Disturbi alimentari e mondo del lavoro: cosa sappiamo?

I Disturbi Alimentari (DCA) possono riguardare persone di qualunque età, genere e status occupazionale. In questo articolo verrà trattata la relazione tra il mondo del lavoro e i disturbi alimentari, mettendo in evidenza i principali fattori che agiscono in questo rapporto.

Posto di lavoro: ponte o barriera rispetto al recupero da un Disturbo Alimentare?

Le studiose Leung e Sawyer (2019) hanno esaminato le esperienze di settanta lavoratrici con un disturbo alimentare. Il ruolo dell’occupazione non è univoco e può sia facilitare che ostacolare la guarigione, in base al modo in cui vengono percepiti e affrontati alcuni fattori legati al contesto lavorativo e al disturbo alimentare. Questi fattori sono: lo stress, lo stigma, la connessione sociale, l’accesso a cure adeguate e il ruolo del corpo in ambito professionale.

Lo stress

Lo stress riguarda sia il carico di lavoro effettivo, sia alcune situazioni che possono essere vissute con difficoltà da chi soffre di un Disturbo Alimentare, come i pasti in orario lavorativo e gli eventi legati al cibo. Altri fattori di stress possono essere l’avere una giornata lavorativa non strutturata (con orari insoliti e turni variabili) e l’imprevedibilità legata ai compiti da svolgere. L’assenza di una routine strutturata e l’imprevedibilità acuiscono il bisogno di controllo, che spesso le persone che soffrono di disturbi alimentari traspongono sul cibo e sul corpo (Froreich e altri, 2016).

Oltre a questi fattori è importante considerare anche il perfezionismo che, sul lavoro, può fungere da mezzo per gestire le proprie angosce legate, per esempio, alla paura di essere giudicati in modo negativo per la propria prestazione o di non essere accettati dagli altri. Sebbene il perfezionismo sia spesso utilizzato come metodo per difendersi da questi sentimenti, esso costituisce un ulteriore fattore di stress che può portare a una esacerbazione del Disturbo Alimentare.

Se lo stress è gestito in modo inefficace, per esempio se si dà priorità al lavoro invece che al proprio benessere e alle cure, il Disturbo Alimentare rischia di essere utilizzato inconsapevolmente come meccanismo di coping, ovvero come modo per provare ad attenuare le emozioni difficili legate allo stress che si sperimenta nel contesto lavorativo tramite il cibo e le abitudini che possono peggiorare la propria condizione di salute.

Se invece lo stress viene gestito in modo più funzionale, parlando ad esempio dei propri vissuti e chiedendo aiuto, il lavoro può essere vissuto come una risorsa: esso può infatti migliorare la fiducia in sé stessi e nelle proprie abilità, dare indipendenza economica e facilitare l’integrazione sociale.

Lo stigma

Spesso chi ha un disturbo mentale sente la paura dello stigma, ovvero la paura che gli altri gli attribuiscano delle caratteristiche negative per il fatto di soffrire di un determinato disturbo. Questa paura può avere origine sia dalle credenze delle persone e della società relativamente a chi ha una patologia (per esempio, nel contesto lavorativo, pensare che coloro che soffrono di un disturbo mentale siano inaffidabili, incompetenti o imprevedibili (Siegel & Sawyer, 2019), sia talvolta da esperienze personali.

Negli uomini lo stigma può essere combinato (Siegel & Sawyer, 2019), legato cioè sia all’avere un disturbo psicologico sia all’idea che avere delle difficoltà e delle debolezze vada contro il costrutto di mascolinità largamente veicolata dalla società (si ha quindi paura di essere considerati “meno uomini” per il fatto di soffrire di un Disturbo Alimentare).

La paura dello stigma mina la possibilità di parlare agli altri delle proprie difficoltà. Questo induce di conseguenza a mettere in atto dei comportamenti con lo scopo di nascondersi e di evitare tutte le situazioni che potrebbero portare alla luce la propria condizione. Si assiste così ad un aumentando dei sentimenti di isolamento e di vergogna e riduce le possibilità di ricevere sostegno dagli altri.

La connessione sociale

Avere alcuni colleghi su cui poter contare e che sono di supporto è un importante fattore facilitante il recupero da un Disturbo Alimentare in quanto offre la possibilità di non essere soli nell’affrontare le difficoltà legate al contesto lavorativo e al DCA. Questo potrebbe attenuare il “peso” della condizione che si sta sperimentando. Il sentimento di connessione sociale aumenta quanto minore è lo stigma percepito e quanto più ci si sente di rivelare agli altri il disagio che si prova.

L’accesso a cure adeguate

Perché costituisca una risorsa il lavoro non deve interferire con il percorso di cura o con l’accesso alle cure. L’occupazione diventa un ostacolo alla guarigione quando, per esempio, l’orario di lavoro o i continui cambiamenti nei turni non permettono di seguire con costanza un percorso di cura o quando non ci sono delle tutele di fronte alla necessità di avere delle pause per dei ricoveri o per altri trattamenti intensivi (quando necessari).

