La storia di Federica – Animenta racconta

disturbi alimentari

Ricordo ancora il primo libro che comprai durante i primi mesi estivi di quella che era ormai diventata una vera e propria ossessione per il mio aspetto fisico. Questo libro, che non c’entra apparentemente nulla con i disturbi alimentari, è ‘L’incubo di Hill House’ della scrittrice statunitense Shirley Jackson, poiché il periodo del disturbo andava di pari passo con la passione sempre più consapevole per tutto ciò che riguardava il mistero, il paranormale, l’horror, passione che avevo sin da piccola. Questo romanzo mi fece compagnia per tutto il mese di quel caldo giugno, e in realtà ha qualcosa a che fare col disturbo alimentare: l’aspetto psicologico. La protagonista del romanzo arriva ad un punto in cui non riesce più a distinguere ciò che è frutto della sua immaginazione da ciò che è reale ed entra in un turbine di follia all’interno di una casa dalla quale non riesce ad uscire.

Ecco, io iniziavo a vivere in funzione dell’anoressia, chiusa nelle quattro mura di casa, non uscendo se non per fare movimento e non avendo altri pensieri all’infuori del cibo, dei calcoli e dell’attività fisica. 

Ti alzi al mattino col pensiero di quanto dovrai mangiare a colazione; vai in bagno, ti scruti allo specchio, controlli che le tue ossa siano sempre lì, le solite o magari qualcuna in più che si noti; poco dopo ti sposti in camera dei tuoi genitori per tirar fuori dall’armadio, ben nascosta, la bilancia: ci sali e nel mentre pensi a quello che dovrai fare nella giornata per non assimilare quello che mangerai.

La bilancia, a stomaco vuoto, segna un numero. Non sei preoccupata, ti ripeserai almeno altre 2 o 3 volte nel corso di quel giorno che ti sembrerà infinito. Ti siedi a tavola con la busta dei tuoi biscotti dietetici, senza zucchero, senza latte, con lo 0% dei grassi (che poi, cosa vorrà mai dire, o meglio, chi ancora ci crede?). Dice che apporterà tot. calorie per non superare il fabbisogno energetico giornaliero. Come se una busta di biscotti sapesse esattamente quale sia il fabbisogno di ognuno, di me, di te, di tutti. Io ovviamente mi affido a quella scritta anche perché ormai mi sono abituata, non avverto più fame.

Mangi i tuoi biscotti e sali di nuovo sulla bilancia: il peso è invariato. Bene così.

Ti vesti sportiva, esci di casa e vai a camminare. Una, due ore sotto il sole d’estate, torni a casa. Ti fai la doccia, ti vesti (molto lentamente), leggi qualcosa, annoti sul tuo diario quello che hai mangiato, i tuoi (in)successi, i pensieri orribili. È quasi ora di pranzo, sai che tuo padre a tavola guarderà quanto mangi e ti dirà che è troppo poco, che devi mangiare un secondo, che devi integrare… Sei abituata anche a questo, tu senti ma non ascolti.

Sei soddisfatta. Ti alzi da tavola, fai i piatti di tutti, pulisci (non sempre però hai le energie per farlo), togli la tovaglia, cerchi di fare più azioni possibili.

Arriva il pomeriggio e fai un po’ di attività fisica. C’è uno specchio a lato e ogni tanto ci butti un occhio per vedere come di profilo sembrano le tue braccia, le tue gambe, il tuo viso. Finisci, ricevi la chiamata di tua nonna che chiede se ti va di andare a pranzo da lei l’indomani, ma tu rifiuti perché ci sei già andata la scorsa settimana, non puoi permetterti di mangiare da lei così spesso, nonostante lei, coi suoi 82 anni, abbia capito il problema più dei tuoi genitori. È quasi ora di cena, ormai la giornata sta per terminare e sei stanchissima. Mangi il tuo, risali sulla bilancia: hai perso qualche grammo, sorridi dentro di te ma da fuori non hai le forze per fare neanche quello. Ti metti a letto anche se è presto, coi crampi allo stomaco e le ossa che pulsano sul materasso. Devi riposare perché domani si ripeterà tutto in un loop infinito. 

Ci sono voluti anni, passare dalla privazione più totale al lato opposto, il binge eating, vergognarsi anche della propria ombra, perenni stati di ansia, non riuscire a gestire me stessa con i pasti. A volte li saltavo, a volte programmavo quando ero sola in casa per poter affogare me stessa nel cibo, per poi pentirmi.

Sono passati esattamente 10 anni dal primo campanello di allarme di quello che poi mi avrebbe portato a conoscere il mondo dei disturbi alimentari e voglio festeggiare 10 anni così: perdonandomi. Non mi odio più, ma lavoro ogni giorno per cercare di essere ogni volta migliore rispetto al giorno precedente. Ho tanti momenti no, tantissime giornate no, non è facile, nulla lo è. Ma l’accettazione è una delle cose più belle al mondo e noi ce la meritiamo tutta. 

Contenuto a cura di Animenta

PASTA DI SEMOLA DI GRANO DURO LUCANO

Rasckatielli

Pasta Secca 500g

Ingredienti: Semola di Grano Duro Lucano del Parco Nazionale del Pollino, Acqua.

Tracce di Glutine.

Valori Nutrizionali

(valori medi per 100g di prodotto)

Valore energetico

306,5 kcal
1302 kj

Proteine

13,00 g

Carboidrati

67,2 g

Grassi

0,5 g

Prodotto e Confezionato da G.F.sas di Focaraccio Giuseppe
Zona Mercato 85038 Senise (PZ)
P.Iva 01779910767