Ciao sono Giorgia, ho 18 anni, a luglio 19 e circa 2 anni e mezzo fa è iniziato il mio calvario che cercherò di raccontare al meglio, per quanto sia difficile farlo, con lo scopo soprattutto di far sentire un po’ meno sole tutte quelle persone che come me stanno affrontando questa cosa. Persone che purtroppo sono davvero tante… Anzi, troppe.
Nell’estate del 2019 ho passato 10 giorni in Salento. Sole, cielo, mare e tanto buon cibo. Ero via con i miei genitori e l’ho sofferta moltissimo quella vacanza, mi sentivo già grande, e quella situazione di essere lontana da casa, da sola, senza amici e distrazioni mi stava stretta. Senza accorgermene ho messo su peso in quella vacanza e al mio rientro salire sulla bilancia è stato uno shock.
Mi sono subito messa a dieta. Una dieta fatta in casa, che di sano aveva poco e nulla, ma che nell’arco di un paio di settimane mi ha dato dei risultati.
Poi in realtà mi sono abbastanza ristabilizzata. Ho ricominciato a mangiare regolarmente e tutto andava bene. Ai tempi facevo atletica, mia grandissima passione che purtroppo ho dovuto lasciare vista la situazione che si è creata a livello fisico, ma andiamo per ordine. Mi allenavo più volte a settimana e in più andavo anche a giocare a tennis. Insomma, non stavo ferma un attimo.
Ad inizio 2020 stavo davvero iniziando a fare dei bei tempi ad atletica, ero super in forma e avrei potuto ottenere dei risultati ancora migliori.
Così decisi di mettermi un po’ a dieta.
Altra dieta fatta da me, che con l’arrivo del lockdown è diventata un vero e proprio problema.
Ero a casa, non c’era nulla da fare, e così mi sono detta “Perfetto, ora sto attenta a quello che mangio”. Inizialmente ho tolto tutte quelle sfiziosità che vedevo tanto come ostacoli verso l’obbiettivo di avere un bel corpo. Poi piano piano ho iniziato a ridurre anche le quantità dei cibi, e infine a togliere anche gli alimenti di base.
Con l’inizio del lockdown naturalmente anche a livello sportivo ero ferma e quindi mi sono un po’ arrangiata come potevo. Inizialmente facevo un po’ di esercizi in camera, che poi sono aumentati. Alla fine del primo lockdown mi sentivo un fiore, stavo bene, mi vedevo decisamente meglio ed ero decisa a continuare per la mia strada.
A fine giugno sono poi partita per 5 giorni con delle mie amiche.
Sono andata in Liguria e la situazione è precipitata: mangiavo solo l’essenziale, solo ciò che ritenevo “leggero”.
Al rientro da quella vacanza è arrivata la prima perdita di controllo. Ho mangiato un po’ più del dovuto e per me è stato un disastro. Il giorno dopo mi sono rimessa a dieta, in modo ancora più serrato. Il peso continuava a scendere e io non mi bastavo mai, non andavo mai bene.
La mia rovina è arrivata a fine agosto, quando ho trovato nuove soluzioni per rimediare rispetto a ciò che mangiavo. Ovviamente ci stavo male, ogni volta mi dicevo che sarebbe stata l’ultima, anche se poi non andava mai così.
In quel periodo mio fratello non stava tanto bene e io non volevo dare ulteriori preoccupazioni ai miei, così mi sono tenuta tutto dentro, nessuno sapeva di questa cosa, tranne una mia “amica” che però ha preferito tenerlo nascosto ai miei genitori.
Per fortuna verso la fine di ottobre ho avuto il coraggio di chiedere aiuto. Mi ricordo ancora quel giorno in cui dopo essere stata male a pranzo ho mandato un messaggio a mia mamma: “Stasera dobbiamo parlare”. Lei probabilmente tutto si aspettava tranne che io le dicessi questo. La sera effettivamente abbiamo parlato io e lei. Subito si è resa conto che la cosa non poteva restare nascosta in famiglia e mi ha portato in sala a dirlo a mio fratello e mio papà. Io non sapevo come esprimere quello che provavo, come stavo…
Un male troppo grande per essere effettivamente espresso a parole.
E poi devo ammettere che in quel momento non ero molto cosciente della situazione. Sapevo che mi serviva aiuto, ma non sapevo cosa mi servisse. Mio papà non capiva, probabilmente gli sembrava impossibile che la sua bambina stesse così male e che lui non potesse far niente. Questo senso di impotenza che lui ha sempre provato davanti a questa situazione è stato un grosso ostacolo. Molte volte mi sono sentita sbagliata e incompresa da lui, ma tutto sommato so che ha reagito così perché mi vuole un bene dell’anima e voleva solo poter fare qualcosa lui.
Mio fratello invece ha capito subito che mi serviva una mano, una mano di uno specialista, perché da sola non ce l’avrei fatta.
Nel giro di un paio di settimane ho iniziato ad andare in terapia. Ho fatto un anno di EMDR: una terapia che mi ha fatto scoprire un sacco di cose della mia persona, ma che purtroppo non serve per curare i disturbi alimentari. Cercavo le cause di questo mio enorme problema e, mentre le cercavo in queste lunghe sedute molto pesanti a livello mentale, la mia situazione peggiorava e io stavo sempre peggio, sempre più frequentemente.
