Affrontare un disturbo alimentare (DCA) può sembrare, agli occhi degli estranei, una cosa abbastanza semplice. La verità è che il disturbo alimentare, quando inizia a manifestarsi, non lascia tregua. Entra in ogni azione quotidiana, lasciando uno strascico di tristezza e inquietudine. Il cibo e il corpo sono gli unici strumenti che si possono gestire per riuscire ad esprimere ciò che si sente e l’idea di dover esprimere a parole i propri sentimenti fa paura.
La cosa importante da capire è che un DCA non si può né affrontare né risolvere individualmente. Ecco perché è necessario chiedere aiuto. Le prime persone che ci vengono in mente quando dobbiamo chiedere aiuto, in una situazione difficile, sono i nostri genitori.
È certo che la cosa non è per nulla semplice e spontanea, al contrario. I genitori, che dovrebbero essere la nostra ancora di sicurezza, spesso potrebbero non accorgersi di quello che succede, potrebbero non capire la nostra sofferenza. Per questo esprimere il nostro dolore a loro risulta difficile tanto da considerarlo a volte inutile.
Chiedere aiuto è il primo passo
Il fatto è che, nel momento in cui prendiamo consapevolezza che qualcosa non sta funzionando, ci tocca farci coraggio e affrontare la situazione.
I nostri genitori ci vogliono bene, ci crescono giorno dopo giorno, nella maniera che ritengono giusta. La maggior parte delle volte ci sentiamo incompresi, sentiamo che il loro approccio nei nostri confronti non è quello di cui avremmo bisogno. È difficile fare i genitori tanto quanto è difficile fare i figli. Ma cercare un appoggio in loro è il primo passo da fare nel momento in cui riteniamo di aver bisogno di aiuto.
E come possiamo fare a fidarci di loro se il rapporto tra di noi è tormentato?
Per quanto possa essere difficile e straziante, alle volte, basta “solo” trovare il coraggio di farlo. I nostri familiari potrebbero non capire, potrebbero involontariamente farci del male con le loro parole facendoci allontanare ancora di più. Ma questo succede perché il dolore è nostro, loro sono solo i protagonisti secondari della nostra storia. Ma non sono gli antagonisti. Cercheranno di proteggerci e aiutarci in qualche modo, ma per farlo hanno bisogno del nostro aiuto.
Far capire che il nostro dolore è valido e reale
Possiamo trovare la forza di esprimere i nostri sentimenti nel momento in cui si innesca quel meccanismo deleterio e malato nella nostra quotidianità.
Quello che sia noi sia le persone a cui chiediamo aiuto devono capire è che il nostro dolore è valido e reale, in qualsiasi forma si manifesti e qualsiasi sia la causa. È necessario trovare l’equilibrio, la sensibilità e l’empatia giusta dove la stiamo cercando.
Il problema non siamo noi, non sono i nostri genitori. Noi non siamo il problema dei nostri genitori e non siamo colpevoli delle loro reazioni e delle loro sofferenze. Noi non causiamo il loro disagio: vogliamo solo che qualcuno accetti il nostro disagio e ci aiuti ad affrontarlo. Per quanto possa essere difficile riuscire a capire e supportare il percorso di una persona che soffre di un disturbo alimentare non ci dobbiamo mai arrendere.
Come faccio capire ai miei genitori che qualcosa non va?
Ci sono molti modi per entrare in contatto con una persona che vogliamo avere vicino.
Quando esterniamo le nostre sofferenze siamo già a metà dell’opera. Tenere dentro i nostri dolori sperando e credendo di farcela da soli aumenterà soltanto il livello di frustrazione, tristezza e impotenza che sentiamo in noi. E con cui ci identifichiamo. Nel momento stesso in cui rendiamo pubblica la cosa si passa alla realtà. I nostri cruci diventano reali e se condivisi possono prendere una strada diversa da quella che stanno percorrendo da tempo.
Non è mai facile riuscire a confidarsi con qualcuno, ma a volte è strettamente necessario. Il primo passo è essere consapevoli di quello che stiamo vivendo. Una volta capito e accettato il gioco è fatto.
E se i nostri genitori non dovessero capire? Se si arrabbiano? Se dovessero sminuire il problema?
Chiedere aiuto è importante per la tua salute, fisica e mentale. Se riceviamo l’attenzione di cui abbiamo bisogno la conversazione sarà costruttiva e punto di partenza per non sentirsi soli. Spiegare cosa succede nella nostra testa quando è quella maledetta vocina a comandare non è semplice. Ma per riuscire a farlo basta esternare i nostri pensieri così come si manifestano.
