Il valore della relazione terapeutica nei disturbi alimentari

relazione terapeutica nei disturbi alimentari

Nei disturbi alimentari i sintomi parlano, ma è nella relazione che possono finalmente essere ascoltati. Dietro il linguaggio del corpo e delle condotte alimentari si celano emozioni, bisogni e storie spesso difficili da esprimere a parole. È proprio attraverso la relazione terapeutica che la persona può trovare uno spazio sicuro in cui dare voce al proprio vissuto e iniziare un percorso di cura autentico.

Che cos’è la relazione terapeutica?

La relazione terapeutica è il legame che si costruisce tra il paziente e il terapeuta all’interno del percorso di cura. Non è solo un incontro professionale, ma uno spazio intimo e protetto, dove il paziente può sentirsi ascoltato, compreso e accettato senza giudizio.

Nei disturbi alimentari, dove spesso il cibo e il corpo diventano il modo per comunicare il dolore, la relazione terapeutica diventa il luogo in cui poter raccontare la propria storia e riscoprirsi oltre il sintomo.

L’importanza della relazione terapeutica: costruire un legame più forte del disturbo alimentare

La ricerca clinica ha evidenziato come una relazione terapeutica positiva sia uno dei fattori più significativi nel percorso di guarigione da un disturbo alimentare. Non si tratta solo di applicare tecniche o strategie, ma di offrire un’esperienza emotiva nuova e riparativa: una relazione capace di generare fiducia, sicurezza e connessione autentica.

Chi convive con un disturbo alimentare spesso costruisce con esso un legame profondo e ambivalente. IL DCA è infatti una presenza che, pur causando sofferenza, viene percepita come un rifugio o un mezzo per gestire il dolore emotivo. Per rompere questo schema, è necessario che nel percorso terapeutico si sviluppi una relazione ancora più forte, fondata sulla cura, l’ascolto e l’accoglienza incondizionata.

Il compito del terapeuta è creare uno spazio sicuro e protetto, in cui la persona possa sentirsi libera di raccontare la propria storia senza timore di giudizio. Progressivamente, questo rapporto diventa il luogo in cui imparare a riconoscere ed esprimere il proprio dolore, affidandosi a qualcuno piuttosto che al disturbo alimentare nei momenti di difficoltà.

Solo quando la persona inizia a rivolgersi al terapeuta invece che al sintomo, può avvenire un vero cambiamento. È in questa connessione emotiva che si trovano le basi per il recupero e per la costruzione di un attaccamento più sano e sicuro, capace di sostituire il legame distruttivo con il disturbo.

La relazione come strumento di guarigione

Lo psichiatra e psicoterapeuta Irvin Yalom ha descritto l’importanza dell'”Atto terapeutico” più che della “parola terapeutica”. Egli sottoline come l’esperienza relazionale e l’impegno reciproco siano centrali nel processo terapeutico, oltre alla comunicazione verbale.

In una relazione che cura, il terapeuta accetta il paziente incondizionatamente, stando accanto a lui nel dolore e non soltanto nel tentativo di risolverlo. È empatico e coerente, ed è capace di ammettere i propri errori. La relazione che si crea diventa un luogo sicuro, dove il paziente può sentirsi visto e compreso senza il timore di essere giudicato.

La relazione stessa è ciò che conferisce valore anche alle parole. Infatti, ciò che viene detto durante le sedute non è solo un atto verbale, ma si collega profondamente al legame che si crea tra paziente e terapeuta. Questo legame arricchisce il significato delle parole, poiché il paziente le percepisce come segni concreti di cura e attenzione. È attraverso la forza della relazione che il paziente può superare le proprie paure e guardare oltre i sintomi, in un processo di guarigione che si nutre dell’autenticità e della connessione umana.

Relazione terapeutica e lavoro di équipe: l’importanza della collaborazione interdisciplinare

Nel trattamento dei disturbi alimentari, la relazione terapeutica si sviluppa attraverso un’alleanza. Questa coinvolge non solo il paziente e il singolo terapeuta, ma tutti i membri dell’équipe. Pur essendo il percorso articolato su più fronti, il paziente percepisce ogni membro dell’équipe come parte di un gruppo coeso, dove il lavoro di squadra diventa un supporto costante e integrato.

Il trattamento dei disturbi alimentari richiede una risposta che consideri aspetti psicologici, fisici ed emotivi. Ogni professionista (psicolog*, psichiatra, nutrizionista, medico e altri) porta competenze specifiche, ma ciò che rende il trattamento efficace è la capacità di lavorare in sinergia. In questo modo, il paziente non solo sviluppa un’alleanza con il singolo professionista, ma anche un legame con l’intero gruppo.

Quando ogni parte dell’équipe lavora all’unisono, il paziente non si sente mai solo. Il percorso di cura diventa un viaggio condiviso, dove ogni passo è un riflesso del sostegno collettivo, essenziale per guarire dal disturbo alimentare. 

In questo cammino, la speranza gioca un ruolo cruciale, poiché senza di essa non può esserci vera cura. È la speranza che accende la motivazione al cambiamento, che sostiene nei momenti di difficoltà e che consente al paziente di guardare al futuro con fiducia, sapendo di essere accompagnato in ogni fase del percorso.

In un percorso di cura, ogni passo, ogni parola e ogni gesto contribuiscono a costruire un ponte di fiducia e speranza. La relazione terapeutica è il filo che collega al futuro, un futuro in cui il disturbo alimentare non ha più il potere di definire chi si è, ma dove la forza di un supporto autentico, umano e collaborativo permette di riscoprire sè stessi, liberi dalla sofferenza. 

La vera guarigione nasce nell’incontro, nel sentirsi visti, ascoltati e accompagnati da chi crede nella possibilità di cambiamento, e riesce a vederla e a percorrerla insieme. In questo percorso, la speranza è la luce che guida ogni passo lungo una strada verso una vita piena e genuina.

L’articolo è stato scritto da Francesca, volontaria dell’Associazione

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