Mangiare con gli altri: le paure nate dal DCA

mangiare con gli altri: le paure nate dal DCA

Come esseri viventi, la nostra primissima esigenza è quella di soddisfare i bisogni fisiologici, quali bere, dormire, mangiare e ripararsi dal freddo. Ma quello che avviene durante un disturbo alimentare è esattamente il contrario: la persona malata si priva dell’alimentazione. E inizia a temere il momento in cui potrà mangiare con gli altri.

Infatti, il pensiero alla base che porta a sviluppare un DCA è quello di essere in grado di controllare un bisogno fisiologico, naturale e automatico. Tutto ciò, con tutti i riscontri negativi che comporta, può portare a sviluppare una sorta di paura nel condividere i pasti insieme ad altre persone. Specificatamente, ma non solo per chi soffre di DCA, si può parlare di deipnofobia, definita come una forma di disturbo d’ansia sociale che si manifesta con la paura di mangiare davanti agli altri, il che implica conseguenze negative per la nostra vita tra scelte e decisioni. 

Sensazioni e pensieri nel momento del pasto condiviso

Nella maggior parte dei casi di DCA il disturbo d’ansia è ben presente e questa comorbidità di disturbi diventa un enorme muro da abbattere. Alcune persone che soffrono di DCA sviluppano in un certo qual modo la fobia del mangiare insieme agli altri. Questo disagio nasce dal pensiero di essere sbagliat*, sentirsi sotto pressione, di sentirsi fuori luogo, di non sentirsi a proprio agio e di sentirsi giudicat*. 

Se ci ritroviamo in un contesto di convivialità legata anche al cibo, la malattia entra in azione scatenando timore e stress, fino al punto, a volte, di sfociare in un attacco di panico. Anche solo il pensiero di dover condividere un pasto in compagnia o dover partecipare ad un evento in cui è coinvolto del cibo ci costringe ad evitare quel determinato evento, considerato pericoloso e spaventoso.

I principali pensieri che passano nella testa di una persona malata dipendono, prima di tutto ed inconsciamente, dalla paura di essere il punto focale del momento, ossia sentire di essere il centro dello sguardo dei presenti. Quello che infatti si pensa è che la nostra scelta alimentare possa essere sbagliata, migliore o peggiore della scelta degli altri, più o meno giusta. Non si riesce a capire che cosa si deve scegliere in quel momento. Ci si sente sotto accusa e con gli occhi puntati contro, criticat* e giudicat*. 

Le domande che ci bloccano

Non sono infatti rare domande come: “E se il cibo che ho preso è troppo calorico? Se la quantità è troppa? Se x ha preso questo, io posso prendere altro? Ma se mangio poco o non mangio allora dimostro di essere malat*, ma se prendo qualcosa allora che penseranno di me? Penseranno che non sia malat*? Penseranno che stia esagerando? Mi giudicheranno per quello che sto facendo? Riceverò commenti inopportuni riguardanti la mia decisione?” 

Ecco che allora si inizia ad evitare ogni singola possibilità di poter condividere una colazione, un pranzo, una merenda o una cena per paura di essere giudicati. Alla base di tutto ciò, però, sta la sensazione di essere inadeguat* e inadatt* alla situazione. 

Inoltre, sviluppando un disturbo alimentare, diventa spesso difficile riconoscere fame, sazietà, quantità e qualità del cibo, fino a non riuscire a decidere cosa mangiare e rimanere nel limbo del “giusto o sbagliato”. Tutto questo si collega anche al pensiero dicotomico del “tutto o niente” tipico di chi soffre di DCA. Non si vedono sfumature grigie, non ci si permette di introdurle, automaticamente si elimina la possibilità che possa esistere un equilibrio lineare, passando agli estremi: “O mangio tutto o non mangio niente”. 

Un circolo vizioso tra comfort zone ed evitamenti

Evitamento, isolamento, stress, sintomi depressivi, paura e terrore si fanno sentire forti. E l’ansia, spesso, ci costringe a non affrontarli e a non affrontare momenti di condivisione dei pasti. Ancora una volta, si mette in moto un circolo vizioso: l’aumento dello stress e dei sintomi depressivi può peggiorare il disturbo alimentare, portando un’ansia ancora maggiore di mangiare di fronte agli altri. Questo, a sua volta, porta all’evitamento e isolamento, aumentando ulteriormente lo stress e i sintomi depressivi e facendo ricominciare questo circolo daccapo e creando una comfort zone che di comfort, in realtà, ha ben poco. 

