A Febbraio dell’anno scorso, ero un ragazzo con le sue passioni, a volte un po’ impacciato, ma sempre in crescita grazie al percorso con il mio psicologo. Cercando di riassumere il tutto con una similitudine, ero ancora come una pietra grezza che pian piano si stava raffinando sempre di più.
Negli ultimi giorni di febbraio, il mio psicologo mi consigliò di conoscere una ragazza. Io, ai tempi, ero molto insicuro e spaventato all’idea di fare nuove conoscenze, probabilmente a causa di alcune difficoltà relative al mio passato. Ma, fidandomi del mio psicologo, ho deciso di accettare la proposta.
Incontrai questa ragazza pochi giorni dopo e in quel momento mi sembrava che fosse tutto ok. Non c’era nulla che mi preoccupasse. La incontrai dopo un mese e mi confessò che era seguita anche lei dallo psicologo poiché aveva un rapporto complicato con il cibo. Io dentro di me pensai, quasi con sufficienza: “Va bene, capisco”.
Si può dire che in qualche modo, non volendo, “sminuivo” la sua difficoltà, credendo che fosse un “problemuccio” facilmente risolvibile. Noi comunque continuavamo a scriverci abitualmente e volevo trasmetterle il mio forte desiderio di supporto nei suoi confronti.
Un giorno poi mi resi conto di quanto fosse “grande”, in senso di forte, questa ragazza. Stava affrontando un periodo difficile della sua vita e probabilmente stava anche imparando qualcosa. Questo mi ha portato a dire: “Comprendila, vai oltre. Stalle vicino”.
Da Agosto in poi è cominciato un lunghissimo percorso fatto di comprensione, sostegno reciproco, condivisioni personali e di conoscenza tra noi. Io, però, avevo ancora una domanda senza risposta che mi rimbombava in testa: “Cosa si prova realmente a vivere un Disturbo del Comportamento Alimentare (DCA)?”.
In quel periodo avevo una paura tremenda. Raccoglievo informazioni per rispondere a questa domanda, ma la paura mi bloccava. E mi ha bloccato per ben 7 mesi, finché il 15 marzo, la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla, dedicata alla sensibilizzazione sui DCA, ho deciso di ascoltare tre podcast inerenti all’argomento.
Quel giorno e quello successivo sono rimasto fortemente colpito dalla sofferenza che si cela dietro ad un DCA. Avere più conoscenza dell’argomento e maggiore sensibilità, mi ha permesso di creare una forte empatia con questa mia amica, al punto da volermi dare un obiettivo: aiutare le persone in tutti i modi possibili, nonostante sapessi che il mio supporto non poteva sostituire il lavoro dei professionisti.
Cominciai quindi a raccogliere informazioni utili grazie agli esperti, ai profili social che sensibilizzano sull’argomento (come Animenta), alle dirette online e così via… Ho maturato in questo modo una conoscenza maggiore sul tema dei DCA e ho creato a mia volta dei contenuti.
Un giorno di giugno, che ricordo con estremo piacere, scrissi proprio all’Associazione Animenta cosa potessi fare per essere di supporto e da lì in poi ho trovato persone sulle quali poter fare affidamento. Ammiravo i volontari e ambivo ad essere uno di loro, ma feci passare del tempo prima di prendere questa scelta.
Ho nel frattempo proseguito in autonomia, ampliando sempre di più le mie conoscenze e cercando di essere d’aiuto per come potevo. Ho scritto anche un libro “La storia di Stella – da bruco a farfalla” che racconta di una persona affetta da DCA che, grazie al supporto dei suoi compagni, riesce a guarire.
Un giorno di Agosto, mi sono sentito pronto e ho scelto di mandare la candidatura per diventare un volontario di Animenta e questo mi ha permesso di contribuire tramite la stesura di articoli e di conoscere tantissime persone.
Con tutta onestà non riesco a definire bene perchè io sia entrato subito in una profonda connessione con persone affette da DCA, però una caratteristica che ho ammirato fin da subito è stata la capacità di affrontare le difficoltà e di crescere proprio grazie a questi momenti sfidanti.
Io ammiro questa collettività che si solleva da un dolore enorme per poi fiorire a pieni colori. Per me sono la prova più grande quando si parla di crescita personale.
E anche io sto crescendo. Credo fortemente che questa mia sensibilità mi stia aiutando a farlo.
Sono qui grazie a me, ma principalmente grazie alla mia amica, senza di lei non avrei mai conosciuto a fondo questa realtà, che solo poco tempo fa mi sembrava distante.
In questo percorso, grazie agli incontri e alle esperienze che ho avuto modo di fare, ho imparato davvero tanto. Adesso il mio rapporto con il cibo è molto più consapevole e ascolto il mio corpo nella sua totalità. Prima consideravo il cibo solo come nutrimento, cosa che effettivamente è. Allo stesso tempo, riesco a cogliere tante altre sfumature che prima erano secondarie.
Sto imparando a prendermi più cura di me, ad accettare ogni tipo di emozione e ad oggi mi sento una persona in crescita e serena. Questo ha influito anche sull’avere maggior cura nella scelta delle parole e questo per me è davvero fondamentale, tanto nella scrittura quanto nel dialogo con gli altri.
Con questa mia storia voglio far capire che qualunque persona può provare a fare la differenza, nel suo piccolo e per quel che riesce. Il supporto degli esperti è fondamentale, sono loro che guidano il paziente nel percorso di cura. Allo stesso tempo chi vive a fianco a chi sta affrontando la malattia, se se la sente, può essere comunque di gran supporto. Aiutare è gesto sincero e spontaneo fatto di mille sfumature. Ognuno fornisce l’aiuto che può, non importa quanto grande o piccolo che sia. Conta il gesto.
L’articolo è stato scritto da Kevin, volontario dell’Associazione, che ha raccontato la sua storia