La corsa? Penso sia stata la cosa che mi ha salvata in quel momento. Mi sentivo libera quando correvo. Buttavo fuori tutto quel nervoso che avevo dentro ed era una vera goduria. Il problema è che correvo troppo e mi nutrivo troppo poco.
A fine febbraio 2021, dopo un incontro con la mia psicologa, mia mamma ha provato a chiedere se fosse il caso di essere seguita anche da una dietista, visto che la situazione stava decisamente sfuggendo di mano. Lei effettivamente ha confermato che era sì, era il caso.
Pronti, via. Il venerdì ho fatto questa visita.
Prima di vedere questa dottoressa ho fatto degli esami del sangue e un elettrocardiogramma. Avevo i valori sanguigni un po’ sballati e l’elettrocardiogramma segnava 33 battiti al minuto. La dottoressa mi ha detto di ringraziare di essere ancora viva, e poi ovviamente mi ha detto che non potevo più correre e che dovevo iniziare a mangiare quello che diceva lei.
Un incubo. Io preoccupatissima, i miei genitori anche, e così siamo corsi a fare una visita cardiologica d’urgenza.
La buona notizia? Sono leggermente bradicaridica, quindi ho il battito del cuore un po’ rallentato, anche se di fatto quei valori erano dati soprattutto dal fatto che non stessi bene. Comunque il cardiologo mi aveva detto che, se fossi riuscita a stare dietro alla dieta, piano piano avrei potuto riprendere la corsa.
Il giorno dopo ho ricominciato come prima. Finalmente. Dopo 5 giorni che non correvo mi sembrava di rinascere. Inutile dire che però quella dieta che mi aveva dato non l’ho minimamente seguita e che nell’arco di un paio di settimane ho ricominciato il mio tran tran.
Ho tirato avanti per un bel po’ di mesi, finché non è arrivata l’estate e con essa le varie proposte dei miei amici di uscire e fare mille cose.
Io, sempre stata amante della vita, mi sentivo prigioniera.
Non potevo fare nulla, ogni minima cosa fuori posto mi faceva impazzire.
Ho comunque rischiato e sono partita 4 giorni con dei miei compagni di classe, che probabilmente non sapevano neanche bene loro come gestire la situazione. Ho passato più tempo a piangere che a ridere in quei giorni. In più io vivevo un po’ la mia vita. Alle 6 di mattina mi alzavo, facevo le mie cose e poi piangevo per tutto il giorno, perché stavo male, stavo dannatamente male.
Dopo quei 4 giorni mi sono resa conto anche che non sarei potuta partire per quella famosa vacanza a Gallipoli che avevo organizzato con i miei amici. Quella vacanza che era per me la prima prova di indipendenza e libertà e che ho dovuto saltare anche a causa di questi miei “amici” che si sono rivelati davvero poco disposti ad aiutarmi. Mi hanno completamente abbandonata nel periodo più difficile della mia vita. Per loro una serata in discoteca valeva molto di più, e così sono partiti, sostenendo che quella situazione non potevano gestirla. Io da quel momento non li ho più sentiti.
Un gruppo di 10 ragazzi di 18 anni che io credevo i miei grandi amici e che mi hanno completamente voltato le spalle. Vi lascio immaginare come sono stata. Ho passato 2 settimane totalmente disperata, è stato più o meno da quel momento che la situazione è totalmente degenerata.
Secondo i dottori andavo avanti per inerzia, perché di fatto io le energie per fare tutto ciò che facevo non le avevo.
Verso metà agosto ho fatto una visita in un ospedale a Milano.
Qui mi hanno prescritto degli psicofarmaci: ormai non ce la facevo più da sola. Ho iniziato questa cura che nel mio caso specifico non ha portato grandi benefici. L’obiettivo era tentare di calmarmi, ma io zero, era come bere acqua. Quel giorno la dottoressa ci ha detto chiaro e tondo che dovevamo rivolgerci a un centro per disturbi alimentari e così, ad inizio settembre, abbiamo fatto.
Ma quest’esperienza non ha purtroppo avuto gli esiti sperati. In tutto ciò io stavo dietro anche alla scuola. Mi è anche capitato di scoppiare a piangere in classe davanti ai miei compagni, con un imbarazzo a dir poco enorme, perché sapevo che in quei momenti non ero io.
Non avevo più vita sociale, zero uscite, zero di qualsiasi cosa, c’eravamo solo io e la mia malattia, che mi aveva portata a un punto ormai apparentemente irrecuperabile.
15 dicembre 2021: grazie a un’ amica di mio papà ci mettiamo in contatto con uno psichiatra che lavorava tra Roma e Londra.
Un uomo molto in gamba che, date le circostanze, mi ha potuta vedere solo in videochiamata, ma che ha capito subito la complessità della situazione. Ha voluto parlare con i miei. Ci ha detto chiaro e tondo che se non fossi stata ricoverata io la mia vita che tanto amavo l’avrei persa. Su due piedi ci ha proposto una clinica a Pescara, dall’altra parte dell’Italia… Uno shock, non ce lo aspettavamo.
