Mi chiamo Alice, ho 18 anni e da quando ne ho 12 mi sento a disagio con il mio corpo. È un disagio che ho sempre cercato di ignorare nonostante le volte in cui, guardandomi allo specchio, nella mia testa risuonava un unico pensiero: “Dovresti, anzi, devi dimagrire”. È un disagio che, nel tempo, mi ha portata a soffrire di disturbi alimentari.
Il ruolo dei social nei disturbi alimentari
I social hanno avuto un impatto gigantesco nel mio percorso con i disturbi alimentari. È stato per me impossibile non sentirmi sbagliata quando, crescendo, è nata in me la consapevolezza di non rispettare determinati standard. Quegli standard sbandierati sui social e che vengono innalzati all’unica possibilità di esistenza.
Nonostante ciò, il mio disturbo alimentare inizia a svilupparsi solo qualche anno dopo.
A settembre 2020, per l’ennesima volta, mi è stato fatto un commento su ciò che avevo appena mangiato. Era un tranquillo pranzo di famiglia in una qualsiasi domenica, quando mi sentii dire: “Alice avrai mangiato un etto e mezzo di pasta”. In quel momento, tutti quei desideri malsani che ero riuscita a tenere a bada fino a quel momento ebbero la meglio. Una semplice frase ha liberato ciò che avevo dentro. “Tanto da domani mi metto a dieta”. È stata questa la riposata che io diedi a quel commento indesiderato e che mi cambiò completamente.
L’inizio della mia storia con i disturbi alimentari
Questa “dieta” mi fece perdere qualche chilo, ma non ero più io. Ero distratta, irascibile e privata di qualsiasi tipo di gioia. Pochi mesi dopo chiesi aiuto ad una nutrizionista, la quale mi prescrisse un piano alimentare con la promessa che questo servisse solo a farmi trovare l’equilibrio, non a farmi prendere peso. Infatti, anche nel momento in cui ho chiesto aiuto, non ero “sottopeso” secondo gli indici medici come l’IMC.
Grazie a questo piano alimentare mi sembrò di aver raggiunto un equilibrio, che però venne ben presto spazzato via dalla sempre più ridondante sensazione di non essere mai stata malata. La mia testa me lo ripeteva in continuazione. “Non sei abbastanza, non vali abbastanza, non sei abbastanza magra, non ti vorrà mai nessuno finché non perderai peso”.
Sogni e limiti
Era proprio questo il punto. Ero convinta che se non fossi riuscita a perdere peso, non sarei mai stata amata. E così diedi ascolto a quella vocina, proprio in uno dei momenti più importanti della mia vita. Stavo per realizzare un mio sogno: mi ero iscritta ad un programma che a settembre dell’anno successivo mi avrebbe concesso di frequentare il quarto anno scolastico di liceo negli Stati Uniti. Ma a quanto pare, per il mio disturbo alimentare, non potevo permettermi di abbandonare i suoi obiettivi per seguire i miei.
Più perdevo peso più mi allontanavo dal mio sogno. La situazione divenne insostenibile: a casa l’atmosfera respirata era estremamente tesa e mi veniva ricordato ogni giorno che se avessi continuato a perdere peso non sarei mai partita per gli Stati Uniti. E non era solo la mia famiglia a ricordarmelo: questo mi venne detto più volte anche dalle professioniste che mi seguirono ad un centro disturbi alimentari. Infatti a soli 3 mesi dalla partenza riuscì ad essere seguita in questo centro dopo lunghissimi tempi di attesa. Io però ero sicura che sarei partita. E così fu. A settembre 2022 partì per l’esperienza più bella della mia vita, che in qualche modo mi salvò da sguardi e commenti indiscreti sul mio corpo.
I disturbi alimentari in metamorfosi: da restrizione ad abbuffata
Durante l’anno ho conosciuto persone fantastiche che mi hanno amata e mi amano per quella che sono, che mi sostengono in ogni momento “no” e che mi capiscono senza fare troppe domande.
Negli Stati Uniti ero in una sorta di bolla: chiamai la mia psicoterapeuta solamente tre volte in nove mesi, ma l’anoressia era fortemente presente. Non mi concessi nessun tipo di cibo che non fosse tra quelli che il mio DCA mi permetteva di mangiare. Fino a quando, verso la fine della mia esperienza, mi concessi un cioccolatino in compagnia delle mie amiche. Cominciai a concedermi più frequentemente dolci e cibi di cui mi ero proibita per anni. Proprio questa lunga proibizione, durata due anni, mi portò alle mie prime abbuffate. Mi abbuffai per la prima volta un mese prima del mio ritorno in Italia. Ero da sola, senza nessuno che potesse completamente capirmi. Mi sentivo sporca, sbagliata, incompresa e, soprattutto, mi vergognavo di me stessa.
Ripresi peso e una volta tornata a casa i commenti furono inevitabili. “Ma che bella che sei!” “Stai proprio bene!” “Ti vedo meglio”. Commenti che gravavano su di me come un macigno che mi faceva passare notti insonni in pianti. Fino a quando, stremata, non mi addormentavo.
Avvicinarsi al proprio corpo e alla guarigione
La mattina, ancora oggi, mi alzo e non accetto il mio corpo. Come è possibile che in così pochi mesi sia cambiato così tanto? Ad oggi mi ritrovo in un corpo che non riconosco, che non sento mio, ma piano piano mi sento sempre più fiduciosa in una guarigione.
Sto lavorando al centro DCA che ormai da due anni mi sta seguendo e le abbuffate sono ormai sporadiche grazie al percorso al quale mi sto dedicando. Sono sicura che arriverà l’accettazione del mio corpo, sono sicura che guarirò, sono sicura che riuscirò finalmente a vedere e a conoscere “l’Alice” che sta al di là dell’apparenza fisica.
Il mio disturbo alimentare mi ha portata ad odiarmi ma, ad oggi, riesco a credere in me. Riesco quasi sempre a scacciare via quella voce che mi odia, che vuole solo il peggio per me, che mi vuole vedere in un letto di ospedale senza essermi realizzata.
Il mio anno all’estero è ciò che mi ha dato la spinta più forte verso la mia guarigione. È proprio grazie a questa esperienza che ho compreso che le mie passioni, i miei sogni e desideri devono essere molto più forti di un disturbo alimentare che vuole distruggermi.
Con la mia storia mi piacerebbe lanciare un messaggio di speranza: la guarigione è un percorso complesso con alti e bassi, ma non bisogna arrendersi. Valiamo molto di più di quello che pensiamo. Amatevi, anzi amiamoci, sempre.
L’articolo è stato scritto da Alice, che ha raccontato la sua storia