Animenta racconta i disturbi alimentari – La storia di Lorenza

Un giorno, durante una passeggiata in montagna, una ragazza arriva ad un bivio… 

Non avendo una mappa o un qualunque tipo di indicazione, prende una delle due strade senza sapere dove l’avrebbe portata. 

La strada si dimostra essere molto frammentata, e così cade in una buca. 

Non sa come uscirne e rimane bloccata inerme e in attesa che qualcuno la tiri fuori.                                                                                                              

Il giorno seguente decide di fare nuovamente una passeggiata in montagna e riprende lo stesso sentiero quasi inconsapevolmente; cade nella medesima buca, si agita, attende, ma questa volta decide di provare ad uscire da sola. 

Il terzo giorno la ragazza ritorna al bivio, si ferma, respira, ma questa volta decide di prendere il sentiero opposto”.

Questa è una metafora che racconta il cammino tortuoso che può portare alla guarigione dei Disturbi Alimentari. 

Ovviamente non si tratta di tre giorni, tre mesi o tre anni, per ognuno di noi il percorso è più o meno lungo, ma questa storia ci aiuta a capire che l’inizio della vera guarigione arriva quando ci rendiamo conto di essere caduti, prendiamo consapevolezza di ciò che ci sta accadendo e decidiamo di agire.

Mi presento 

Mi chiamo Lorenza e sono più di dieci anni che soffro di Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA). Non posso dire di essere guarita totalmente, ma mi trovo in uno stato di piena consapevolezza di me stessa e ogni giorno lotto per essere più forte

Era l’estate del 2011 quando quella vocina si insinuò dentro la mia testa. 

Sono sempre stata una bambina timida ma consapevole, di buona forchetta, ma mai sovrappeso. 

Purtroppo però l’estetica e l’ossessione che ne è derivata si è insidiata nella nostra società, e nella mia mente, in maniera preponderante. Da ragazza spensierata e con la gioia negli occhi, ad un certo punto non andavo più bene.

Mi veniva fatto notare ciò che mangiavo anche dai miei genitori, venivo analizzata da un punto di vista estetico e non. A danza, lo sport che praticavo con più passione, iniziavo a non sentirmi più a mio agio. Non sto qui ad approfondire le ragioni che hanno dato il via in me a questo incubo, ma ci tengo a precisare che ciò che ci porta ad avere questa malattia, perché deve essere considerata come tale, non riguarda solo l’estetica e il rapporto con il nostro corpo. Ci sono dei meccanismi più profondi e delicati che a volte, in modo superficiale, non vengono presi in considerazione. 

La caduta nella prima buca 

Da quel giorno, in quell’estate calda, iniziò un punto di non ritorno. Ho cominciato con l’anoressia. 

La restrizione alimentare, lì per lì, mi faceva sentire apparentemente meglio. Più mi si faceva notare la mia estrema magrezza, più io ero soddisfatta e felice. Era diventata quasi una sfida con me stessa e con gli altri quella di essere molto magra. Sembravo quasi felice. E quel “quasi” fa tutta la differenza del mondo.

Essendo giovane e ancora immatura, nonostante una difficoltà di tale portata dentro di me, non ho mai chiesto aiuto e per le persone che mi amavano era difficile capire come prendere questa patologia e come aiutarmi, nonostante fosse palese il dolore che stavano provando. Purtroppo si tratta di una malattia di cui si parla poco e in maniera superficiale, e solo ora riesco a comprendere la difficoltà che possono aver avuto i miei genitori nell’affrontarla. L’anoressia portò con sé degli effetti collaterali devastanti come l’assenza di ciclo per più di cinque anni, la perdita di capelli, la pelle spenta. 

Non ero più io. 

Quella bambina spensierata e con la “gioia di vivere” (così mi aveva definito una mia insegnante) aveva lasciato il posto ad una ragazza dal sorriso apparente, colma di tristezza nel cuore

Da ragazza disordinata, creativa e con la testa fra le nuvole, ero diventata perfezionista, ossessionata, con la mania del controllo su ogni cosa: studio, casa e ovviamente cibo.                

L’inganno della medesima buca

Dopo cinque anni di calvario, il secondo anno di università decido di trasferirmi a Milano, questo avrebbe potuto segnare una svolta nel mio cammino? 

Continuo i miei studi e nel frattempo inizio a lavorare part-time per pagarmi l’affitto. 

Il peso però continua a scendere, essendo il mio stile di vita diventato ancora più dinamico: lavoro, studio e sport eccessivo. Qui inizia la seconda e quasi più dolorosa fase della mia esistenza: la bulimia.  

Era come se il mio corpo mi chiedesse aiuto, non era più in grado di controllare tutto, e così iniziai a perderlo quel controllo. 

Cominciarono prima le abbuffate compulsive, con conseguente senso di colpa ed eccessive restrizioni, a cui seguivano anche altri mezzi di compensazione.        

Non volevo più vedere nessuno, neanche la mia famiglia. 

Mi rifugiavo nel lavoro, nelle mie abbuffate bulimiche e nel dolore. 

Stavo male, stavo distruggendo il mio corpo.        

Il coraggio di imboccare il sentiero opposto                                                                       

Una sera di fine giugno però ho deciso di dire “BASTA”: chiamai mia madre in lacrime, senza spiegare esattamente la situazione che si era creata, ma lei capì tutto dal mio silenzio e dalle mie lacrime. 

Quella fu la prima volta in cui chiesi esplicitamente aiuto e iniziai a farmi curare

Tornai a casa dei miei e iniziò così il mio percorso psicoterapeutico e psichiatrico. Non ho paura ad affermarlo. Non bisogna averne.

Non è stato sicuramente costante né lineare, è stato difficile, molto difficile, con cadute una dietro l’altra. 

Un percorso che mi portò via cinque anni e in cui comunque mi ritrovo ancora oggi.      

Quello che vi voglio dire è che è vero, il percorso di guarigione è talmente lungo che sembra faticoso stare al passo, ma vi posso assicurare che alla cima della montagna spesso ci si arriva attraverso una salita tortuosa.    

Non abbiate paura di chiedere aiuto. 

Le persone che amate, anche se magari a volte sbagliano e in passato hanno commesso errori, sono lì pronte a darvi una mano. Così è stato per me.

A seguito di tutto questo, quello che mi sono promessa è di aiutare con il mio percorso altre persone che stanno soffrendo come ho sofferto io. 

Perché insieme siamo sempre un pochino più forti.

L’articolo è stato scritto da Lorenza, che ha raccontato la sua storia

Contenuto a cura di Animenta

PASTA DI SEMOLA DI GRANO DURO LUCANO

Rasckatielli

Pasta Secca 500g

Ingredienti: Semola di Grano Duro Lucano del Parco Nazionale del Pollino, Acqua.

Tracce di Glutine.

Valori Nutrizionali

(valori medi per 100g di prodotto)

Valore energetico

306,5 kcal
1302 kj

Proteine

13,00 g

Carboidrati

67,2 g

Grassi

0,5 g

Prodotto e Confezionato da G.F.sas di Focaraccio Giuseppe
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