Il ruolo dei “carers” nel percorso di cura dei disturbi alimentari

il ruolo dei carers nei percorsi di cura dei DCA

Per prima cosa è importante e necessario definire chi sono i carers.

La traduzione di questo termine anglosassone è “colui che si prende cura di”, cioè chi assiste volontariamente una persona che ha un tipo di difficoltà o soffre di una malattia. Generalmente, quando si parla di carers si pensa ai familiari dell’individuo, ma è bene sapere che questo ruolo può riguardare chiunque abbia un rapporto stretto con chi ha bisogno di aiuto, quindi amici, parenti, partner, vicini di casa ecc…  

In questo articolo ci concentreremo maggiormente sul ruolo dei familiari. 

La famiglia è la culla dei primi carers

Attualmente tutte le linee guida per i disturbi del comportamento alimentare (DCA) raccomandano di prendere in considerazione le esigenze dei familiari e di includerli nel trattamento complessivo, soprattutto per quanto riguarda gli adolescenti (Family Based Therapy). Proprio perché la posizione della famiglia è considerata una risorsa è importante che questa abbia un giusto spazio rivolto sia al supporto che alla psicoeducazione. L’obiettivo è quello di prendere in considerazione i bisogni di tutti i membri della famiglia, di favorire la collaborazione tra familiare, paziente e professionista, nell’ottica di interrompere i fattori di mantenimento del disturbo e di promuovere il cambiamento. In questo modo vengono sviluppate le abilità necessarie a sostenere la difficile esperienza quotidiana che può essere un DCA. 

Ma perchè si è giunti a questa conclusione? 

La ricerca per molti anni si è occupata di indagare il forte impatto che i DCA hanno sul funzionamento familiare e come l’esperienza del caregiving sia molto difficile. Questo forte impatto sembra essere dovuto specialmente per il fatto che l’età di insorgenza di queste malattie coincide con l’adolescenza, età in cui si è dipendenti dalla famiglia e stabili in casa. Il ruolo delle persone vicine a colui che è malato risulta essere complesso in quanto, oltre a dover gestire i cambiamenti che avvengono durante il percorso di malattia relativi alla persona, il coinvolgimento stesso può portare ad un carico emotivo pesante per il famigliare, il quale può dover arrivare a stravolgere la  propria vita (familiare e lavorativa) per stare dietro ai bisogni del proprio caro. La difficoltà emotiva e la mancanza delle giuste strategie di coping per poter fronteggiare la situazione non permettono di dare il sostegno necessario alla persona cara. 

Il fardello dei carers

Queste numerose sfide, con il passare del tempo, aumentano il carico percepito dell’assistenza (“burden” in inglese) sia a livello pratico che a livello emotivo. Quando si parla di “burden” si fa riferimento ai problemi associati al caregiving (difficoltà psicologiche, fisiche e sociali), il modo in cui questo viene percepito è influenzato da una serie di variabili come, per esempio, il supporto sociale, le risorse del carer, le caratteristiche della malattia della persona cara. Tali aspetti potrebbero portare a possibili condizioni cliniche di depressione ed ansia. Di conseguenza, l’assistenza fornita da un carer che incorre in tali problematiche può risultare inadeguata ed incidere sulla persona che soffre in modo negativo, andando a creare un circolo vizioso estremamente pericoloso. 

I carers, come ogni individuo, hanno dei bisogni personali e ridurre il disagio e il carico percepito è importante per permettere di affrontare il disturbo e le difficoltà in maniera efficace. Questo è importante in quanto determinati comportamenti e reazioni potrebbero fungere da fattori interpersonali di mantenimento del disturbo. 

Le metafore animali per spiegare i comportamenti dei carers

Il team di Janet Treasure, psichiatra britannica specializzata nella ricerca e trattamento dei DCA, ha descritto le reazioni dei familiari attraverso delle metafore animali. Le risposte dei carers sono reazioni naturali e tipiche ai sintomi del disturbo del comportamento alimentare ed esprimono la loro preoccupazione e spavento di fronte a tale situazione. 

Di seguito le metafore animali per illustrare i comportamenti comuni che i carers possono mostrare come reazione ai sintomi del disturbo. 

