propria condizione e anche il nostro lavoro sembra dissolversi verso l’inutilità.
Fortunatamente da un DCA si può guarire e il recovery, sicuramente non semplice e ricco di ostacoli, risulterà bellissimo e carico di emozioni.
Le fasi del recovery
Secondo alcuni studi e reali testimonianze, è stato infatti dimostrato che la guarigione esiste e, per spiegarlo in ambito scientifico, si prende in riferimento il Modello Transteorico del Cambiamento che comprende sei fasi del recovery:
- Pre-contemplazione: è la fase iniziale che vede la negazione del riconoscimento di avere un problema. I pazienti infatti non riconoscono o ammettono di soffrire di un disturbo alimentare.
- Contemplazione: i pazienti risultano informati e avvertiti da amici stretti o familiari, che iniziano a riconoscere in loro determinati comportamenti disfunzionali. Lo stesso individuo può così accettare un tipo di aiuto professionale.
- Preparazione: è una fase intermedia ma è anche la più significativa, perché le persone sono pronte a cambiare e si preparano verso la guarigione. È comunque fondamentale cercare un aiuto professionale da un’equipe multidisciplinare esperta.
- Azione: è anche definito “cambiamento attivo”, dove il paziente si impegna con determinazione a conoscere meglio sé stesso, cercando di modificare determinate abitudini nocive apprese nel tempo.
- Mantenimento: è un trattamento che dura circa sei mesi (ovviamente dipende da ciascun individuo). I soggetti continuano a mettere in pratica i nuovi comportamenti appresi durante il percorso stesso e a lavorare per prevenire le ricadute, che possono comunque presentarsi in questo periodo.
- Termine: Il termine è la fase finale del recovery. Descrive un periodo prolungato senza ritorno a comportamenti e/o cognizioni da disturbo alimentare dato che i comportamenti adattivi sono diventati in gran parte automatici.
L’importanza delle ricadute e delle ripartenze
Spesso chi decide di chiedere aiuto per guarire da un disturbo alimentare si convince che il percorso sarà lineare, con tappe ed obiettivi ben definiti e precisi da seguire. La realtà è che il processo di guarigione segue strade differenti per ogni persona, proprio perché ogni storia di sofferenza è diversa dall’altra ed è importante dargli valore.
Le ricadute sono parte fisiologica e inevitabile del percorso: mettono in luce le nostre fragilità, ma offrono anche un’occasione preziosa per approfondire la conoscenza di noi stess*, per lavorare sulle nostre specifiche difficoltà con l’équipe di cura e costruire strumenti unici che funzionano per il nostro modo unico di affrontare la vita.
C’è una forza speciale nel rialzarsi dopo una caduta, nel concedersi una nuova possibilità ogni volta, rispettando i propri tempi e imparando ad accogliere le proprie vulnerabilità.
Nei percorsi paragono spesso la guarigione ad un sentiero di montagna: si sale, si fatica quando la pendenza aumenta, a volte si scivola o si inciampa dentro qualche buca, si sbaglia sentiero e non mancano i momenti in cui si sente il bisogno di fermarsi per riprendere fiato prima di riuscire a raggiungere la cima e godersi finalmente il panorama. E così come nei trekking ad alta quota è fondamentale evitare di concentrarsi sulle difficoltà, ma imparare a godere di ogni passo che siamo in grado di portare a termine (anche quelli nella direzione sbagliata), avere fiducia nel processo e prestare attenzione alle piccole cose semplici che arricchiscono il cammino.
Tips per non perdere la speranza
- Accogli le ricadute come parte del processo, non come una sconfitta. Ogni volta che si cade, è un’occasione per imparare qualcosa di nuovo su noi stess*.
- Confrontati con persone che ci sono passate: il confronto umano può essere una fonte enorme di motivazione e comprensione. Se lo trovi difficile puoi provare a leggere libri di storie di guarigione.
- Focalizzati sui piccoli progressi, anche quelli che sembrano irrilevanti: un pasto affrontato, un pensiero negativo messo in discussione, un momento di auto compassione.
- Ricorda che ogni persona ha i suoi tempi, non esiste una tabella di marcia uguale per tutti.
“Non giudicare il tuo cammino dalla distanza percorsa oggi,
ma dalla forza che trovi nel rialzarti ogni volta.”
L’articolo è stato scritto da Ivana e Caterina, volontarie dell’Associazione