Animenta racconta i disturbi alimentari – La storia di Chiara

“Vorrei poter riavere quella serenità e spensieratezza che c’era in me fino a cinque anni fa.

Tornare a sorridere, un sorriso vero e spontaneo che ti viene dal cuore. Tornare a ballare con l’energia che scoppia dalle vene.

Vorrei godermi l’alba dopo una lunga nottata in discoteca senza dover combattere con il freddo che penetra e punge il mio corpo… sprofondare in un sonno profondo per l’intera notte.

Guardare un film con la massima concentrazione. Tornare a mangiare come una volta.

Vorrei tornare bambina”.

Raccontare per supportare

Sono questi i miei desideri da quando quella maledetta voce ha colpito la mia mente.

Ho deciso di prendere parte a questo fantastico progetto nella speranza di poter aiutare, tramite la mia storia, qualcuno che si è trovato o si trova nella mia stessa situazione.

Non è mai facile raccontare la mia esperienza, soprattutto perché ancora non mi è chiaro quando e come questa voce, come anticipato all’inizio, si sia impossessata di me.

Sembra un’amica, ma…

Ve la presento, lei si chiama Ana e sono anni che mi sta accanto, qualsiasi cosa io faccia.

Beh, descrivendola così molti potrebbero pensare che sia un’amica. Ma è tutt’altro.

Ana sta per Anoressia Nervosa. Una voce, una presenza, un segno che ti logora la mente portandoti fino alla fine di un tunnel che pensi non abbia via di uscita.

C’è una via d’uscita

Leggi bene: ho scritto “pensi non abbia via di uscita” perché ti assicuro che in realtà una via d’uscita c’è.

Qualsiasi sia il tunnel, in fondo c’è sempre lo spiraglio di luce che riuscirai a vedere e piano piano a raggiungere.

Ana mi ha portato a toccare il fondo di questo tunnel.

Tra due mondi

Io e il mio esile corpo eravamo in bilico tra due mondi: un movimento di troppo, un respiro più faticoso e sarei potuta cadere dalla parte sbagliata, quella degli angeli.

Cosa mi ha salvato? La mia famiglia.

Il loro immenso affetto, nonostante il dolore che stavo provocando ad ognuno di loro, mi ha donato la forza per restare ancora qui, anche quando ormai di forza non ne avevo più.

Non so quando e come è iniziato tutto, ma ricordo che era estate. Il caldo mi faceva perdere appetito e così ho incominciato a mangiare di meno.

Passavano i giorni, le settimane, i mesi e la mia alimentazione si restringeva sempre di più. L’unico gusto che le mie papille gustative sentivano era quello delle mele.

E così ho conosciuto Ana, che mi ha insegnato le calorie di qualsiasi cibo. Le calorie che bruci anche solo respirando e, soprattutto, mi ha portato via ogni tipo di emozione.

Non provavo più niente, neanche dolore

I miei occhi erano spenti, non riuscivo più a vedere i colori se non il nero; la mia pelle bianca e fredda come la neve aveva bisogno di calore per non rischiare l’ipotermia.

Indossavo due pantaloni e tre maglioni per riparare le mie ossa da una minima folata di vento.

Il mio debole cuore con 32 battiti al minuto non ne poteva più. Il dolore al petto che mi faceva venire era una richiesta di aiuto che ovviamente non ascoltavo.

Ana mi sussurrava che era tutto normale. Che stavo facendo la cosa giusta, che non dovevo mollare. E così, anche di fronte a questi segnali palesi, non la abbandonavo e mangiavo sempre meno.

Lo sguardo degli altri

Ero diventata l’Anoressica della città. Tutti (compresi i miei “amici”) mi guardavano come fossi un alieno: una strana creatura con una mente malata che passeggiava con l’unica persona rimasta sempre al mio fianco: mia mamma.

Nessuno sapeva però che dentro quello scheletro si nascondeva un grande cuore, una immensa voglia di gridare contro al mondo e di volare via per cercare di nuovo la felicità.

