Sport e disturbi alimentari: un binomio possibile?

In questo articolo verrà approfondito il tema dei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) in relazione allo sport.

Parte integrante delle nostre vite, lo sport può assumere una duplice funzione per una persona che soffre di DCA: alleato o antagonista.

L’attività fisica, soprattutto in un momento storico in cui il corpo sembra essere il fulcro attorno al quale ruota l’intera società, ha preso sempre più piede.

Essere pigri è diventato un reato. I giorni di riposo devono essere colmati con innumerevoli occupazioni, altrimenti si rischia di essere percepiti come svogliati. Allo stesso tempo è indubbio il beneficio fisico e mentale che lo sport può procurare. 

Questo articolo mira a scavare più in profondità della semplice dicotomiaLo sport fa bene/fa male”, cercando di comprendere il ruolo che quest’ultimo può ricoprire nella quotidianità di una persona che soffre di Disturbi del Comportamento Alimentare, per la quale il discorso si fa molto più complesso e non può essere risolto in maniera semplicistica. 

Quindi: quali sono le conseguenze che l’attività fisica può avere in un individuo in difficoltà che sta cercando di trovare, o ritrovare, il proprio equilibrio per guarire da un DCA? 

Fattori di rischio 

Studi piuttosto recenti dimostrano che oltre il 70% degli atleti professionisti che competono in gare che comportano una classificazione secondo criteri legati al peso, adottano una dieta e comportamenti alimentari inappropriati per perdere massa. Altri hanno riscontrato un’alta frequenza di abitudini non idonee e neppure sostenibili legate al cibo in atleti che praticano sport che enfatizzano la magrezza o un peso corporeo al limite, o anche inferiore, del normopeso.

I fattori di rischio sono evidenti. La nascita di DCA legati alla percezione della propria immagine corporea, e alle performance da essa derivate, spinge innumerevoli atleti ad adottare regimi alimentari severissimi, a svolgere esercizio fisico estremo e in quantità intollerabile dal corpo e può portare perfino all’abuso di sostanze chimiche.

Questi articoli, come sottolineato, si riferiscono ad atleti di élite e di conseguenza il ragionamento potrebbe sembrare più lontano, in quanto chi gareggia in modo professionale rappresenta solo una piccola percentuale della popolazione. Un discorso molto simile, tuttavia, si può estendere anche a tutte le persone “comuni”, cioè quelli che sono chiamati gli amatori, i dilettanti, o chi semplicemente è appassionato ad una determinata disciplina. 

La confusione tra gli amatori

In questa ultima “categoria” di popolazione c’è una grande confusione. Essa forse deriva anche da un’inconsapevolezza di fondo, nel riconoscere quando lo sport sia benefico, rispetto a quando esso si trasformi in una deriva nociva. Tutto, all’apparenza, sembra incredibilmente “fit”, ma in realtà si potrebbe celare sotto la nascita o la reiterazione di un disturbo psico-fisico. 

Spesso, infatti, lo sport viene vissuto in maniera nevrotica. Come fosse un bisogno ossessivo di muoversi, anche a costo di sacrificare momenti di convivialità e ignorare richieste di stop che arrivano dal corpo stesso (segnali quali stanchezza cronica, difficoltà nella concentrazione, insonnia, variazioni ormonali, amenorrea nel genere femminile… tutti sintomi del sovrallenamento).

La vita inizia a ruotare attorno al moto e alla dieta che deve essere “il più pulita” possibile

NO ad un’uscita con gli amici imprevista. NO ad una cena con il proprio fidanzato\a. Ancora NO al riposo. NO ad altre passioni che esulino dal fitness…

Un’ossessione di questo tipo è complicata da trattare perché prima di tutto è molto complessa da riconoscere. Non sono disturbi facilmente identificabili perché atteggiamenti quali iperattività, diete restrittive, forte pressione, competitività ecc. sono spesso classificati come “normali”, e anzi, frequentemente vengono lodati. 

Il rischio che vengano scambiati con della sana dedizione è molto forte. E spesso l’ambiente sportivo porta all’astenersi dal chiedere un supporto per paura di deludere i propri sostenitori, quali i coach o  la famiglia.

Ancora più rischiosa è la reintroduzione dell’attività fisica durante il periodo di guarigione da un DCA. La situazione è molto delicata perchè la persona sta cercando di ritrovare un equilibrio nella propria vita. Il rischio di traslare le proprie paure, insicurezze, manie di controllo ecc. dal cibo allo sport potrebbe dunque essere grande. Per questa ragione è importantissimo essere affiancati da un supporto psicologico che aiuti nell’instaurare un rapporto sano e non nocivo.

