Lottare con la propria mente è una delle sfide più grandi che la vita ci possa riservare. Soffrire di un disturbo alimentare significa essere bombardati ogni secondo di ogni giornata da pensieri intrusivi e disfunzionali estenuanti e complicati che non lasciano tregua, non chiamano il time-out. Loro sono sempre con noi, non ci lasciano soli e sembrano essere sempre più forti. Quando la mente inizia a viaggiare decidendo destinazioni pericolose, oscure e abbandonate godersi il viaggio è tutt’altro che semplice.
Affrontare un disturbo alimentare vuol dire viaggiare in un posto fittizio e nuvoloso.
L’accettazione della malattia
Accorgersi e accettare di essere malati è il passo più difficile ma anche il primo e più importante. Per guarire dobbiamo prima capire che cosa sta succedendo. Affidarsi e fidarsi dei professionisti che ci seguono e ci vogliono aiutare è sinonimo di coraggio. Chiedere aiuto a qualcuno che conosce le strade che noi non conosciamo è la decisione più logica che la nostra ragione ci suggerisce. Quando la guerra diventa troppo lunga e inizia a durare mesi e anni, forse le armi che stiamo utilizzando o la strategia che abbiamo deciso non funziona per ritrovare la pace.
Le malattie mentali esistono, sono reali anche se invisibili e hanno lo stesso diritto di tutte le altre di essere accudite e curate.
La paura del ricovero
Pensare ad un ricovero, mettere in pausa la propria vita, immergersi nel mondo della mente fa paura. Serve una forza immane che tante volte non pensiamo di avere. Non dobbiamo meritarci niente. Nasciamo con il diritto di vivere e di essere amati.
Sopravvivere non è la migliore delle opzioni, perciò è necessario fermarsi e con consapevolezza decidere di voler vivere. Conoscendo la fatica obbligatoria che dobbiamo fare per tornare a vivere non può essere che spaventoso. Nessuno vorrebbe fare fatica per ottenere qualcosa o raggiungere un obiettivo. Ma noi possiamo utilizzarla a nostro vantaggio decidendo di intraprendere un percorso di recovery che può essere la svolta. Una volta deciso questo, sappiamo che sarà un viaggio per ritrovare noi stessi.
La mia esperienza di ricovero residenziale
Quando la vita ci mette davanti questa necessità ci sta dando un’opportunità.
Oggi, le cure non garantiscono e non coprono tutti gli step del processo, ci si sente soli e abbandonati. Per fortuna però, un percorso più intenso c’è. Se è capitato a noi non possiamo evitare o sprecare questa opportunità. Per il rispetto nei nostri confronti, nei confronti di chi ci aiuta e, non meno importante, per il rispetto verso chi questa opportunità non ce l’ha.
Io sono stata fortunata perché ho avuto la possibilità di percorrere questo viaggio. Il percorso residenziale riabilitativo permette di fermarsi ed è la chiave che apre la porta di una stanza in cui, appena si entra, si lascia andare la presa e ci si fida del sistema.
Vivere tutto ciò significa essere circondati dal problema per trovare una soluzione. Un rompicapo che sembra irrisolvibile può essere visualizzato nella sua interezza per essere scomposto capendo quale meccanismo dobbiamo mettere in atto per cercare di risolverlo. Tutte le persone che incontreremo nel nostro viaggio saranno fondamentali. La terapia individuale, la terapia di gruppo, l’avvicinarsi alla scoperta di funzionamenti psicologici e biologici tecnici, il calore che si riceve dai compagni di viaggio, l’impegno di tutte le persone che credono in quello che fanno, l’essere finalmente liberi dalle mille decisioni che dovevamo prendere e avere qualcuno che ci mostra come possiamo tornare a vivere è un tesoro prezioso.
La verità è che quando viviamo un ricovero non dobbiamo pensare a nulla. Dobbiamo solo fermarci e fidarci delle indicazioni che i professionisti ci offrono. In qualsiasi momento ci sarà qualcuno pronto ad ascoltarci e aiutarci. La magia che noi pazienti creiamo insieme e quella che il contorno ci mette a disposizione ci suggerisce di imparare, vivere e confrontarsi con le persone che conoscono la stessa cosa che viviamo noi.
Andiamo a scoprire il mondo
Il dolore arriva senza cercarlo e a volte non si capisce come ci si è finiti. Ma dal dolore si impara. Col dolore si cresce.
L’intensità di un percorso di ricovero così grande ci fa vivere ogni secondo. Possiamo raggiungere la libertà se tutta quell’energia che sprechiamo per cercare la vita nel dolore la doniamo all’estremo opposto. È un lavoro duro e lungo perché dobbiamo passare dal fondo al cielo, e la distanza è tanta. Ma possiamo camminare in tutte le direzioni che ci vengono in mente.
Siamo vivi e di nuovo abbiamo il diritto di respirare cercando la nostra destinazione luminosa.
Il momento di dare un senso a tutta la fatica che abbiamo sopportato è arrivato e ogni volta che decideremo di non mollare sarà una vittoria.
Questo posto sicuro è il trampolino di lancio per vivere là fuori con nuovi strumenti, nuove consapevolezze e coscienti del fatto che noi siamo cambiati e siamo cresciuti.
Possiamo scegliere se rimanere incatenati o provare a liberarci con tutte le nostre forze.
Se vivere così non ci piace, andiamo a scoprire il mondo.
L’articolo è stato scritto da Ilaria, volontaria dell’Associazione