Quando si affronta il tema dei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) ci si trova davanti a tipologie di disturbi molto complessi. Infatti alla loro base possiamo trovare un’eziologia definita “multifattoriale”: infatti secondo Fairburn e colleghi (2003) e il loro modello cognitivo, i DCA nascono da cause che possono essere legate al perfezionismo clinico, alla bassa autostima, l’intolleranza alle emozioni e le difficoltà interpersonali.
Conoscere l’esistenza di questi disturbi, riconoscerne le possibili cause, sintomatologie e caratteristiche è utile per contrastarne l’insorgenza ed evitarne il peggioramento nel momento in cui sono già presenti. Per questo è fondamentale parlare di prevenzione.
Cos’è la prevenzione nei DCA?
Secondo la Società Italiana di Psicopatologia dell’Alimentazione (SIPA, 2024) la prevenzione può essere suddivisa in tre livelli:
- Primaria: si attiva prima dell’insorgenza della malattia. In questo caso ha lo scopo di diminuire o, nell’ipotesi più auspicabile, eliminare i fattori di rischio che possono portare alla nascita di un DCA. Gli strumenti più utili in questa fase sono legati all’educazione, alla sensibilizzazione e al fare informazione.
- Secondaria: questo tipo di prevenzione viene fatta con l’insorgenza dei primi sintomi. Qui l’obiettivo è quello di ridurre la morbilità (ossia la percentuale di frequenza di malattia) e la cronicizzazione del disturbo. Gli strumenti utilizzabili in questo caso riguardano il poter identificare in maniera precoce le persone possibilmente a rischio.
- Terziaria: coincide con il trattamento vero e proprio, basandosi anche sulla prevenzione delle complicanze. In questo caso gli strumenti sono il trattamento volto alla riduzione dei sintomi.
La difficoltà nel poter attuare una prevenzione per queste tipologie di diagnosi sta proprio nell’eziologia intricata e multifattoriale, di cui ancora non si ha un quadro completo. Questo accade soprattutto per quella primaria, proprio perché è possibile intervenire solo su fattori che sono già noti in letteratura e sui quali è veramente possibile intraprendere e pianificare un intervento.
In più, L’institute of Medicine (Mrazek & Haggerty, 1994) riporta ulteriori tre livelli di prevenzione, legati in particolare al rischio di una persona di manifestare un disturbo, in rapporto alla popolazione di riferimento di cui fa parte:
- Prevenzione universale: prevenzione diretta un intero gruppo di una popolazione che è identificata sulla base del rischio individuale delle persone che ne fanno parte.
- Prevenzione selettiva: diretta agli individui o a un piccolo gruppo della popolazione che hanno un rischio di sviluppare un disturbo sopra la media, come evidenziato da fattori di rischio biologici, psicologici o sociali.
- Prevenzione indicata: diretta a individui ad alto rischio identificati da sintomi o segni rilevabili e che quindi indicano la predisposizione al disturbo, ma che non soddisfano i criteri DSM (Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali).
Diversi studi hanno dimostrato come i programmi di prevenzione più efficaci avevano diverse caratteristiche in comune: una teoria alla base, consideravano alcuni fattori di rischio in particolare, erano suddivisi in diverse sessioni di gruppo e comprendevano anche dei momenti di interazione (Kelvas, 2024). Molti di questi interventi si concentravano poi sulla promozione di un’alimentazione salutare, immagine positiva del proprio corpo e una maggiore autostima.
Prevenzione primaria in età evolutiva
Il ministero della salute indica che l’età d’esordio dei disturbi del comportamento alimentare, e quindi la manifestazione dei sintomi, continua a diminuire, arrivando perfino intorno agli 8/9 anni d’età.
Questi dati, oltre ad essere sicuramente preoccupanti, ci danno un importante dato: la prevenzione primaria è necessaria a partire dall’età dell’infanzia! Quando si parla di prevenzione in questa fascia d’età, sicuramente l’ambiente scolastico e domestico sono i principali mediatori tramite cui si può agire.
La scuola è il luogo ideale per raggiungere il maggior numero di adolescenti, la fascia di età più a rischio. Gli interventi in queste campagne mirano a ridurre i fattori di rischio, alleviare i sintomi dei disturbi alimentari e prevenire l’aumento di peso. Dalle Grave mostra come i programmi di prevenzione specifici su alcuni fattori di rischio nell’età adolescenziale siano promettenti.
