Soffrire di disturbi alimentari mi è sempre sembrata una cosa lontana da me, distante anni luce: eppure eccomi qui.
Ho un disturbo alimentare, che so non essere una malattia terminale, ma a volte, a causa dei pensieri che mi fa avere, sembra altrettanto grave.
Ho un disturbo alimentare e ho paura di ingrassare. Terrore di ingrassare.
Ho un disturbo alimentare e mangio male. Dopo i pasti mi alzo e vado in cucina. Apro e chiudo il frigo minimo dieci volte. Non sono mai sazio. Ma non perché ho ancora fame. Non ne avevo neanche prima di cominciare a mangiare. Ormai non ho più fame da tanto tempo (e, probabilmente, anche questo è un segnale che mi sta inviando il mio cervello disperato).
Sono insoddisfatto perché il momento “clue” della giornata è andato. Sì, l’ho detto. Mangiare è ormai l’unica cosa che mi fa sentire vivo, e bene. E il mio cervello mi ha tolto anche quello, togliendomi la fame. Quando finisco di mangiare, torna il Nulla Cosmico.
Ma torniamo a parlare di ciò con cui ho effettivamente cominciato questa lettera.
Il peso del giudizio degli altri nei disturbi alimentari
Ho un disturbo alimentare. Mi accompagna costantemente la paura di ingrassare e non riesco ad accettare i cambiamenti che il mio corpo subisce.
Inoltre, ho paura di uscire e di essere giudicato. Ogni volta che incontro lo sguardo di qualcuno dentro di me so per certo che sta pensando “Guardalo! È proprio brutto. Chissà quanto e cosa mangia. Pigrone.”
Questo pensano, secondo me, le persone quando mi guardano. Quando mi parlano. Quando mi ignorano. E su questi pensieri si basano le mie giornate. Se la mattina, guardandomi allo specchio, ritengo di essere brutto, allora lo sarò tutto il giorno. E le persone mi guarderanno e penseranno che io sia brutto. E allora, per non essere guardato, o giudicato, non esco di casa, o mi vesto con abiti enormi, e tengo lo sguardo basso, attento a non incontrare lo sguardo di nessuno. Figuriamoci rivolgere la parola a qualcuno.
I limiti creati dai disturbi alimentari
Ho un disturbo alimentare. Ho paura di ingrassare e il mio corpo è cambiato, ma non riesco a dirlo ad alta voce. E lo stesso terrore mi impedisce di fare ciò che vorrei tanto fare: sport, prima di tutto.
Sport per mantenere un certo tipo di fisico, penserete. Anche, rispondo io. Ma sport perché mi piace, soprattutto. Ma non riesco. Solo l’idea di mostrarmi in tuta davanti a un mucchio di sconosciuti mi paralizza. Non riuscirei neanche a muovere un muscolo senza pensare “Mi stanno giudicando tutti, pensano tutti che io sia faccia schifo, e che sono ridicolo”. E così addio sport.
Uscire con gli amici di sera. Mi annoierei di sicuro se non bevessi qualcosa. E non posso bere, perché sento che influirebbe sul mio corpo. Il mio disturbo alimentare mi fa credere tutto ciò. Meglio rimanere a casa ed evitare la tentazione.
Vestirmi come mi pare. No, solo felpe e maglie e pantaloni extra large. Non che non mi piaccia lo stile “baggy“, anzi. Ma ogni tanto vorrei poter mettere una felpa della mia taglia senza pensare che tutti guarderanno il mio corpo e lo giudicheranno, e mi giudicheranno.
La gabbia è la mia mente
Non posso vivere un’intera vita a preoccuparmi di cosa penseranno gli altri guardandomi. A tentare di nascondermi da tutto e tutti con la speranza che nessuno mi guardi o mi giudichi. Perché ho 22 anni e sono infelice. Sono infelice perché passo le mie giornate in casa a “studiare”, perché mi sento solo e non faccio nulla che mi renda veramente soddisfatto. Perché non posso fare sport, non posso uscire con gli amici, non posso vestirmi come vorrei. Questo disturbo alimentare mi ha chiuso in una gabbia.
E ho pensato per tanto tempo che la gabbia fosse il mio corpo, e invece è la mia mente.
Ma so che c’è una luce, in fondo a questo tunnel di pensieri negativi ed isolamento, che mi fa andare avanti nella consapevolezza che da disturbi alimentari si può guarire. Nonostante la fatica e il dolore, dopo i disturbi alimentari si può stare meglio.
L’articolo è stato scritto da Filippo, che ha raccontato la sua storia