Il pregiudizio: un’inquadratura sulle sue radici e sugli effetti sociali

I pregiudizi sono definiti come bias, ovvero delle distorsioni di percezione e valutazione nei confronti di membri esterni al proprio gruppo di appartenenza. Sono sostanzialmente uno dei meccanismi alla base della discriminazione

Essi sono ritenuti possibile causa di disgregazione sociale, in quanto comportano una chiusura verso l’altro, il diverso e il nuovo, basata soprattutto su generalizzazioni inflessibili e difettose. 

Conoscere l’esistenza di questi pregiudizi cognitivi e comprendere che, in qualche modo, hanno il potere di influenzare le nostre decisioni, è fondamentale per aumentare la consapevolezza che mettiamo nelle nostre scelte. 

La causa: sistema cognitivo automatico o mancanza di controllo cognitivo?

Molti studi affermano che i pregiudizi derivino da un sistema cognitivo automatico di associazione di caratteristiche (solitamente negative) alle persone, e che questo automatismo inflessibile agisca a discapito di un sistema di controllo. Tale sistema di controllo potrebbe infatti essere il filtro che permette ai pregiudizi, verso le minoranze o verso le differenze, di essere espressi. 

Uno studio attuato per valutare i pregiudizi razziali impliciti ha evidenziato come questi nascessero sì da associazioni automatiche, ma ha avvalorato anche la tesi che le persone con alti pregiudizi non riescano ad inibire i pensieri che corrispondono allo stereotipo, mostrando così un mancato controllo deliberativo. 

In seguito ad un’ulteriore indagine del 2003 tenuta da esperti psicologi quali Lambert e alcuni colleghi si è riusciti a comprendere che una maggiore espressione di pregiudizi è associata soprattutto a una diminuzione del controllo cognitivo più che ad associazioni automatiche.

Altri studi hanno indagato i processi sottostanti alla creazione di un pregiudizio. 

Il modello computazionale ha individuato due tipologie di processo decisionale, comparabili ai concetti di automatismo-controllo già citati. La prima modalità è un controllo di natura associativa e abituale completamente priva di un modello sottostante, mentre la seconda è un sistema di controllo basato su un modello, il quale pianifica le azioni da mettere in atto in base all’ambiente circostante e all’obiettivo da raggiungere.

Tramite esperimenti specifici alcuni autori sono quindi riusciti a dimostrare quanto gli uomini ricorrano sia alla modalità automatica che a quella diretta all’obiettivo e che esistono differenze individuali nell’equilibrio delle due componenti  a livello decisionale. 

Pregiudizi palesi e sottili

In aggiunta a quello che è già stato riportato molti autori hanno tentato di capire la natura intrinseca dei pregiudizi. 

Pettigrew e Meertens nel 1995 hanno infatti dimostrato che i pregiudizi possono essere palesi o sottili:

  • I pregiudizi palesi sono descritti come “caldi” e “diretti” e sono caratterizzati da una forte componente affettiva;
  • I pregiudizi sottili, invece, sono descritti come “freddi” e “indiretti” e possono rappresentare una componente più razionale. 

I risultati mostrano che i pregiudizi palesi verso le minoranze sono associati ad un minor controllo deliberativo e a una dominanza del processo decisionale automatico. 

Tali riscontri forniscono alcuni suggerimenti per poter attuare interventi volti a diminuire i pregiudizi in società. Una strategia efficace infatti potrebbe essere quella di indurre le persone e provare empatia, incoraggiandole ad immedesimarsi in una persona “esclusa”. 

L’empatia è infatti, nelle relazioni interpersonali, la principale fonte di accesso al mondo dell’altro e permette una comunicazione che sia efficace e non giudicante.

Rapporto fra pregiudizi e corpi: esperimenti e riflessioni

Il corpo è ciò che vediamo per primo in una persona, ciò che ci si presenta davanti agli occhi tramite la vista, ovvero il nostro senso più immediato. 

Dalla vista noi possiamo dedurre tante cose sul mondo che ci circonda: ma cosa succede se ciò che deduciamo non è la realtà? Cosa succede se il nostro inconscio mette in atto dei pregiudizi nei confronti di una persona solamente in base al suo aspetto?

Uno studio effettuato nel 2018 ha provato a valutare la percezione che le persone hanno del corpo altrui. 

La ricerca inizia con la creazione 3D di 140 modelli corporei sia maschili che femminili: ai soggetti coinvolti nell’esperimento viene chiesto di associare a ciascuno di essi 30 aggettivi relativi alla personalità. 

I corpi più pesanti sono stati costantemente associati a tratti negativi come pigrizia, trascuratezza, negligenza ed incuria; al contrario i corpi più leggeri sono stati spesso correlati a sicurezza di sé ed entusiasmo. 

Inoltre i corpi di donna con forme più femminili sono stati connessi a tratti di personalità attiva come litigiosità, estroversione e irritabilità; di contro i corpi maschili e femminili più “rettangolari” a peculiarità di passività quali timidezza, affidabilità e calore emotivo.

Riflessioni conclusive

Dalle ricerche citate in precedenza risulta evidente come la nostra mente esprima dei giudizi di valore soltanto guardando il corpo della persona che sta di fronte. È tutavia importante comprendere che l’esteriorità di un individuo può non corrispondere all’idea che si è creata di lui o alla sua effettiva personalità. 

È fondamentale capire come la mente funzioni, come operi ed esamini il mondo, al fine di poterla correggere. 

Per poter evitare di ferire le persone con pregiudizi errati bisogna provare a mettersi nei panni dell’altro. Cosa significa? Significa superare la visione del corpo e conoscere una persona per quello che è, ed ha, dentro di sé. 

Bisognerebbe fare un esperimento: chiudere gli occhi e ascoltare. Così potremmo evitare che i pregiudizi che tutti noi abbiamo feriscano o allontanino una persona

Serve andare oltre alla prima impressione, oltre a idee precostituite, perché esse possono essere sbagliate e, soprattutto, possono ferire l’altro.

L’articolo è stato scritto da Federica, volontaria dell’Associazione

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