In particolare questi programmi mirano a:
- insegnare ai partecipanti come raggiungere e mantenere un peso salutare facendo piccoli e graduali cambiamenti della loro dieta e della loro attività fisica
- accettazione del corpo, comportamenti salutari per il controllo del peso e la capacità di gestione dello stress
- interventi cognitivo- comportamentale dell’insoddisfazione corporea che mira alla condivisione di informazioni sui disturbi dell’alimentazione, sul controllo salutare del peso, sulla nutrizione ed email di supporto.
Per quanto riguarda l’ambiente domestico e familiare, sono vari i livelli su cui si può agire:
- Il Ruolo degli Adulti, ovvero essere un Buon Esempio: Così come ci insegna Bandura, i bambini imparano imitando il comportamento degli altri. Gli adulti, quindi, possono trasmettere comportamenti alimentari sani tramite la condivisione e la convivialità a tavola, una giusta composizione dei pasti e la frequenza di consumo dei vari alimenti.
- Creare un Clima Sereno a Tavola: Le discussioni durante i pasti e un’atmosfera poco piacevole possono predisporre allo sviluppo di disturbi alimentari. È quindi importante evitare forme di conflitto a tavola e creare un ambiente sereno e disteso. Inoltre, è bene evitare di discutere di argomenti che possono evocare ambiti di dieta e del corpo.
Pasti in Famiglia, ovvero un Momento di Educazione Alimentare: Consumare pasti in famiglia è legato a un miglior benessere psicologico e a un ridotto rischio di sviluppare disturbi alimentari. Promuovere la convivialità e la socialità dei pasti, coinvolgendo i bambini nella scelta e preparazione degli alimenti, può diventare un momento importante di educazione alimentare. - Evitare l’Uso del Cibo come Premio o Punizione: Utilizzare il cibo come strumento di premio o punizione dovrebbe essere evitato. La demonizzazione di alcuni alimenti o il loro uso come ricompensa può portare a un’alimentazione selettiva o emotiva, creando rigide regole dietetiche.
- Evitare le Diete Drastiche: Le diete drastiche sono spesso fattori di rischio per l’insorgenza di disturbi alimentari, specialmente in giovane età. Questi regimi dietetici possono portare a insoddisfazione corporea, perdita di controllo e alterazioni metaboliche. È sempre meglio scoraggiare l’inizio di diete drastiche, specialmente senza il supporto di uno specialista.
Prevenzione secondaria
La prevenzione secondaria ha come obiettivo quello di diminuire il tasso di casi stabiliti di un certo disturbo. Questo obiettivo si può ottenere identificando precocemente le persone a rischio, ma come si fa?
Bisogna imparare a riconoscere i campanelli d’allarme che possono presentarsi anche all’interno dell’ambiente familiare :
- Food checking: controllare in maniera sistematica il cibo, facendo molta attenzione ai nutrienti e alle calorie; oppure eseguire dei rituali durante i pasti come sminuzzare il cibo o mangiare molto lentamente.
- Body checking: attenzione eccessiva al proprio corpo e al peso, con frequenti pesate alla bilancia oppure osservandosi spesso allo specchio e nelle foto. E’ ricorrente il confronto del proprio aspetto con quello di altre persone.
- Abbuffate: momenti in cui viene assunta una quantità di cibo superiore alla norma e in modo incontrollato.
- Condotte di compensazione o di eliminazione: utilizzo di diuretici, lassativi, digiuni o vomito autoindotto allo scopo di eliminare le calorie assunte.
- Iperattività: attività fisica svolta in maniera estenuante, per un lungo periodo di tempo e in solitudine.
- Evitamento dell’immagine corporea: utilizzo costante di abiti larghi, tendenza ad evitare di incrociare la propria immagine riflessa o di toccare alcune parti del proprio corpo.
- Difficoltà relazionali: disagio nelle relazioni con i pari, a scuola, e tendenza all’isolamento.
- Repentine modificazioni dell’umore: frequenti manifestazioni di rabbia, ansia, tristezza, disagio e paura.
Nel momento in cui ci si accorge di comportamenti simili ci si può muovere in diverse direzioni. Per prima cosa mantenere un dialogo aperto e non giudicante, cercando di dimostrare al meglio delle proprie possibilità il sostegno e la vicinanza. Ci si può anche rivolgere a professionisti e professioniste sia della salute mentale, come psicologi e psicoterapeuti, sia dell’alimentazione, come dietologi e dietisti.