Io stavo talmente male che ho implorato i miei che mi mandassero, non ce la stavo davvero più facendo. Stavamo quasi per mandare i documenti al responsabile di questa struttura, quando a mia mamma è venuto in mente che tempo prima la mamma di una ragazza che faceva atletica con me e che aveva sofferto di anoressia le aveva lasciato il numero di una dottoressa di Milano, che le aveva aiutate moltissimo. Erano circa le 9 di sera del 16 dicembre quando mia mamma ha chiamato questa dottoressa, le ha spiegato la situazione e lei di corsa ha voluto vedermi la mattina dopo. Sono andata a Milano a fare questa visita e anche lì la dottoressa ha parlato chiaro: rischiavo l’infarto da un momento all’altro e senza un ricovero non avrei potuto farcela.
Inizialmente mi hanno detto che mi avrebbero ricoverata il 28 dicembre in una struttura a Genova, ma già nel pomeriggio la dottoressa ci ha ricontattate dicendo che sarei entrata il 21: anche se era prima delle festività, c’era in gioco la mia vita e non potevamo aspettare.
Così il 21 dicembre 2021 sono entrata a Villa del Principe, a Genova.
La struttura che mi ha salvato la vita. Sono stata seguita da una psicologa che tutt’ora mi segue e a cui io devo proprio la mia vita, mi ha capita e aiutata tanto tanto e piano piano siamo riuscite a raggiungere dei grandi traguardi. Le dietiste erano sempre presenti durante i pasti, grande aiuto, e in generale tutto il personale è stato molto presente.
Ho conosciuto ragazze splendide, forti come dei soldati, che apparentemente sembrano persone comuni, ma che hanno una storia e un passato che le ha rese straordinarie. Ragazze che non mi dimenticherò mai, e che mi hanno accompagnata nel mio percorso verso la rinascita. Sarei dovuta uscire il 22 marzo 2022, ma, un po’ stupendo tutti, ho fatto un percorso straordinario. Quasi anticipavo le sedute di psicoterapia facendo un sacco di cose da sola e lavorando tanto su me stessa. Ho capito quali fossero i meccanismi che scatenavano quel mio grande malessere e sono riuscita a lavorarci.
Così il 15 febbraio sono uscita da Villa del Principe e sono tornata nella mia casetta qui vicino a Monza. Ho riabbracciato i miei genitori che, anche per il Covid, ho visto solo 1 volta in questi 2 mesi. Ho riabbracciato i miei amici, i miei parenti e la mia cagnolina, Pesca, che mi ha accolta con un entusiasmo da far paura e mi sta aiutando tanto a superare questa fase difficile, perché si, nonostante io stia meglio, devo ancora lavorare su tante cose e non posso ancora dire di essere a posto.
Ci sono molte giornate in cui ancora faccio molta fatica, ma rispetto a prima almeno sono tornata a vivere.
Riesco a uscire con i miei amici, a ridere, a scherzare e a fare altre mille cose che prima me le sognavo proprio. Sto pian piano riprendendo in mano la mia vita e sono sicura che ce la farò. Sarà lunga, ma dopo tutto quello che ho passato questo è davvero niente! Ho un sacco di amici, ma non come quelli che nel momento difficile sono scomparsi. Amici veri, che ogni giorno mi stanno vicini e mi accompagnano in questa lunga grande battaglia. Ho un ragazzo che mi fa sentire amata più che mai e soprattutto ho i miei genitori. Non li ringrazierò mai abbastanza… Loro che mi hanno aiutata in ogni singolo momento, che hanno sofferto con me, e, nonostante la situazione che davvero era molto più complicata di quanto possiate immaginare, non mi hanno lasciata sola un attimo. Sono la mia grande forza ed è grazie a loro se oggi sono ancora qui.
Non ringrazierò mai abbastanza anche tutti i dottori che mi hanno supportata, che hanno creduto in me e che mi hanno dato la spinta nei momenti di crollo, sono stati essenziali. Quindi grazie, grazie a mamma Betty, papà Giuliano, a mio fratello Paolo, a Simo, a Sara, a Davide, a Emma, a Gaia, a Elena, a Christian, a Valeria, a Maddalena, a Giada, a Chiara, a Mattia e a tutte quelle altre mille persone che ci sono state. Ma il grazie più grande lo devo a me stessa, che non ho mollato, che sono stata cazzuta e ho lottato fino alla fine, perché non potevo accontentarmi di sopravvivere, ma dovevo tornare a vivere, e così ho fatto.
Ed è stata la cosa più bella che potessi fare per me. Quindi ora devo continuare lungo questa strada, non mollare.
Mi hanno detto che la strada sarà lunga… E allora? Va bene! Ce la farò lo stesso e arriverò a vedere grandi tramonti e a realizzare tutti i miei sogni nel cassetto, anche se quello più grande l’ho già realizzato. Sono tornata a vivere.
L’articolo è stato scritto da Giorgia, che ha raccontato la sua storia