Animenta racconta i disturbi alimentari – La storia di Federica

Sono mesi che dico “inizio domani”. Nella mia testa ho fallito un altro giorno, ma mi dico che domani posso riniziare da capo: domani è una pagina bianca. Lo è davvero. Quando poi il domani arriva, si rivela però quasi sempre uguale a oggi. I buoni propositi, che sembrano così forti al mattino, nell’arco della giornata perdono di robustezza fino quasi a scomparire. 

Al loro posto, piano piano si fa largo, quasi come un appuntamento fisso, il Binge e lui assorbe tutta la mia attenzione. Con una mano mi propone quell’avanzo di lasagne che c’è in frigo, con l’altra mi indica una app, che ti porta la spesa a domicilio in un tempo record, e mi mostra tutte quelle cose buone e proibite che molto probabilmente non si trovano nella mia dispensa. Ho cercato tante volte di metterlo a tacere, di mandarlo via, di spostare l’attenzione su altro che non fosse lui, ma nella maggior parte dei casi lui non se ne va, al massimo rimane silente, e se oggi ce l’ho fatta, domani ritorna, puntuale, spingendo senza chiedere permesso. E prima o poi io cedo. È così. Se arriva, prima o poi vince contro di me. È un’ossessione che si fa spazio nella mente, nel momento in cui si è più vulnerabili e trova terreno fertile in quella fragilità per ingigantirsi come un mostro aggressivo che si aggroviglia nel cervello senza trovare via d’uscita. 

Quando ogni parte di te urla “Binge” 

Finché non mangi. Quando c’è il Binge, non si riesce a fare altro. I cibi proibiti diventano incredibilmente attraenti, al punto che non esiste più una quantità, un ordine, un orario da rispettare: appena li hai a disposizione, li divori, come se fossi reduce da un lungo e forzato digiuno. Il tutto in una rincorsa alla pienezza, che va ben oltre la sazietà comunemente intesa, anzi, una pienezza che va anche oltre lo stare bene e il rispetto per se stessi: mangiare fino a stare male. Qualsiasi cosa, pur di mangiare. 

Quando arrivi in fondo, non trovi niente. Non c’è nulla in fondo all’abbuffata. C’è solo un brevissimo sollievo aleatorio che consente per un attimo di estraniarsi da tutto e tutti, godendo del lusso dell’evasione e dell’evitamento. E quel mostro che si agitava nella testa, finalmente trova pace. 

Un circolo vizioso

Dopo, è come se fosse una droga: il circolo vizioso in cui sei inconsapevolmente caduto continua come un loop negativo, che sembra non avere fine. Eppure, anche se è così chiaro che quella che il Binge ti fa, è solo una promessa ingannevole, di un benessere artificiale e fugace, io corro sempre lì, a cercare quell’illusione, anche se so che durerà poco e in fin dei conti non mi farà stare realmente meglio. 

Mi hanno spiegato che i meccanismi mentali prendono la forma delle abitudini: una volta imparati, scattano quasi automaticamente senza bisogno di input esterni. Se un meccanismo è dannoso, occorre insegnarne alla mente un altro, che lo sostituisca, con la forza dell’abitudine. Appunto, esercitandolo. Dicono che a un certo punto, la mente ricorrerà a quel meccanismo, quello nuovo, in automatico, perché si è esercitata e lo ha acquisito completamente.

Io sono ancora alla ricerca del mio meccanismo; o meglio, mi sto esercitando, tra cadute e risalite, ad attivare altre risorse che siano in grado di farmi stare bene per davvero. Nel frattempo però il Binge mi coglie impreparata. 

Mi coglie impreparata in quell’esatto momento, in cui si fa largo nella testa, diventando l’unico vero protagonista di tutti i pensieri, quando sembra che non ne valga la pena ed è più facile cedere. Da dove arriva questa potenza? Davvero non posso averne il controllo? 

Fame fisica ed emotiva

Pensare di non essere padroni di una parte dei propri impulsi è l’anticamera della sconfitta. Sembra di essere sopraffatti, ma non è quello che succede realmente. L’impulso a mangiare è più forte solo se è fame fisica. Solo in quel caso è una spinta corporea alla sopravvivenza, del tutto naturale e salutare, di quando il fisico è in riserva e chiede di essere alimentato. Tutto ciò che si innesta al di sopra, è fame emotiva. 

Si chiama emotiva perché non deriva da un impulso fisico ma dalla mente, che chiede zuccheri, grassi, carboidrati per placare le sensazioni, di solito quelle dolorose, che sta sperimentando. Il mix di queste due componenti, fame fisica e fame emotiva, è micidiale. La prima è quella che va soddisfatta, la seconda è quella che ti porta al di là del limite. Distinguerle, è difficilissimo. Specialmente se per anni le hai tacitate, entrambe, come ho fatto io per tutti gli anni dell’anoressia. Controllavo la fame fisica, e controllavo le mie emozioni al punto di esser diventata incapace di sentirle. Sono talmente attorcigliate su loro stesse adesso, le due “fami” , che sembrano inseparabili, anzi paradossalmente sembra che occorrano proprio gli episodi di Binge per riuscire a “sentire” qualcosa: sentire di essere pieni a livelli implosivi, per esempio, ma anche sentire la propria disperazione e poterla accettare. 

Oggi invece no. Oggi forse non è stato “Inizio domani”, il domani perfetto in cui i buoni propositi si realizzano, ma almeno ho sentito. Ho sentito quel pugno nello stomaco che arriva direttamente da chi dovrebbe esserti più vicino, a cui sembra però che ora stai dando fastidio, ho sentito le lacrime che spingevano per uscire, anche se non avrei mai dato loro la soddisfazione di vedermi piangere. E sono andata via così, con parole non dette ancora in gola e quel dolore, che mi porto dietro da tanto, che finalmente è venuto fuori. E anche se non gli ho dato sfogo del tutto, almeno oggi non ho mangiato.

L’articolo è stato scritto da Federica, volontaria dell’Associazione, che ha raccontato la sua storia

Contenuto a cura di Animenta

PASTA DI SEMOLA DI GRANO DURO LUCANO

Rasckatielli

Pasta Secca 500g

Ingredienti: Semola di Grano Duro Lucano del Parco Nazionale del Pollino, Acqua.

Tracce di Glutine.

Valori Nutrizionali

(valori medi per 100g di prodotto)

Valore energetico

306,5 kcal
1302 kj

Proteine

13,00 g

Carboidrati

67,2 g

Grassi

0,5 g

Prodotto e Confezionato da G.F.sas di Focaraccio Giuseppe
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