È arrivato quel periodo dell’anno in cui ci si sente un po’ spaesati, quel momento in cui si iniziano a intravedere le prime lucine natalizie, dapprima seminascoste all’angolo di un locale, poi sempre più evidenti, dappertutto. È quel periodo dell’anno che arriva, puntuale, quasi sempre all’improvviso, e che ognuno di noi vive e affronta in modo differente.
Festività non è sinonimo di serenità
L’attesa del Natale viene solitamente paragonata a un qualcosa di molto positivo, che mette quasi le farfalle nello stomaco. «Ti aspetto come i bimbi aspettano il Natale» cantano i Boombadash. Eppure, quando si cresce, qualcosa si modifica irrimediabilmente, senza che neanche ce ne accorgiamo, all’improvviso, proprio come l’arrivo delle festività. E, oggi più che mai, il periodo delle vacanze è reso ancora più intenso dall’esistenza dei social.
Se quello che si vive per le strade, in mezzo alle luci natalizie, o dentro al centro commerciale, tra Mariah Carey e Michael Bublé, non è di gradimento per chiunque. Quando si entra nei social si viene totalmente inglobat* da contenuti che, nostro malgrado, ci mettono fretta, instillando in noi quel semino di impellenza: cosa farò nei giorni di festa?
Se ci pensiamo, questo genere di domanda non è per nulla lontana dal pensiero più comune che si inizia a presentare già a metà autunno, quando compaiono nei negozi di articoli per la casa, tra pentole, coperte e qualche ombrellone superstite dall’estate, i primi alberelli di Natale a metà prezzo, perché “ancora è presto”, ma meglio portarsi avanti. O quando al supermercato si affaccia timido il primo pandoro di fine novembre.
Tutti questi segnali inducono quel pensiero di preparazione a qualcosa che, piaccia o non piaccia, si sta avvicinando. E i social amplificano di gran lunga l’attesa, arrivando poi a mostrare quanto di più stereotipato esista al mondo: la vacanza perfetta.
La FOMO durante le festività
Foto di viaggi, luoghi, cibi, persone, luci, babbi Natale, dump infiniti. Ed è più che logico, se non naturale, che chi si ritrova a osservare questi contenuti provi quel bisogno, quella necessità di dover fare qualcosa per non sentirsi esclus*, non tanto dalle persone, ma dall’esperienza stessa. Quell’impellenza che, se alimentata, può trasformarsi in FOMO (Fear of Missing Out).
Si tratta di una forma di ansia sociale che porta a sentirsi inadeguati, poiché nella costante sensazione di non star vivendo davvero, o di perdersi le esperienze che contano. Questo senso di insoddisfazione è costantemente alimentato dai social, dai contenuti che creano un circolo vizioso, generando una sempre maggiore sensazione di inadeguatezza allo standard di vita o di comportamento che la società, anzi i social, sembrano imporre.
Se si guarda all’aspetto prettamente psicologico, ciò che accade con la FOMO è la manifestazione di un’ansia da esclusione che porta l’individuo a una necessità di conferma identitaria. Se, dunque, sin dalle origini l’essere umano ha sempre avuto bisogno di appartenere a un gruppo per sopravvivere, oggi questo bisogno si traduce con la necessità di avere un’immagine presente: partecipazione è autoaffermazione. Questa è chiaramente una diretta conseguenza dell’evoluzione, ma soprattutto dei social.
I social non sono la realtà
Così ci dimentichiamo che siamo umani. Ci sentiamo sol* in quello che proviamo, ignorando che anche l* altr* vivono nel mondo reale, nonostante i social. Provano emozioni reali, spesso scomode, anche se i social non vogliono farcelo credere. È come se la nostra immagine sui social, quello che presentiamo al* altr*, fosse un clone di noi stess*, una parte che possiamo spedire nel mondo virtuale a vivere la miglior vita di sempre. Ma noi, di fatto, rimaniamo nel mondo reale. Ci sentiamo sol*, scordandoci che potremmo condividere questa solitudine che sentiamo, per accorgerci di non essere sol* affatto.
Perché tutto passa dall’accettazione di essere, semplicemente e meravigliosamente, umani. Con la paura, l’emozione scomoda, la rabbia, il senso di inadeguatezza, la stanchezza e mille altre ragioni che ci si sente di dover nascondere per il bisogno di essere accettati, poi, da chi, se non da altri esseri umani?
Vivere le feste può essere dunque bello per qualcun* e meno bello, o per niente bello, per qualcun altr*. Ma non si tratta di vacanze perfette o famiglie perfette o dump di Instagram con le foto del viaggio perfetto. Si tratta di vivere, di provare le emozioni che si provano davvero, quelle che stanno fuori dallo schermo e che sente anche la persona che sta facendo il suo post di vacanze per i social.
Siamo abbagliati dalla luce di uno smartphone, e ci dimentichiamo che non è la luce reale. Siamo espost* a un mondo virtuale al quale crediamo, perché le immagini che vediamo sono quelle di persone come noi. Ma le immagini non raccontano quello che le persone vivono, sentono, percepiscono.
Siamo umani
Un essere umano è molto più di un’immagine, di un social:, è molto più complesso. E pensiamo di essere sol* in questa complessità, ma non lo siamo affatto.
Abbiamo la libertà di vivere le festività nel modo che ci fa sentire più seren*, senza costrizioni né standard dettati da un mero circolo vizioso creatosi inevitabilmente, senza che nessuno ne abbia colpa, perché ci siamo ritrovat* in un vortice a cui nessuno di noi crede davvero fino in fondo.
L’augurio più bello è che possiamo sentirci ver* durante queste festività, esattamente come preferiamo, da sol* o in compagnia, con il gatto o con gli amici e le amiche. Ma ver*, umani, come lo siamo tutt*.
Buon Natale.
Sitografia
https://d.repubblica.it/culture/2025/12/13/news/come_gestire_la_fomo-425036348
L’articolo è stato scritto da Laura, volontaria dell’Associazione




