Utilizzano la realtà virtuale, le nuove tecniche terapeutiche che cercano di curare uno dei più frequenti disturbi alimentari: l’anoressia. Ricorrendo alla realtà virtuale immersiva con l’illusione di incorporamento, il cosiddetto embodiment regala la percezione di possedere un corpo diverso perché consente di immedesimarsi in un corpo visto davanti a sé. Secondo la Società Italiana per lo Studio dei Disturbi del Comportamento Alimentare (SISDCA), in Italia colpiscono ogni anno 8.500 persone. Otto-nove donne su 100.000 si ammalano di anoressia e 12 di bulimia. Tra gli uomini i nuovi casi di anoressia sono 0,02-1,4 ogni 100.000 persone e i casi di bulimia sono circa 0,8.
Realtà virtuale immersiva
Un team di ricercatori dell’Università della Sapienza di Roma della Fondazione Santa Lucia IRCCS guidati da Ilaria Bufalardi è la mente del progetto. Il gruppo ha iniziato con ottimi risultati a lavorare sul problema della distorsione dell’immagine su persone affette da disturbi alimentari. I risultati hanno dimostrato che i soggetti affetti dal disturbo mostravano un marcato disagio alla vista, se pur virtuale, della propria immagine ingrassata.
A tal proposito Ilaria Bufaldrini ha dichiarato:
I risultati mettono innanzitutto in luce l’importanza di focalizzare l’attenzione sugli aspetti cognitivi ed emotivi del disturbo di rappresentazione corporea ma il salto possibile è quello verso l’utilizzo di questo strumento nei futuri approcci terapeutici e di ricerca: abituando le pazienti a un’immagine del corpo sana, rappresentata attraverso la realtà virtuale in un setting completamente controllato, è pensabile favorire l’interiorizzazione di un corpo normopeso e la riduzione dello stress emotivo legato all’aumento ponderale. Passaggi fondamentali nel processo terapeutico di guarigione dalla patologia
Incorporazione virtuale dell’immagine
Lo studio, apparso sul Journal of Clinical Medicine e finanziato da un bando Giovani ricercatori del Ministero della Salute, ha mostrato che nell’incorporare virtualmente l’immagine “ingrassata”, le pazienti affette dal disturbo mostravano un vissuto di marcato disagio.
Durante la fase di test sono stati ricreati tre avatar tridimensionali:
- uno che riproduceva fedelmente la forma e le dimensioni del corpo della persona;
- uno che ne rappresentava una versione dimagrita
- uno che ne rappresentava una versione ingrassata.
Successivamente, le partecipanti hanno indossato dei caschetti per la realtà virtuale attraverso i quali immedesimarsi nei rispettivi avatar. L’embodiment ha poi indotto l’illusione di percepire il corpo di ciascuno dei tre avatar: le partecipanti osservavano un tocco sull’avatar mentre lo stesso tocco veniva effettuato sulla corrispondente porzione del loro corpo reale.
L’utilizzo della virtuale per il trattamento dei disturbi alimentari permette di comprendere in che modo le pazienti si vedono e qual è la percezione che hanno di se stesse ai propri occhi. I pazienti hanno una rappresentazione di sé non fedele al vero. Gli approcci più moderni, come l’embodiment, sfruttano i meccanismi percettivi, cognitivi ed emotivi alla base del disturbo.