Ogni anno il Natale è occasione di riunione di amici e parenti e, per una persona affetta da un disturbo alimentare (DCA), doversi interfacciare con i propri cari può essere difficile e stressante.
Può essere a causa del timore di essere giudicati nel comportamento e nelle apparenze o di deludere le aspettative riguardo al percorso di guarigione. Oppure, semplicemente, la paura di affrontare il confronto diretto con qualcuno che, seppur in buona fede, potrebbe fare commenti spiacevoli.
Ciò che la malattia tende a mal interpretare è proprio l’apprensione che i caregiver provano verso chi sta soffrendo: una parola di conforto appare come una delusione, un complimento suona come un’offesa, un atto di amore costituisce un impedimento verso i propri obiettivi.
Tutto ciò può rendere molto faticoso restare vicino ad una persona con un DCA, specialmente considerando l’aspetto di isolamento che la malattia porta con sé.
Le parole di chi ci ama: parlano i caregiver e gli amici
Ciononostante, le persone che ci vogliono bene sono le prime a fare il tifo per noi e a sperare in un futuro più sereno e spensierato. Per questo ho chiesto a chi guarda da fuori un percorso di recovery di esprimere i suoi desideri nei confronti di chi sta uscendo da un DCA.
“Vorrei vedere mia figlia libera e alleggerita da questo peso che la schiaccia da troppo tempo: si merita di vivere le feste con la spensieratezza che ha sempre avuto crescendo” -Mara
“Sotto l’albero vorrei poter ritrovare la fiducia per mia sorella, la certezza che possa prendersi cura di sé anche quando nessuno la controlla e di poter stare tranquilla quando resta da sola” -Camilla
“Vorrei poterle dare i miei occhi per vedersi come la vedo io: una ragazza empatica, intelligente, piena di vita, un raggio di sole davanti a cui si è fermato un brutto nuvolone” -Bianca
I miei desideri per chi soffre di un DCA e per chi gli sta accanto
Dopo diversi Natali passati nella sofferenza, mia e dei parenti che cercavano di aiutarmi senza successo, con la guarigione ho riscoperto lo spirito festivo della mia infanzia. Non solo sono svanite le preoccupazioni per il cibo e per il confronto con i parenti, ma è come se i sensi si fossero amplificati e tutto brillasse di una nuova luce.
A posteriori sento di aver fatto passare anni terribilmente difficili alla mia famiglia e agli amici che mi sono restati accanto nel corso della malattia, ma li ringrazio per non avermi mai lasciata sola. I loro desideri mi hanno aiutata ad abbandonare il DCA.
Da persona guarita da un disturbo del comportamento alimentare non posso che sollecitare gli altri a perseverare: perseverare nella propria guarigione ma, soprattutto, nel sostenere quella altrui.
Senza il sostegno, la cura e la resilienza dei miei cari, il percorso di recovery non sarebbe stato così lineare.
Il mio monito per chi si trova ad affrontare dall’esterno un DCA è quello di non arrendersi davanti ai muri che la malattia erge, di saper guardare oltre ma, soprattutto, indietro, al ricordo della persona sana e felice che un tempo stava bene e ora si trova bloccata sul fondo di un abisso.
Restare al fianco di una persona malata non è mai semplice, soprattutto quando la malattia non si può toccare con mano ma resta depositata nella mente: è però importante validare ogni malattia e non sottovalutarne nessun aspetto.
Questo Natale cerchiamo di aiutare noi stessi e le persone che amiamo, cerchiamo di perdonare e di perdonarci, cerchiamo di amare e di amarci.
L’articolo è stato scritto da Teresa, volontaria dell’Associazione