Disturbi alimentari e malattie croniche: che connessione c’è?

disturbi alimentari e malattie croniche: che connessione c'è?

Tra i luoghi comuni che spesso si sentono riguardo ai disturbi alimentari c’è spesso il preconcetto che i DCA siano malattie da “bambine viziate” senza alcun altro problema e che i “veri problemi” siano legati alla salute fisica. Cosa succede se invece, oltre ad un disturbo alimentare, una persona soffre anche di malattie croniche, che magari condiziona l’alimentazione del paziente?

L’insorgenza di un disturbo alimentare in soggetti con malattie croniche

Rispetto ai loro coetanei, gli adolescenti con malattie croniche cercano maggiormente di perdere peso o hanno più comportamenti disordinati come restringere o auto-indursi il vomito. Alcune malattie croniche, come le malattie infiammatorie intestinali, sono maggiormente associate a disturbi alimentari come l’ARFID

Un articolo pubblicato su Science Direct ha studiato la correlazione tra la presenza di una malattia cronica e lo sviluppo di disturbi alimentari.

In primo luogo, il dover combattere con una malattia cronica durante l’adolescenza, momento delicato per qualsiasi persona per via dei rapidi cambiamenti fisici, può portare allo sviluppo di un disturbo alimentare come tentativo di ottenere un senso di controllo sulla propria vita che è resa complicata dal preesistente problema di salute.

Alcuni trattamenti, come quelli che utilizzano steroidi, attuati in molte malattie autoimmuni possono inoltre comportare una bassa statura o un aumento di peso, contribuendo al senso di insoddisfazione legata al proprio corpo. Anche i sintomi fisici della malattia possono essere causa di imbarazzo di un adolescente o preadolescente e contribuire allo sviluppo di condotte alimentari sbagliate fino allo sviluppo di veri e propri disturbi alimentari. 

Il cambio delle abitudini alimentari a causa di malattie croniche

Alcune malattie come la fibrosi cistica, il diabete di tipo 1 e malattie infiammatorie intestinali come il morbo di Chron richiedono a chi ne soffre di apportare delle modifiche e restrizioni dietetiche importanti per tutta la vita. Il dover rispettare queste regole alimentari può incoraggiare lo sviluppo di comportamenti distruttivi nel confronto del proprio corpo e del cibo. Spesso, infatti, si rischia che queste diete spingano il paziente ad una restrizione più drastica di quella già richiesta per via della malattia cronica.

Ciò può comportare lo sviluppo di un vero e proprio disturbo alimentare, come nel caso della cosiddetta “diabulimia”. Questa malattia consiste nello sviluppo di un disturbo alimentare in pazienti affetti da diabete mellito di tipo 1. In questi pazienti il dover costantemente controllare la propria dieta e il livello glicemico prima di ogni pasto può determinare un’eccessiva preoccupazione per la propria alimentazione. 

Inoltre, non somministrare insulina causa una perdita di peso e ciò può incoraggiare a continuare questa malsana abitudine: si stima che circa il 50% delle persone affette da diabete di tipo 1 abbia omesso l’iniezione di insulina per perdere peso.

Nei pazienti affetti da fibrosi cistica, una malattia che impedisce anche la produzione di enzimi pancreatici, la dieta deve essere costituita nel 35 – 40% da grassi oltre a richiedere un supplemento di enzimi pancreatici.

Un articolo recentemente ha dimostrato che, tra i pazienti con fibrosi cistica, le ragazze avevano una migliore immagine di sé per via della corporatura molto magra tipica in questa malattia. I ragazzi, al contrario, tendevano a rispettare meglio la dieta ipercalorica richiesta nella ricerca di un corpo più muscoloso. 

Sia nel caso del diabete tipo 1 che nella fibrosi cistica i dati sull’incidenza di disturbi alimentari non sono concordi: alcuni studi hanno mostrato un’aumentata incidenza di DCA nei pazienti affetti da queste malattie mentre altri hanno visto la stessa incidenza nei pazienti malati rispetto alla popolazione adolescenziale generale.

Riconoscere per curare

Gli adolescenti che soffrono di una malattia cronica hanno un rischio maggiore di complicanze da DCA ed una mortalità più alta per via delle preesistenti condizioni cliniche.

Fondamentale in questi casi è un riconoscimento precoce dei comportamenti a rischio e l’invio presso centri specializzati costituiti da team multidisciplinari specializzati in disturbi alimentari in modo da ottenere una prognosi migliore.

Importante è il ruolo degli adulti, sia medici che genitori, affinché vengano riconosciuti precocemente i sintomi di un disturbo alimentare. Oltre a ciò, le figure di riferimento sono importanti anche per mitigare quelli che sono i fattori di rischio legati alla malattia (preoccupazione per la dieta, eccessiva enfasi sulla forma fisica) e promuovere un rapporto positivo con il proprio corpo.

In conclusione, la presenza di malattie croniche rende lo sviluppo di un disturbo alimentare una sfida ancora più complessa sia per chi ne soffre che per il team medico, che deve tenere conto della malattia cronica e che deve modificare l’approccio terapeutico (es. necessità di mantenere uno schema alimentare nel paziente diabetico) in modo da consentire la guarigione dal DCA. 

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L’articolo è stato scritto da Valentina, volontaria dell’Associazione

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