La nascita della grassofobia e le discriminazioni sul peso non rappresentano esclusivamente delle forme di discriminazione attuali. In realtà queste sono radicate in un contesto profondo che non ha nulla a che vedere con la “preoccupazione sulla salute” di un “corpo grasso”.
Grassofobia (o Fatphobia) e discriminazioni sul peso: cosa sono?
Il termine “grassofobia” viene coniato per indicare un atteggiamento ripugnante verso un corpo considerato “grasso”. La grassofobia rappresenta una vera e propria forma di discriminazione verso il peso e la forma fisica delle persone che hanno corpi grassi.
Attualmente la nostra società è altamente grassofobica e il fatshaming è all’ordine del giorno. È infatti visibile nelle pubblicità di prodotti dimagranti e non, sui cataloghi o siti di abbigliamento dove la maggior parte delle modelle raffigurate vengono scelte basandosi sui canoni estetici imposti dalla società. Tutto ciò senza dimenticare i social e la vita reale, dove le critiche e consigli non richiesti verso le persone ritenute “non adeguate ai canoni estetici” sono frequenti. Queste critiche non inducono solo ad un senso di inadeguatezza e vergogna, ma talvolta promuovono e inducono a vere e proprie pratiche dannose per la salute mentale degli individui che li ricevono.
Ciò che è considerato attraente, bello e conforme dalla società è un corpo “ipertrofico” per i ragazzi e un corpo magro, per le ragazze. Dunque i soggetti che tendono a mettere in atto il fatshaming sono guidati da un weight bias (pregiudizio sul peso) che si manifesta attraverso critiche e disprezzo verso le persone ritenute “non conformi”. Questo crea un vero e proprio stigma nei loro confronti.
I pregiudizi sociali sui corpi grassi
La nostra società, come è già stato affermato precedentemente, è grassofobica. Coloro che mettono in atto il fat shaming tendono ad associare alla forma fisica delle persone con corpi grassi il fallimento della volontà di contenersi dal cibo, l’abitudine di non praticare esercizio fisico, debolezza, pigrizia, assenza di self-control o ingordigia. Al grasso, dunque, viene attribuito un significato dispregiativo e l’utilizzo di un linguaggio sprezzante verso gli individui obesi è molto frequente.
A causa dei continui pregiudizi sul loro corpo, molte persone iniziano a manifestare non solo una vergogna associata all’inadeguatezza del proprio corpo, ma anche senso di colpa.
Lo stigma, infatti, inizia ad essere percepito come parte integrante di sé ed alimenta il senso di essere sbagliati, inadatti, inadeguati e responsabili della propria forma fisica che non è conforme a quella imposta dalla società.
La grassofobia nel mondo dello sport
La grassofobia è presente anche nell’ambiente sportivo: la concezione di “praticare sport/ esercizio fisico per perdere peso e raggiungere la forma fisica imposta dalla società” testimonia come la grassofobia sia radicata all’interno della nostra società.
Istruttori ed allenatori grassofobici sono, purtroppo, comuni ed il caso del fatshaming nel mondo della ginnastica ritmica non è passato inosservato. I commenti inadeguati e talvolta disumani messi in atto da queste figure contribuiscono all’insorgenza o al mantenimento ed aggravamento di alcuni disturbi di cui la vittima può soffrire. Oltre a ciò è importante ricordare come i giudizi sul corpo possano favorire l’allontanamento ed evitamento dello sport. Migliorare la comunicazione e il rapporto tra allenatore-atleta potrebbe rappresentare una vera e propria svolta. Sport ed esercizio fisico devono essere concepiti come mezzi di socializzazione, condivisione, inclusione, ma anche crescita personale e non certo come metodi punitivi per un corpo che non si intende accettare. Non dimentichiamo, infatti, che il fenomeno di dipendenza dall’esercizio fisico e “vigoressia” sono molto comuni e sono spesso l’espressione di un disagio interiore profondo.
Quando la grassofobia entra nel mondo medico
Si chiama “grassofobia medica” ed è lo stigma messo in atto dai medici e professionisti della salute verso i pazienti con corpi grassi o con obesità. Queste figure professionali, sempre mosse da un weight bias, si dimostrano insensibili, impassibili e ostili verso le reali cause che hanno condotto il paziente a rivolgersi ad un parere medico. Essi tendono infatti ad associare ogni sintomo o problematica del paziente al suo peso corporeo, molto spesso senza effettuare un’anamnesi completa. Inoltre è stato osservato che il tempo e la qualità delle visite dei pazienti con obesità è inferiore rispetto ai pazienti più magri. Come ben sappiamo l’obesità è una malattia multifattoriale e non è assolutamente accettabile ricondurne le cause ad aspetti superficiali come “pigrizia” o “cattive abitudini alimentari”.
Lo scarso potere empatico di questi medici non fa altro che alimentare il senso di inadeguatezza e vergogna nel paziente, il quale potrebbe rinunciare al sottoporsi a visite mediche e a trovare una cura al proprio problema in modo autonomo e, spesso, non funzionale o addirittura dannoso.