Ci vuole tanta sincerità con se stessi e tanto coraggio nel riconoscere eventuali ricadute o nel percepire il farsi strada di pensieri poco salutari che si avvicinano all’ossessione. 

Il “potere curativo” 

Fino ad ora sono stati trattati i rischi legati a questo ambito, e potrebbe sembrare che si stia demonizzando lo sport, ma l’intento non è questo. Anzi! 

Quest’ultimo infatti può avere un potentissimo potere curativo.

Prima di tutto esso può diventare una valvola di sfogo alternativa e più sana. Vi si possono dirigere i pensieri negativi, per imparare a gestirli ed affrontarli. È possibile sfogarsi in un ambiente “controllato”. Contemporaneamente può diventare anche una scuola di valori utilissimi e positivi. 

Il bene verso se stessi

Uno di questi sicuramente il bene verso se stessi: incrementando la fiducia nei propri mezzi e nelle capacità (non solo del corpo ma anche della mente) esso diventa uno strumento per sviluppare una forte fiducia e consapevolezza nella propria persona.

Può rappresentare una leva ulteriore di motivazione nel processo di guarigione: non è raro che una persona che soffra di DCA, spronata dallo sport, aggiunga un ulteriore impegno rivolto alla guarigione proprio per sentirsi di nuovo in forze in vista del suo obiettivo sportivo, o semplicemente per potersi sentire di nuovo in grado di muovere il proprio corpo come faceva in passato e come sogna di fare in futuro. 

L’educazione alimentare

Legato a questo ambito può essere utile anche l’insegnamento alimentare che porta con sé, infatti se praticato nel modo consono, la dieta sportiva insegna a non privarsi di nessun nutrimento, oltre al concetto di mangiare in modo nutriente, equilibrato e soprattutto sostenibile nel lungo periodo.

Integrazione e condivisione

Da non sottovalutare è anche la capacità dello sport di essere uno strumento di integrazione e condivisione molto forte, soprattutto in un momento complicato quale la guarigione, in cui spesso ci si sente molto soli e incompresi. 

L’amplificata possibilità di conoscere nuove persone è di grande aiuto perché queste, anche inconsapevolmente, aiuteranno a divertirsi, pensare ad altro e a stare bene nel presente, al posto di focalizzare ogni energia sul pensiero dell’organizzazione dei pasti o del controllo tipico di chi soffre di DCA. 

Molto più semplicemente, il fare amicizia e creare legami, magari inizialmente spinti da una passione in comune, è qualcosa che porta gioia nella vita di chiunque: gli esseri umani hanno bisogno di relazionarsi con gli altri per stare davvero bene. 

Tirando le somme…

Sport sì o no per chi soffre di un DCA? 

Purtroppo l’unica risposta possibile è la solita e non univoca: il fatidico “dipende”. 

O meglio, a meno che non ci siano gravi problemi fisici che rendono molto rischiosa l’attività (questo sarà solo un esperto a poterlo decretare), lo sport può essere un valido alleato se praticato con l’aiuto di un’equipe adatta

Avere al proprio fianco un allenatore sensibile che sappia riconoscere i campanelli d’allarme è un grande punto di partenza.

In caso di difficoltà potrebbe venire appoggiato da un lavoro di gruppo con psicologi, nutrizionisti e operatori formati per affrontare questo genere di problematiche, in modo da permettere l’allenamento fisico in benessere anche mentale. 

Per questo motivo è molto importante investire sulla formazione di professionisti che non rimangano superficiali di fronte a richieste di aiuto, anche implicite, da parte del proprio cliente, ma che siano pronti a tendere una mano. 

Contenuto a cura di Claudia Anaclerio

PASTA DI SEMOLA DI GRANO DURO LUCANO

Rasckatielli

Pasta Secca 500g

Ingredienti: Semola di Grano Duro Lucano del Parco Nazionale del Pollino, Acqua.

Tracce di Glutine.

Valori Nutrizionali

(valori medi per 100g di prodotto)

Valore energetico

306,5 kcal
1302 kj

Proteine

13,00 g

Carboidrati

67,2 g

Grassi

0,5 g

Prodotto e Confezionato da G.F.sas di Focaraccio Giuseppe
Zona Mercato 85038 Senise (PZ)
P.Iva 01779910767