Animenta racconta i disturbi alimentari – La storia di Beatrice

Ciao mi chiamo Beatrice. Parlare di me credo non sia mai stato il mio forte. Ho sempre avuto un’importante scissione in me tra l’assurda sfacciataggine e la totale insicurezza che celavo con la riservatezza di quelle che per me erano le cose più “intime”.

Lei credo sia la cosa più intima che abbia mai avuto.

Non so con esattezza quando tutto sia iniziato

Gli ultimi due anni sono stati parecchio difficili per tutti. Siamo stati messi di fronte qualcosa di minuscolo, impercettibile, invisibile che può distruggerci la vita a livello fisico, psicologico e sociale.

Un po’ come ha fatto Lei con me.

Un giorno l’ho sentita arrivare e quelle voci hanno trovato spazio nella mia mente e sono piano piano aumentate.

Quelle frasi..

Nel settembre del 2020 ho passato un’estate piena di alti e bassi con le amiche con cui sono cresciuta. Mi sono state dette, da loro stesse, delle frasi che ad oggi, purtroppo, non riesco ancora a ripetere ad alta voce. Erano frasi sulla differenza fisica che c’era tra me e il ragazzo che frequentavo ai tempi.

Quelle frasi hanno dato voce a un’insicurezza già presente in me. Ho scoperto, solo dopo mesi di terapia, che sfogavo sul cibo già da un po’. Riempivo il mio corpo, senza mai saziarmi, di cibo di ogni genere e non sentivo mai quel senso di sazietà che non percepisco più ormai da quasi due anni.

Mi chiedo perché non riesca a ripetere quelle frasi ad alta voce. Credo di non averle esplicitate neanche al mio terapeuta. Mi accorgo di provare vergogna. Di dare ancora tanto peso a quelle parole, di sentirle ancora cucite sulla mia pelle.

Lottavo con me stessa

Da lì a poco è iniziata la più grande lotta contro me stessa. Lo stomaco si chiudeva. Quando mangiavo mi sentivo in colpa e lo sport è diventato qualcosa di vitale per me.

Sono iniziate le corse contro il tempo, letteralemente. Mi alzavo ogni giorno presto, anche quando non avevo nulla da fare durante il giorno, per paura che qualsiasi imprevisto mi potesse togliere del tempo per fare sport.

Ero iscritta all’università. Studiavo canto. Stavo lavorando per realizzare il mio grande sogno: lavorare in teatro.

Ho buttato via qualcosa per cui ho sacrificato me stessa e per cui si sono sacrificati tanto anche i miei genitori per anni.

Non volevo più studiare, né uscire di casa né ricevere ospiti. Volevo solo correre.

Tutto dipendeva da lei

Tutte le mie scelte dipendevano da quello. Ho abbandonato gli studi, allontanato amici e famiglia.

Ho abbandonato quella che era la mia migliore amica da ben 10 anni perché non siamo riuscite ad affrontare questa cosa insieme, ma non le recrimino nulla.

Lei, la malattia, terrorizzerebbe chiunque.

Da lì a poco sono arrivati i dolori alle ossa. I lividi sulla colonna e sulle gambe. Gli psicofarmaci.

I valori del sangue impazziti, l’amenorrea, la perdita dei capelli.

Il numero di volte in cui salivo sulla bilancia aumentava senza un senso. E più quel numeretto si abbassava, più tempo resistevo senza toccare cibo (e di conseguenza, mi sentivo debole), più mi sentivo potente e soddisfatta.

La famiglia

La mia famiglia mi è sempre stata vicina. Mia madre che tentavo di distruggere e di allontanare continuamente, si è accorta subito che qualcosa non andava.

Le mancava sua figlia. La sua bambina che solitamente scherzava, ballava, cantava e inondava la casa con la sua gioia e il suo entusiasmo e ora era andata via, lasciando spazio soltanto a silenzi, assenza e buio.

In soli cinque mesi ho perso molti chili. Ho raggiunto uno stato di malnutrizione. Non sono più riuscita a riconoscere i bisogni fisiologici della fame e della sazietà.

Ho persino fatto un’incidente con l’auto perché non mangiavo da parecchie ore e non riuscivo a ragionare.

Ogni giorno lotto contro la mia testa per mantenerla attiva, ma so che sto richiedendo al mio corpo delle energie che ancora non ha.