Le conseguenze del fatshaming
Le conseguenze del fat shaming sono altamente dannose per la salute mentale degli individui che le subiscono e, a confermare ciò, è l’Università di Harvard. Con un articolo pubblicato nel 2017, intitolato “The Scarlet F”, gli studiosi espongono le ripercussioni del fatshaming sulle persone con obesità. In questo articolo si afferma che la lettera “F” associata a “fat” in inglese è un vero e proprio stigma che perseguita le vittime. Gli individui discriminati sono soggetti a continue derisioni e critiche che contribuiscono a determinare una profonda sofferenza ed insicurezza. Tutto ciò induce le persone stigmatizzate ad evitare determinati ambienti (ambulatori medici, mare, piscina, palestre..) e a nascondere il proprio corpo, coprendolo. Le vittime considerano il loro corpo come il problema della loro sofferenza ed infelicità e ciò non fa altro che determinare, nella maggior parte dei casi, l’isolamento sociale.
È anche importante non sottovalutare che le vittime di fatshaming rappresentano la parte della popolazione maggiormente predisposta ad ammalarsi di un disturbo del comportamento alimentare (DCA). Uno dei fattori di rischio associati allo sviluppo di un DCA è infatti l’essere stati soggetti a critiche, derisioni e pregiudizi sul proprio corpo. L’elevata discrepanza generata dal continuo confronto della propria forma fisica con i corpi altrui e i modelli estetici irraggiungibili dettati dalla società, in associazione al fatshaming, danno origine a considerazioni negative di sè e all’autoconvinzione che per raggiungere la felicità sia necessario raggiungere la forma fisica ideale per i canoni estetici vigenti.
Strategie per eliminare le dinamiche di fat shaming
Il fat shaming si manifesta anche nelle espressioni, apparentemente innocue per chi le enuncia e altamente dannose per chi le riceve, che purtroppo riscontriamo nella vita di tutti i giorni. Tra queste ci possono essere:
- “Ti trovo ingrassato/a”
- “Staresti meglio con qualche chilo in meno”
- “Ma quanto mangi? Hai ancora fame?”
- “Sei pienotto/a o robusto/a”
- “Fai un po’ di sport per rimetterti in forma”
- “Sei pronto/a per la prova costume?”
- “Devi controllarti sull’alimentazione, lo dico per il tuo bene”
- “Il grasso fa male alla salute”
Per ridurre e/o eliminare tale stigma è necessario adottare un linguaggio neutrale verso il proprio corpo e quello degli altri, evitando di commentare e criticare i cambiamenti sulla forma fisica altrui. Combattere questa forma di discriminazione significa eliminare il pregiudizio verso gli individui con corpi grassi, liberando i corpi (ma soprattutto le persone) dallo stigma.
Per ottenere dei risultati dovremmo ridurre l’eccessiva attenzione al corpo e ai suoi cambiamenti, evitando anche futili commenti e consigli non richiesti. Combattere il fatshaming richiede un cambiamento nella società ed è necessario iniziare gradualmente a sradicarci dai canoni estetici che vengono imposti dalla società.
Nel proprio piccolo ognuno di noi può impegnarsi a fare la differenza evitando il focus eccessivo sulla forma fisica di sé stessi e degli altri. Adottare un comportamento più empatico potrebbe aiutare la nostra società a ridurre i comportamenti grassofobici.
Inoltre, quando vogliamo complimentarci con una persona potremmo imparare a concentraci su caratteristiche che non coinvolgano l’aspetto fisico, come successi, vittorie, tratti di personalità.Un altro aspetto di rilevante importanza è rappresentato dall’educazione sulla diversità dei corpi: la quale consiste nell’educare all’accettazione di tutti i corpi e alla consapevolezza che ogni corpo è libero di assumere forme diverse senza essere giudicato. Nessuno ha il diritto di giudicare, deridere o criticare il corpo altrui, in quanto un corpo racchiude in sé un vissuto inaccessibile agli altri.
Il (pre)giudizio degli altri non è un tuo problema
Le origini della grassofobia sono da ricercare in contesti diversi da quelli attuali, ma i comportamenti che oggi possiamo mettere in atto nei confronti di coloro che non rispecchiano lo standard di bellezza sociale sono reali e concreti. Combattere lo stigma è possibile, adottando gradualmente delle strategie che ognuno di noi, nel proprio piccolo, può mettere in atto.
Ricordare sempre che alla base di ciò che vediamo si possono nascondere dei contenuti profondi accessibili solo all’individuo stesso è la chiave perché i nostri giudizi rimangano solo nostri.
Ecco perché, se sei una persona che ha subito discriminazioni in base al peso, ti voglio ricordare che il (pre)giudizio degli altri non è un tuo problema.
Bibliografia
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https://www.linesistente.it/grassofobia-stigmatizzazione-dei-corpi/
L’articolo è stato scritto da Fabiana, volontaria dell’Associazione