“Corpo o non corpo”, è forse questo il dilemma?

Per iniziare: 2 definizioni

Per leggere l’articolo seguente può essere utile avere bene a mente il significato di questi due concetti: 

  • Simulacro: raffigurazione esteriore che è simile all’umano;
  • Feticcio: deriva da “artificiale, fabbricato”, è un oggetto artificiale al quale viene attribuito un potere simbolico, un potere.

Bambola come simulacro e feticcio  

La bambola, o simulacri simili, fin dalla preistoria hanno avuto una funzione rassicurante, familiare. Questo perché essendo un doppio del bambino, avevano il compito di sconfiggere le minacce dell’abbandono, del buio, dello stare soli… 

In poche parole, la paura della morte, la più antica forma di timore conosciuta.

Il bambolotto assolve infatti due funzioni in sé: 

  1. Simulacro perché sempre più simile all’umano e trattato come tale;
  2. Feticcio per la sua funzione rassicurante, per essere “il sostituto di…”.

Alcune precisazioni

Prima di proseguire è meglio specificare che il 1800, secolo a cui farò riferimento in seguito, è un secolo altamente misogino. Ciò si riflette in ogni ambito dell’arte, quindi anche nella letteratura.

L’odio verso l’essere femminile è dato dalla dualità donna-natura e uomo-cultura.

Per farla in breve: la donna è ricondotta solamente alle funzioni organiche del proprio corpo (bere, mangiare, desiderare…). È relegata quasi al “regno animale”. Solamente il sesso maschile viene ritenuto degno di generare cultura e di avere la facoltà del pensiero.

Scriverà Baudelaire:

“La donna è naturale, vale a dire abominevole.”

Si tratta sostanzialmente dell’antico “tormentone” della separazione tra mente e corpo, considerati come due facoltà a sé stanti e senza un collegamento:

Corpo sede della materia (e quindi inferiore) e mente casa dello spirito.

Per approdare ai concetti di equilibrio, armonia e soprattutto sinergia si dovrà aspettare ancora molto. Anzi, siamo davvero sicuri che oggi siano stato riconosciuti e accettati socialmente? 

Una terza funzione della bambola, quella più controversa 

A partire dal 1800 inizieranno a diffondersi, prima in Francia e poi in tutta Europa, i cosiddetti “Romanzi delle bambole”, chiamati in questo modo proprio perché generalmente nel testo era la bambola stessa in prima persona a narrare la propria storia, le proprie memorie.

Il loro scopo? Un’educazione di genere, ovvero al femminile.

Più che essere dei semplici romanzi, questi erano dei veri e propri strumenti di potere, perché, alleati con il codice sociale, miravano a salvaguardare l’ordine borghese.

Ordine che voleva l’uomo vestito e atteggiato con grande sobrietà e che attribuiva importanza alla moda e al trucco femminile perché la moglie da è da esporre. Questa diventava proprio il segno del potere dell’uomo che la possedeva.

Il corpo della donna diventava in questo modo un manichino-simulacro destituito della sua organicità, spogliato dalla sua natura vivente e depositario solamente del vestito-merce-denaro che non gli apparteneva.

Corpi che non hanno la possibilità di avere una propria identità. Corpi che non possono parlare, ma che devono solamente muoversi secondo quello che detta loro l’ordine sociale.

Manichino esposto in una vetrina, come nel romanzo La poupèe (La bambola) di Jean Galli de Bibiena del 1747.

La donna proposta come un oggetto del desiderio chiuso in una teca di vetro, una merce da acquistare e che può essere soggetta a sguardo e desiderio impuro. 

Un’erotizzazione della bambola, della merce e, di conseguenza, della donna.

L’ultimo romanzo a cui voglio far riferimento è Le memorie di una bambola. Racconti dedicati alle fanciulle di Louise d’Aulnay (pseudonimo di Julie Gouraud) del 1839.

Nel testo si afferma “La bambola è il perno dell’umanità” esplicitando l’appello ai doveri e alle responsabilità femminili che si tramandano e di cui la bambola è complice fedele in quanto linea di congiunzione tra madre e figlia. 

In conclusione 

Con questo articolo non si vuole polemizzare sull’utilizzo delle bambole come giocattolo, l’obiettivo è andare più a fondo nelle questioni e nei meccanismi della società per comprendere meglio alcuni tratti che a prima vista potrebbero sfuggire ma che, a lungo andare, potrebbero rivelarsi dannosi.

Un’educazione subdola e coercitiva verso quelli che sono “i compiti di una donna” e i vantaggi di possedere una donna solo corpo… 

I brani trattati nel testo sono tutti appartenenti al 1700-1800 ma la domanda che dovremmo porci è: le cose sono davvero cambiate nel 2022?

Per quanto mi riguarda credo che in una società come questa che punta alla perfezione estetica, la ricerca del corpo perfetto a discapito della salute fisica e mentale (perché sì, è ora di comprendere la fine della dualità mente\corpo) è un vero problema.

Mi auguro che queste parole possano stimolare una riflessione profonda in chi leggerà.

Contenuto a cura di Claudia Anaclerio

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