Di Signore Imbellettate e Centomila maschere da indossare
“Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di quale orribile manteca, e poi tutta goffamente imbellettata e parata d’abiti giovanili. Mi metto a ridere. Avverto che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una vecchia rispettabile signora dovrebbe essere. Posso così, a prima giunta e superficialmente, arrestarmi a questa impressione comica. Il comico è appunto un avvertimento del contrario. Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella vecchia signora non prova forse nessun piacere a pararsi così come un pappagallo, ma che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamente s’inganna che, parata così, nascondendo così le rughe e la canizie, riesca a trattenere a sé l’amore del marito molto più giovane di lei, ecco che io non posso più riderne come prima, perché appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quel primo avvertimento, o piuttosto, più addentro: da quel primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario. Ed è tutta qui la differenza tra il comico e l’umoristico”.
Da dove iniziare?
Ho questo brano tratto da L’Umorismo di Pirandello davanti agli occhi ormai da mesi.
Avevo deciso che volevo scriverci un articolo, ma non trovavo le parole giuste con cui cominciare.
Avete presente quella sensazione di avere tante cose da dire che vi frullano per la testa, ma non trovare le fila per metterle insieme e portarle su carta?
Ecco, più o meno stava procedendo così.
Finché qualche giorno fa in palestra, quando cercavo di recuperare il fiato e far passare quel rossore eccessivo che mi compare sempre sul viso dopo ogni allenamento, mi sono guardata intorno.
Ed eccola lì, la signora imbellettata.
Giovane, anzian*, uomo, donna, con i capelli più o meno lunghi, alt*, bass*…
È stato come un click che mi ha fatto aprire gli occhi. E mi sono resa conto che fuori, nel mondo, almeno in un’occasione della nostra vita, consapevoli o no, siamo stati tutti quella signora imbellettata.
Questa riflessione di cui ci parla Pirandello, questo sentimento del contrario nei confronti della realtà, mi è finalmente apparso chiaro.
“La signora imbellettata“
Quanto spesso ci siamo ritrovati a ridere trovando comico il comportamento di qualcuno? Quante volte invece siamo stati noi quelli di cui hanno riso?
E quante maschere indossate, dentro e fuori, per nasconderci e nascondere quello che di noi non ci piace.
Per essere accettati, dagli amici, dalla massa, dalla società. E poi anche da noi stessi.
Per non rivelare quelle fragilità che ci spaventano perché ci rendono vulnerabili, ma che alla fine fanno parte della nostra unicità.
Sono quelle stesse maschere indossate da Mattia Pascal per soddisfare le convenzioni sociali, o da Vitangelo Moscarda in “Uno, nessuno e centomila“, una per ogni persona che conosce e una anche di fronte a se stesso, fino a perdersi e non riconoscersi più.
Ma che cosa ci resta allora se non possiamo conoscerci e conoscere il mondo davvero? In che modo se ne esce?
Possiamo ribellarci ad una realtà fatta di filtri e di apparenze partendo da noi stessi.
Possiamo accettare che la vita è fatta di cambiamenti e che, come ci ricorda lo stesso Pirandello «una realtà non ci fu data e non c’è […] una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile».
Che probabilmente non piaceremo a tutti per come siamo e che ogni persona che incontreremo avrà la sua personale opinione su di noi. Personale, appunto.
E da qui nasce il mio invito a lasciarle cadere giù queste maschere infinite. A mostrarsi “ senza sè e senza ma”, semplicemente per quello che si è.
Ad essere autentici, a circondarsi di onestà e di chi ci supporta, lasciando da parte i giudizi verso gli altri, ma soprattutto verso se stessi.
A liberarsi da quelle catene di pensieri che ci fanno credere di non essere abbastanza.
A lasciarsi ispirare dagli altri, a cogliere la loro parte buona, quella che può in qualche modo arricchire noi stessi.
Ma più di tutto, ad abbracciare la paura e a trasformarla nel coraggio di mostrarsi, essendo chi realmente vogliamo essere.