Sono stata molte volte in ospedale. Ho accettato di farmi seguire da un centro di disturbi alimentari solo per fare contenti i miei genitori, ma la mia mente era troppo malata per ascoltare i dottori.

Per mesi ho partecipato ai controlli senza alcun risultato positivo.

Ero costretta ad andare in quell’ambulatorio e davanti all’équipe, che mi blaterava la solita lamentela, i miei occhi fissavano il vuoto, la mia testa annuiva per farli contenti ma la mia mente vedeva solo Ana.

Ho toccato il fondo

Il giorno in cui la bilancia ha segnato il numero più basso che potessi raggiungere sono stata ricoverata d’urgenza e portata in quel famoso reparto che sentivo nominare ormai da mesi.

Un senso di dolore, rabbia, disprezzo era ciò che provavo in quel momento verso chi in realtà cercava solo di aiutarmi.

Anche l’unica persona che mi era stata sempre accanto, mia mamma, sembrava non capirmi più, non accettavo tutto questo.

Ad oggi, ringrazio chi mi ha trascinato dentro quell’ospedale, ringrazio chi mi ha salvato la vita.

Il mio percorso

Sono stata ricoverata per 2 mesi, i più belli della mia vita fino ad ora.

È stato durante quelle settimane chiusa tra quelle mura che ho aperto gli occhi: “Guardati, cosa sei diventata? Eri bellissima. È ora di rinascere”. E così ho accettato di farmi curare.

Custodirò questo ricordo nella parte più profonda del mio cuoricino, per sempre.

Proprio per questo motivo, appena ho messo piede fuori da quell’ospedale per tornare a casa, sono andata a farmi un tatuaggio: “This princess saves herself”.

Il percorso di ricovero non è stato semplice. Lottare contro ciò che dice la tua testa è una delle sfide più grandi della vita.

Durante le difficoltà e con la voglia di mollare tutto da un momento all’altro, ho conosciuto persone fantastiche con cui ho mantenuto i rapporti.

La relazione con l’altro conta

Ognuno di loro è stato importante per la mia rinascita: medici, tirocinanti, pazienti come me, addetti alle pulizie… Ho stretto un rapporto con qualsiasi persona attraversasse quel corridoio. Ci siamo fatti forza a vicenda e siamo riusciti a vedere la luce in fondo al tunnel.

Se non avessi chiesto aiuto, se non avessi dormito in quel letto freddo tra le mura verdi di quell’ospedale, adesso non sarei qui.

Me oggi

Oggi è ancora difficile. Ana c’è ancora e non so quando andrà via, ma adesso la saluto e rido.

Ho imparato ad abbassare il volume della sua voce. Ho imparato a mettere al primo posto le mie emozioni e i segnali del mio corpo.

E adesso vorrei scrivere due righe per chi sta soffrendo, per chi sta lottando contro qualcosa di grande: non ti dirò che sarà semplice, non ti dirò che la malattia se ne andrà per sempre. Ti posso garantire che riuscirai a gestirla.

Riuscirai a dire: “basta, stavolta vinco io”, e riuscirai a capire il tuo limite.

Purtroppo, credo che, qualsiasi sia questo fantasma, una parte di me avrà una cicacitrce che sarà più sensibile alla vita ma saprò affrontarla, saprò parlarci perchè ora posso farlo. E forse lo avrei potuto fare anche prima ma non sapevo da dove cominciare.

L’articolo è stato scritto da Chiara, che ha raccontato la sua storia

Contenuto a cura di Animenta

PASTA DI SEMOLA DI GRANO DURO LUCANO

Rasckatielli

Pasta Secca 500g

Ingredienti: Semola di Grano Duro Lucano del Parco Nazionale del Pollino, Acqua.

Tracce di Glutine.

Valori Nutrizionali

(valori medi per 100g di prodotto)

Valore energetico

306,5 kcal
1302 kj

Proteine

13,00 g

Carboidrati

67,2 g

Grassi

0,5 g

Prodotto e Confezionato da G.F.sas di Focaraccio Giuseppe
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