La reazione ideale a tutto ciò che succede fuori e dentro di noi dovrebbe comprendere accettazione, mediazione, elaborazione, affronto, attacco. Ciò che noi cerchiamo nella nostra comfort zone della malattia lo possiamo trovare in altro. Il senso di sicurezza, riparo, sollievo e calma che ci trasmette il DCA e la messa in pratica dei sintomi sono effimeri e illusori. 

Provare a uscire da questa falsa comfort zone, piano piano, passo dopo passo, un pensiero alla volta, ci aiuterà a tornare nella realtà. Ci aiuterà a capire che nessuno ha il diritto di giudicarci e soprattutto nessuno ha il potere di farci del male.

Mangiare insieme agli altri non è di per sé un problema. È il nostro diavoletto, la nostra malattia e i suoi sintomi, a farci credere che lo sia. 

E se quando si stava bene ci piaceva condividere una colazione, una grigliata o una pizza in compagnia come segno di appartenenza e convivialità vuol dire che possiamo farlo ancora.

Come si tratta la deipnofobia, ovvero la paura di mangiare con gli altri?

Ci sono diverse tipologie di approcci terapeutici per il trattamento della deipnofobia tra cui: 

  • Terapia cognitivo comportamentale: questo approccio aiuta a sviluppare nuovi modi di pensare, reagire e comportarsi in situazioni di forte ansia e stress. 
  • Terapia espositiva: attraverso questa modalità la persona viene gradualmente esposta a situazioni complicate e aiuta a sviluppare strategie di coping per poter gestire al meglio i momenti di ansia durante il del pasto.

L’importanza di chiedere aiuto e come farlo

Molte volte ci chiudiamo nella nostra bolla, convinti che i nostri problemi siano troppo complicati da spiegare ed esternare, e questo pensiero non fa altro che portarci ad isolarci ancora di più. Parlare delle difficoltà che stai sperimentando può essere infatti difficile, ma è molto importante chiedere aiuto e parlarne. 

Il solo fatto di esternare un problema, di metterlo nero su bianco, può rivelarsi quasi terapeutico. Potresti parlarne con qualcuno di cui ti fidi, non sei obbligat* ad entrare nel dettaglio della tua storia personale e dei motivi che ti hanno portato a sviluppare queste difficoltà. Potresti dire semplicemente che il momento del pasto per te è difficile soprattutto se condiviso con qualcuno. In questo modo anche chi è davanti a te potrebbe cercare di aiutarti rendendoti il momento del pasto meno difficile e più leggero. 

Chiedere aiuto non è sinonimo di debolezza, ma piuttosto di una grande forza interiore. È una enorme manifestazione di amore verso sé stessi, che oltre a permettere agli altri di aiutarti, può contribuire alla formazione di legami ancora più solidi e profondi. Chiedere aiuto non è solo un passo verso la guarigione, ma anche un atto di coraggio che può ispirare chi è vicino a te a fare lo stesso.

Si può tornare a mangiare con gli altri senza paura

Il momento del pasto è un momento in cui ci si riunisce, ci si rilassa e ci si siede a tavola per nutrirci dando amore e sostegno al nostro organismo. Farlo in compagnia potrebbe essere un’occasione per non sentirsi soli e per raccontarsi delle storie. 

Possiamo sentirci a nostro agio e nel posto giusto anche seduti attorno ad una tavola affollata. È possibile vivere questi momenti cambiando rotta cercando di seguire la traiettoria della tranquillità. Possiamo provare e tornare ad accettare un invito a cena o un invito ad un compleanno e viverlo con spensieratezza, discostando l’attenzione dal cibo e portandola sulla fortuna che abbiamo di poter vivere un momento così intenso e così caloroso.

Possiamo tornare a mangiare con gli altri senza paura.

L’articolo è stato scritto da Martina e Ilaria, volontarie dell’Associazione

Contenuto a cura di Animenta

PASTA DI SEMOLA DI GRANO DURO LUCANO

Rasckatielli

Pasta Secca 500g

Ingredienti: Semola di Grano Duro Lucano del Parco Nazionale del Pollino, Acqua.

Tracce di Glutine.

Valori Nutrizionali

(valori medi per 100g di prodotto)

Valore energetico

306,5 kcal
1302 kj

Proteine

13,00 g

Carboidrati

67,2 g

Grassi

0,5 g

Prodotto e Confezionato da G.F.sas di Focaraccio Giuseppe
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