Una maggiore sensibilizzazione nei luoghi di lavoro è fondamentale per aumentare la consapevolezza sui Disturbi Alimentari e, conseguentemente, per ridurre la possibilità di stigmatizzare chi ne soffre e per compiere scelte che facilitino l’accesso alle cure da parte dei dipendenti che ne sono affetti.

Il ruolo del corpo in ambito professionale

Il corpo è il mezzo attraverso cui siamo al mondo e possiamo agire nel mondo. Una condizione di salute debilitata può ridurre la possibilità di svolgere determinati lavori quando, ad esempio, questi ultimi richiedono forza fisica. I pensieri costanti relativi al cibo e al corpo minano inoltre la propria concertazione e, conseguentemente, le proprie prestazioni.

Oltre al ruolo del corpo come mezzo per poter agire nel contesto lavorativo, bisogna considerare il fatto che determinate occupazioni sono, più di altre, incentrate sul cibo e sul corpo (pensiamo ad esempio alla vendita di prodotti “dimagranti”): in questo caso il lavoro può indurre a un aumento delle preoccupazioni personali relative a questi temi.

In determinati contesti lavorativi il corpo è strettamente connesso all’identità professionale. Pensiamo, ad esempio, al mondo della moda o a tutti quei lavori in cui è trasmessa l’idea che sia necessario avere e mantenere una certa forma fisica. Pestaña (2015), attraverso uno studio condotto con delle interviste fatte a lavoratori con diverse occupazioni, ha evidenziato che quanto maggiore è la richiesta di un determinato aspetto fisico, maggiore è la probabilità di mettere in atto comportamenti patologici e sperimentare disagio nei confronti di cibo e corpo. In situazioni come queste l’ambito lavorativo può diventare un fattore precipitante o di mantenimento rispetto ai Disturbi Alimentari.

Come aiutare chi soffre di un disturbo alimentare nel contesto lavorativo

Oltre all’importanza di un’adeguata informazione sui Disturbi Alimentari rivolta agli addetti alle risorse umane e ai dipendenti (Leung & Sawyer,  2019), alcuni elementi che possono aiutare chi soffre di un DCA o chi è vulnerabile rispetto a questa patologia sono:

·   evitare commenti che si riferiscono al corpo o al cibo assunto da un individuo;

·   offrire supporto chiedendo alle persone come si sentono o se ci sono modi specifici per offrire aiuto;

·   gestire con sensibilità gli eventi di lavoro incentrati sul cibo;

·   rispettare la privacy della persona;

·   non cercare di etichettare o fare diagnosi;

·   se si desidera comunicare delle preoccupazioni rispetto alla condizione di salute, utilizzare il “messaggio io”: esso consiste nell’esprimersi in prima persona dichiarando i propri sentimenti rispetto a qualcosa (“Mi sento preoccupato per te” piuttosto che “Mi fai preoccupare”);

·   essere aperti e offrire disponibilità, facendo sentire all’altro un’autentica presenza;

·   far sentire la persona benvenuta a qualunque evento o situazione sociale, senza tuttavia far pressione in caso di rifiuto;

·   se il proprio ruolo lo permette (se si è, ad esempio, responsabili di un’azienda), assicurare tutele e offrire flessibilità per permettere l’accesso alle cure;

·   essere sensibili nel cogliere i modi in cui ciascuna persona può accettare aiuto. Ogni persona è diversa e ogni persona può quindi avere bisogni diversi in momenti diversi della propria vita. Sul luogo di lavoro alcuni modi di essere di supporto a chi sta soffrendo di un Disturbo Alimentare potrebbero essere stargli accanto nelle pause durante le ore lavorative o offrire un aiuto per alleggerire il carico di lavoro. Tuttavia non è detto che questo valga per tutti.

Bibliografia:

Froreich, F. V., Vartanian, L. R., Grisham, J. R., & Touyz, S. W. (2016). Dimensions of control and their relation to disordered eating behaviours and obsessive-compulsive symptoms. Journal of Eating Disorders,4(1). doi:10.1186/s40337-016-0104-4.

Pestaña, J.L. (2015). Care of the Body and Professional Identity. Actes De La Recherche En Sciences Sociales, 88-101.

Siegel, J.A., & Sawyer, K.B. (2019). Eating Disorders in the Workplace: A Qualitative Investigation of Women’s Experiences. Psychology of Women Quarterly, 43, 37 – 58.

Siegel, J.A., & Sawyer, K.B. (2019). “We don’t talk about feelings or struggles like that”: White men’s experiences of eating disorders in the workplace.

Sitografia:

https://www.nationaleatingdisorders.org/learn/help/workplace

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