Sono una ragazza di quasi 18 anni e soffro di DCA da quando avevo 15 anni.
Nel corso della mia vita è sempre filato tutto liscio. Fin da piccola i miei genitori mi hanno sempre seguita in tutto e per tutto. Sono figlia unica e, per questo, tutto l’amore e l’affetto giravano attorno a me.
Ero una bambina vivace e allegra, ma allo stesso tempo ligia al dovere. Pretendevo la perfezione in qualsiasi cosa ed ero molto insicura di me stessa.
Andavo bene. Avevo buoni risultati e mi piaceva eccellere nelle mie ambizioni e nelle mie attitudini e capacità.
Nulla era un peso, finchè non arrivò lei..
Ero in seconda superiore, frequentavo e tuttora frequento il liceo. Ma qualcosa dentro di me, quella volta non andava.
Sentivo di non essere abbastanza. Non mi sentivo all’altezza di affrontare la vita quotidiana e cominciai a vedere il mio corpo come qualcosa di sbagliato, di inadeguato, da eliminare.
Guardavo gli altri e io non mi sentivo importante come loro. Perciò iniziai ad esprimere il dolore attraverso il mio corpo e, quindi, attraverso il cibo.
Per i miei genitori non è stato affatto facile comprendermi. Non si capacitavano e non sapevano proprio come aiutarmi e come prendere in mano la situazione.
Soffrivano tanto, così come vedevano soffrire me, finché non decisero di rivolgersi a chi di dovere perché altrimenti la situazione stava degenerando.
Allo stesso tempo, per me non è stato semplice farmi aiutare, dal punto che ero entrata in circolo vizioso senza neanche accorgermene e dal quale non riuscivo ad uscirne.
Tuttavia, dentro questo “circolo vizioso” chiamato anoressia, mi ero creata la mia comfort zone e, per questo, il fatto di uscirne mi spaventata tantissimo.
L’anoressia mi stava divorando e io, piano piano, stavo perdendo me stessa, ogni giorno se ne andava via un pezzetto della mia adolescenza.
La strada verso la guarigione e la luce in fondo al tunnel
Grazie all’aiuto dei medici e delle persone che avevo al mio fianco, ho preso consapevolezza di quanto mi stesse rovinando questa situazione e di come io gli stavo permettendo di rovinare me stessa e il mio corpo.
Capii che quella non era la strada giusta verso la felicità e per ambire ad una perfezione che nemmeno esiste, e piano piano iniziai a fidarmi sempre di più di chi avevo al mio fianco, ma soprattutto di me stessa. Ad oggi, vedo la luce in fondo al tunnel e sento di essere sulla strada buona verso la guarigione, perché, nonostante tutto, siamo più forti noi.
Dai DCA si può uscirne, dobbiamo solo crederci sino in fondo.
Perché “per quanta strada c’è da fare, amerai il finale”.
Vorrei dire a tutte quelle persone che si sono trovate, o che si trovano nella mia stessa situazione ad affrontare un DCA, che valete molto di più di ciò che dice la vocina nella mente. Valete molto più di quel numero sulla bilancia, valete molto di un canone estetico.
La vita è una sola ed è un dono meraviglioso, io mi sto rendendo conto ora che sono quasi uscita dalla malattia e ogni giorno comprendo quanto valga la pena viverla appieno questa vita.
Siete e siamo più forti di tutto, non dimenticalo mai.
L’articolo è stato scritto da I. che ha raccontato la sua storia