Chiedere aiuto

Dopo 5 mesi è stata mia madre a portarmi di forza dal mio terapeuta.

Io non volevo essere aiutata. Avevo paura di ammettere che non ero riuscita a controllare quella che per me era solo una dieta post estate. Avevo il terrore di non vedere più Lei, compagna, migliore amica, angelo, nemica, demone che mi accompagna da un anno e mezzo ormai.

Lei rappresenta la parte peggiore della malattia, un corpo fatto solo di ossa, freddo e senza vita.

Un corpo che mi tiene la mano ogni giorno e mi riempie la testa di voci assordanti.

Una confusione che non ha mai fine.

L’ambivalenza

La sento vicino a me in ogni momento della mia vita. È qui accanto a me sotto le coperte curiosa di vedere cosa scrivo di Lei.

Sento ancora di volerla proteggere, nascondere, preservarla, ma la parte razionale di me sa che non è la cosa giusta.

È forte il bisogno di liberarsi. Voglio vivere appieno e mettere in pratica tutto ciò che ho imparato in questo ultimo anno e mezzo.

Sono cresciuta, diventata più consapevole. Sono l’opposto di quello che ero prima. Ho perso tante persone che non riescono a riconoscere me e i miei cambiamenti, ne ho scoperte di nuove che mi fanno sentire bella e all’altezza per qualsiasi cosa io voglia fare.

Sono cambiata

Quando penso a tutti i cambiamenti, alla nuova me che sto pian piano costruendo e che mi piace un po’ di più, quasi penso che ne sia valsa la pena vivere tutto questo.

Il bisogno di lasciarmi andare diventa ogni giorno più forte. Voglio cucinare quella cheesecake che il mio ragazzo ama tanto senza averne il terrore. Desidero non preoccuparmi dei centimetri di troppo quando lui mi tocca e voglio liberarmi dalla paura di me stessa.

Ho fatto mille passi avanti in questo ultimo anno. Ho abbandonato qualche sintomo e ripreso a mangiare. A volte mi capita di perdere il controllo e me ne vergogno terribilmente. A volte riesco ad ignorare la voce che mi urla che non posso farcela e lascio spazio a quella che mi dice che le mie gambe non cederanno. Io posso continuare a correre. Mi nutro anche degli occhi impauriti e distrutti della mia famiglia che prega ogni giorno che io possa tornare serena.

Vorrei…

Vorrei che il cibo fosse solo cibo e che non mi facesse così paura. E che non mi impedisse di fare le mie scelte, di vivere appieno la mia vita. Forse è ancora presto.

Ma non bisogna mai perdere del tutto la speranza.

Rinascere

Aspetto che Lei bruci e diventi cenere per rinascere da essa come una fenice.

Attendo e spero non stringa più la mia mano ma si limiti a sfiorarla ancora un po’.

Voglio che l’odio e il disgusto verso me stessa lascino spazio all’amore e al coraggio.

Mi impegno, alcuni giorni di più, altri meno. E va bene così.

Una canzone a cui tengo molto dice:

“Voglio ridere senza bisogno di una cura e voglio vivere senza averne più paura”

Auguro a me stessa e a tutti coloro che soffrono di un disturbo del comportamento alimentare di ridere e di vivere di nuovo. Vorrei che un giorno ci svegliassimo e credessimo davvero che ci sia una luce pronta a illuminarci. Mi auguro di nutrirci con essa e di godere di ogni attimo della nostra vita accettando, amando e non sotterrando la parte di noi più “piccola”, che non ha bisogno di Lei per meritare di vivere.

Questo articolo è stato scritto da Beatrice, che ha raccontato la sua storia

Contenuto a cura di Animenta

PASTA DI SEMOLA DI GRANO DURO LUCANO

Rasckatielli

Pasta Secca 500g

Ingredienti: Semola di Grano Duro Lucano del Parco Nazionale del Pollino, Acqua.

Tracce di Glutine.

Valori Nutrizionali

(valori medi per 100g di prodotto)

Valore energetico

306,5 kcal
1302 kj

Proteine

13,00 g

Carboidrati

67,2 g

Grassi

0,5 g

Prodotto e Confezionato da G.F.sas di Focaraccio Giuseppe
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