Anosmia e ageusia: i possibili effetti del Covid-19 sul percorso di recovery

A partire dal 2020 siamo abituati a sentir parlare frequentemente della pandemia da Covid-19 e ancora oggi molte persone condividono le loro esperienze a riguardo, raccontando la loro quarantena e la loro sintomatologia. Uno dei sintomi più diffusi, soprattutto nei casi di Covid non gravi, è stato la perdita di olfatto e gusto. In termini scientifici essa è denominata con i termini anosmia, ovvero l’assenza o la diminuzione del senso dell’olfatto, e ageusia, che si identifica come la mancanza di gusto. 

Come e perché questi sintomi sono legati all’infezione da Coronavirus? 

“Come diversi studi hanno dimostrato, questo virus migra attraverso le terminazioni nervose olfattive e raggiunge direttamente i centri orbitali frontali, centri nevosi dell’olfatto, determinando l’anosmia. Il centro del gusto è molto vicino a quello dell’olfatto con il quale collabora, per cui ecco spiegata anche l’ageusia” 

Prof. Giovanni Meola, professore universitario e specialista in Neurologia.

Solitamente questi sintomi del virus tendono a scomparire non appena la carica virale diminuisce o nelle settimane successive alla negativizzazione. 

In determinati casi, però, può accadere che la perdita di olfatto e di gusto si prolunghi nel tempo, determinando così quella che viene definita come Long Covid.

Problematiche minori o significative?

Anosmia e ageusia sono problematiche apparentemente minori se messe a confronto con gli effetti più negativi e devastanti del virus. Possono tuttavia avere un impatto enorme sulla vita di una persona, soprattutto in caso di recovery da un Disturbo del Comportamento Alimentare (DCA). 

Il senso dell’olfatto e del gusto sono elementi fondamentali nell’apprezzamento e nella scelta degli alimenti e la loro mancanza può creare difficoltà nel seguire una dieta bilanciata e soddisfacente. 

In questa riflessione, nata dalla conoscenza diretta di persone che hanno conosciuto questo problema, esamineremo come l’anosmia e l’ageusia da Covid-19 possono influire sul percorso di guarigione da un DCA.

L’assenza di olfatto e gusto nel recovery

Il percorso di guarigione da un Disturbo Alimentare è costellato di ostacoli e momenti di grande difficoltà, in quanto comporta un’uscita dalla comfort-zone (zona di comfort) dettata dalla malattia. 

Il cammino di recovery deve avere come obiettivo ultimo il benessere della persona, sia dal punto di vista fisico che mentale, ma deve essere strutturato in vari piccoli step che accompagnino il paziente verso nuove abitudini più salutari e positive. 

Questo processo parte, spesso e volentieri, dalla necessità di riappropriarsi del ruolo naturale del cibo e della nutrizione. Coloro che soffrono di un DCA convivono con un’idea malata del cibo, dell’alimentazione e, consequenzialmente, della forma fisica che ne deriva. Il primo passo è, necessariamente, la riscoperta del cibo e dei suoi sapori e odori, i quali spesso vengono dimenticati o evitati in nome della malattia.

Per poter fare questo, molti studiosi e medici ricorrono alla pratica del Mindful Eating

Strettamente collegato al concetto di Mindfulness, il Mindful Eating può essere tradotto come “alimentazione consapevole” e consiste in un coinvolgimento totale di noi stessi durante i pasti. 

Capita di frequente che al pasto non venga data la giusta attenzione a causa, per esempio, della fretta, della tv o dell’automatismo quotidiano, e il Mindful Eating si ripromette di dare una nuova considerazione e importanza a ciò che si ha nel piatto al momento di mangiare. 

Esso punta a far riscoprire ogni aspetto del cibo tramite i sensi: si presta attenzione ai colori, alle consistenze, agli odori e ai sapori delle pietanze. Allo stesso modo, non riguarda solo l’atto di nutrirsi, ma tutto ciò che ne sta dietro, dalla preparazione all’impiattamento. 

Ma che cosa accade se, durante un processo di guarigione da un Disturbo Alimentare affiancato dalla pratica del Mindful Eating, il paziente sperimenta anosmia e ageusia?

La perdita del senso di sorpresa

Soffrire di un DCA significa dimenticare la gioia del mangiare e dell’essere a contatto con il cibo. La perdita totale o parziale di olfatto e gusto può essere estremamente deleteria per un percorso di guarigione. 

Essi, insieme alla vista, sono i principali attori coinvolti nella percezione del cibo e degli alimenti che mangiamo. Senza di loro è estremamente complesso trovare la forza di volontà e la spinta giornaliera per mangiare sia pietanze nuove che, paradossalmente, quelle a cui si è abituati. 

Ogni cibo, in assenza di olfatto e gusto, perde la sua magia e diventa identico a quello mangiato il giorno prima o quello prima ancora

La differenziazione degli alimenti viene meno e si inizia a provare un senso di ripetitività ciclica che non aiuta ad uscire dai pensieri tipici di un DCA. Si inizia a perdere il senso di sorpresa che accompagna la scoperta o la ri-scoperta di un cibo. Di conseguenza, può accadere che non si è più molto spinti a mantenere l’impegno e la dedizione verso la guarigione. 

Il sapore “piatto” o alterato di un alimento a cui si era abituati, o che si prova per la prima volta, è un forte ostacolo verso il desiderio di continuare a provare e ad uscire dalla propria comfort-zone alimentare e, a lungo andare, questo può rallentare o rendere ancora più difficile di quanto già non sia il recovery.

Ricerca, attenzione e strategia

In conclusione, è evidente come sia plausibile considerare anosmia e ageusia come possibili elementi che compromettono o rallentano un percorso di guarigione da un Disturbo del Comportamento Alimentare. 

Pertanto, è fondamentale che venga condotta un’ulteriore ricerca scientifica per comprendere al meglio gli effetti di questi sintomi e sviluppare strategie efficaci per affrontarli. Solo considerando ogni aspetto che può essere negativo per la guarigione sarà possibile individuare quali metodi e approcci utilizzare nella riscoperta dell’alimentazione e del cibo. 

Con il supporto adeguato e strutturato in maniera consona è infatti possibile superare anche queste sfide e raggiungere una nuova consapevolezza del cibo, del momento del pasto e, soprattutto, di noi stessi.

L’articolo è stato scritto da Federica, volontaria dell’Associazione

Bibliografia

https://lamadonnina.grupposandonato.it/news/2021/gennaio/anosmia-ageusia-cosa-sono-legame-covid

https://www.grupposandonato.it/dottori/giovanni-meola

https://www.humanitas.it/news/long-covid-che-cose-e-quali-sono-i-sintomi/

Contenuto a cura di Animenta

PASTA DI SEMOLA DI GRANO DURO LUCANO

Rasckatielli

Pasta Secca 500g

Ingredienti: Semola di Grano Duro Lucano del Parco Nazionale del Pollino, Acqua.

Tracce di Glutine.

Valori Nutrizionali

(valori medi per 100g di prodotto)

Valore energetico

306,5 kcal
1302 kj

Proteine

13,00 g

Carboidrati

67,2 g

Grassi

0,5 g

Prodotto e Confezionato da G.F.sas di Focaraccio Giuseppe
Zona Mercato 85038 Senise (PZ)
P.Iva 01779910767