Se i nostri genitori vorranno capire e starci vicino capiranno. La paura di fallire, di deluderli, di farli arrabbiare, di creare problemi o di non essere capiti è reale. Ma non è vero che sarà così per forza. Nessuno di noi sceglie di ammalarsi, nessuno di noi vuole stare male e farsi scappare la felicità. Forse è proprio la nostra costante ricerca della felicità che ci causa tutto questo disagio. Non è vero che ci comportiamo come dei bambini viziati e capricciosi, non è vero che dobbiamo solo mangiare o mangiare meno per risolvere il problema. I DCA sono disturbi mentali, e quando la mente si ammala la sua guarigione risulta ancora più difficile perché ci ritroviamo in guerra dentro noi stessi.
Ecco perché abbiamo bisogno di chiedere aiuto a qualcuno che ce lo sappia dare. Soprattutto non ci dobbiamo arrendere né al primo ostacolo né mai. È assolutamente possibile che le persone con cui parliamo non capiscano e non comprendano quello che stiamo dicendo. La loro reazione sarà diversa ogni volta. Non vogliamo pretendere niente, vogliamo solo che qualcuno capisca che non stiamo bene. Dovremmo accettare le loro reazioni e le loro emozioni, le loro azioni e le loro parole. Questa è forse la parte più difficile da affrontare se pensiamo di non essere capiti. Essere capiti dalle persone non è una cosa che accade molto spesso; perciò, la cosa importante che ci può veramente aiutare ad affrontare una sofferenza è ricevere l’appoggio dalle persone con cui condividiamo la nostra vita.
Sospetto di soffrire di DCA: come posso parlarne ai miei genitori?
Possiamo analizzare insieme dei piccoli consigli pratici che potrebbero tornarti utili per poter chiedere aiuto ai tuoi genitori.
Eccoli qua:
- Scegli il momento più adatto: scegli accuratamente un momento della settimana o della giornata in cui hai la loro totale attenzione e in cui tu hai più coraggio e ti senti a tuo agio.
- Comunica a loro come ti senti: spiega che stai affrontando un momento difficile e che questo sta avendo ripercussioni sul tuo rapporto con il cibo.
- Utilizza altri metodi: se un confronto diretto ti mette a disagio, potresti provare a scrivere loro una lettera in cui metti nero su bianco come ti senti. Potresti chiedere aiuto all* psicolog*/professore/parente/amic* di cui ti fidi.
È possibile che non riusciremo a trovare appoggio nei nostri genitori, ma questo non svaluta il nostro problema. Se non saranno i nostri genitori a capire non dobbiamo mollare. Ci saranno altre persone pronte ad aiutarci e ad accompagnarci nel nostro viaggio di guarigione. Dobbiamo chiedere aiuto ai professionisti e fidarci di loro. Non tutte le persone sono malvagie. Non tutte le persone vogliono o possono capirci, ma qualcuno pronto e capace di aiutarci esiste per tutti.
Le nostre preoccupazioni sono reali e si meritano di essere comprese e affrontate. Se non saranno i nostri genitori a darci il giusto supporto ci saranno professionisti pronti ad aiutarci, rassicurarci, tranquillizzarci.
Un disturbo alimentare arriva senza volerlo: vorremmo sbarazzarcene ma è così difficile dare un senso a tutto quello che ci circonda. Ricordiamoci sempre, però, che possiamo scegliere di voler guarire.
Cercare aiuto dai genitori, ma anche dai professionisti della salute mentale
Là fuori ci sono tante cose belle che meritano di essere vissute, tante città da visitare e cibi da assaporare in compagnia. Uscire da un disturbo alimentare vuol dire ricominciare ad affrontare la vita, accettare che ci saranno ancora momenti difficili e altrettanti felici. Per tornare a vivere la vita nelle sue mille sfaccettature apprezzando le piccole cose e vivere la vita con una maggiore consapevolezza è importante chiedere aiuto.
Gli aiuti offerti esistono davvero, sia per noi che per i nostri genitori. Quando ci troviamo di fronte a un problema di questo genere tutto il nucleo familiare ne soffre e diventa un partecipante. Ecco che allora la cosa migliore da fare è supportarsi a vicenda e chiedere aiuto insieme.
Si dice che l’unione fa la forza, e in questo caso è estremamente vero.
Il mondo in cui non abbiamo chiesto di entrare è tutto da scoprire. Le cose belle ci sono, forse sono nascoste, forse non sempre riusciamo a vederle. E se solo riuscissimo a vedere di nuovo la bellezza più minima vuol dire che quella maledetta vocina un giorno smetterà di parlare.
E saremo noi ad urlare.
L’articolo è stato scritto da Ilaria e Martina, volontarie dell’Associazione