Perché questa prevenzione sia davvero efficace è necessario aumentare la consapevolezza e la capacità di riconoscere i DCA da parte dei medici di medicina generale e specialisti. Aumentare di conseguenza anche la conoscenza all’interno delle scuole e delle famiglie, cercando di migliorare anche la comunicazione tra le istituzioni (come la scuola).
Prevenzione terziaria
La prevenzione terziaria è rappresentata dal trattamento vero e proprio che ha l’obiettivo di ridurre i sintomi legati ad un DCA.
Rivolgersi ai professionisti è fondamentale per riuscire ad avere una guida che aiuti a comprendere e arginare quei pensieri o azioni disfunzionali, portandoci ad avere meccanismi diversi per fronteggiare diverse situazioni in cui ci possiamo trovare.
Oltre a ciò, si parla sempre di un trattamento che viene svolto in equipe: avendo i DCA una natura molto complessa, è necessario che gli aspetti che li compongono siano trattati da figure diverse e specializzate che collaborano condividendo informazioni e conoscenze.
Quindi, si può prevenire un DCA?
E’ possibile quindi, prevenire i disturbi del comportamento alimentare? Secondo noi di Animenta si, ed è uno dei nostri propositi!
Sicuramente è una sfida complessa, ma non impossibile. La natura intricata e multifattoriale dei DCA può sembrare scoraggiante, ma con le giuste strategie, possiamo fare molto per ridurre la loro incidenza e l’impatto sulla vita delle persone.
In particolare, l’importanza della prevenzione primaria, già dall’infanzia, non può essere sottovalutata. Le scuole e le famiglie giocano un ruolo cruciale nel modulare comportamenti alimentari sani e promuovere un’immagine corporea positiva. Creare un ambiente di supporto e di educazione può fare una grande differenza nella vita dei giovani, aiutandoli a sviluppare una relazione sana con il cibo e con se stessi.
La prevenzione secondaria, con il suo focus sull’identificazione precoce dei segnali di allarme, è altrettanto essenziale. Mantenere un dialogo aperto e non giudicante all’interno delle famiglie e delle scuole, e riconoscere i sintomi iniziali, può portare a interventi tempestivi che prevengono l’aggravarsi dei disturbi.
Infine, la prevenzione terziaria, che si concentra sul trattamento, è vitale per aiutare chi già soffre di DCA a recuperare una vita piena e soddisfacente. Un approccio multidisciplinare, che coinvolge vari specialisti, garantisce un supporto completo e personalizzato, capace di affrontare le diverse sfaccettature di questi disturbi.
In definitiva, nonostante le difficoltà, la prevenzione dei DCA è possibile grazie a un impegno collettivo e coordinato. Le scuole, le famiglie e i professionisti della salute e le associazioni, lavorando insieme, possono creare una rete di supporto efficace che fa la differenza. Con dedizione e attenzione, possiamo sperare di migliorare significativamente la qualità della vita di molte persone, prevenendo l’insorgenza dei DCA e supportando chi ne è affetto nel loro percorso di guarigione.
Bibliografia
- https://rosaiatomasipsicologa.it/mio-figlio-ha-un-disturbo-del-comportamento-alimentare-i-campanelli-di-allarme/
- https://www.salute.gov.it/portale/saluteMentale/dettaglioContenutiSaluteMentale.jsp?lingua=italiano&id=6029&area=salute%20mentale&menu=DNA)
- http://www.dallegrave.it/prevenzione-dei-disturbi-dellalimentazione-nella-scuola-progressi-e-sfide-future/
- https://www.stateofmind.it/2022/05/disturbi-alimentari-prevenzione/
- https://www.psicopatologiaalimentazione.it/per-i-familiari/prevenzione/
- https://withinhealth.com/learn/articles/can-eating-disorders-be-prevented?utm_source=social&utm_medium=linkedin&utm_campaign=within-blog
- Ciao, A. C., Loth, K., & Neumark-Sztainer, D. (2014). Preventing eating disorder pathology: common and unique features of successful eating disorders prevention programs. Current Psychiatry Reports, 16(7), 453.
- Fairburn, C. G., Cooper, Z., Shafran, R. (2003), Cognitive behaviour therapy for eating disorders: a “transdiagnostic” theory and treatment, in “Behaviour Research and Therapy”, 41, pp. 509-528.
- Mrazek PJ & Haggerty RJ (1994) Institute of Medicine (IOM), Reducing risks for mental disorders: Frontiers for preventive intervention research. Washington D.C: National Academy Press.
L’articolo è stato scritto da Giorgia e Selene, volontarie dell’Associazione