Canguro: emerge quando lo stato di fragilità fisica del proprio caro con DCA porta il carer a proteggerlo completamente, a tenerlo al sicuro (come in un marsupio). Il carer accoglie tutte le richieste, che siano razionali o guidate dal disturbo alimentare. Ne consegue che il paziente non riuscirà ad imparare come affrontare e superare le sfide della vita e sarà intrappolato nel ruolo di bambino.

Rinoceronte: il carer cerca di convincere, in tutti i modi, il paziente a cambiare con l’uso della logica, impartendo ordini e perdendo il controllo. Ne consegue da parte del paziente un difendersi da tali attacchi, rinforzando il pensiero distorto del disturbo alimentare. 

Delfino: tale risposta consiste nel guidare il proprio caro attraverso le difficoltà, fornendo supporto e incoraggiamento e, quando compie dei progressi positivi, rimanere tranquillamente dietro di lui. 

Le metafore animali per spiegare le reazioni emotive dei carers

L’altra dimensione descritta dallo studio è relativa alla risposta emotiva del carer ai comportamenti tipici di chi soffre di DCA. Le metafore animali utilizzate sono:

Struzzo: alcuni membri della famiglia possono trovare difficile fronteggiare lo stress e i comportamenti del disturbo, così cercano di evitare di pensare o di parlare dei problemi trascorrendo più tempo possibile lontano da casa. Tale atteggiamento può portare a delle conseguenze negative per tutta la famiglia.

Medusa: consiste in una risposta emotiva intensa e trasparente, dovuta a delle false convinzioni della malattia (per esempio pensare che il disturbo indichi il fallimento come genitore). Il carer percepisce alti livelli di senso di colpa, si sente impotente e la sua stessa salute spesso ne risente.

Cane San Bernardo: tale risposta consiste in una reazione coerente, calma e sicura in tutte le circostanze. È organizzato, dà calore e nutrimento.

Tutti necessitano un supporto 

Ovviamente non esiste un metodo unico ed infallibile che bisogna assumere, ma dalla ricerca emerge che lo stile del delfino e del cane san bernardo sono considerati più funzionali, sia da un punto di vista di relazione tra carer e chi soffre di DCA, che da un punto di vista prognostico. Responsabilizzare i carers, consentendo così alla famiglia di fungere da risorsa positiva nel corso del trattamento della malattia può, inoltre, contribuire a ridurre le ricadute e migliorare le strategie di assistenza sanitaria per questi tipi di disturbi. 

In conclusione, possiamo dire che è necessario e fondamentale aiutare i carers ad affrontare il disturbo alimentare del proprio caro, attraverso degli interventi mirati. Tali interventi rendono i carers attivi e partecipi, migliorando la loro percezione di benessere e di qualità della vita. Oltre a migliorare il benessere del carer migliora anche la sintomatologia di chi soffre di DCA e la sua risposta al trattamento. 

Sarebbe auspicabile permettere a tutte le famiglie un servizio che possa accompagnarli durante questo difficile percorso.

Bibliografia

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–       Goddard, E.; Macdonald, P.; Sepulveda, A. R.; Naumann, U.; Landau, S.; Schmidt, U.; Treasure, J. (2011). Cognitive interpersonal maintenance model of eating disorders: intervention for carers. The British Journal of Psychiatry, 199(3), 225–231.

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–       Ministero della Salute (2013). Appropriatezza clinica, strutturale e operativa nella prevenzione, diagnosi e terapia dei disturbi dell’alimentazione. Quaderni del Ministero della Salute, 17(22), 1-89.

–       Treasure, J., Smith, G., Crane, A., (2007) Skills-based Learning for Caring for a Loved One with an Eating Disorder THE NEW MAUDSLEY METHOD. Edizione italiana: Prendersi cura di una persona cara affetti da disturbo alimentare. Come diventarne capaci (2014) a cura di Maria Grazia Martinetti e Maria Cristina Stefanini. Seid Editori Srl, Firenze.

–       Treasure, J., & Todd, G. (2016). Interpersonal Maintaining Factors in Eating Disorder: Skill Sharing Interventions for Carers. Bio-Psycho-Social Contributions to Understanding Eating Disorders. 125–137

L’articolo è stato scritto da Beatrice, volontaria dell’Associazione

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