Partiamo dall’inizio e quindi dal cercare di capire cosa sia il fenomeno del body shaming, di cui molto spesso sentiamo parlare. Il body shaming è la pratica di commentare, giudicare e condannare il corpo e l’aspetto fisico delle persone. Tale termine è entrato nel nostro vocabolario da diversi anni ma, in quanto fenomeno, esiste da sempre.
Analizziamo il termine: “shame” significa “vergogna”, e se pensiamo al verbo equivale a “generare vergogna, umiliare” – ecco perché, tradotto in italiano il termine indica proprio il fenomeno con cui si fa vergognare qualcuno per il suo corpo.
Si rimane nella superficialità di un corpo che si pensa sia lecito poter giudicare, non prendendo minimamente in considerazione le conseguenze dietro a quel giudizio.
“Ti vedo dimagrit*” è già questo un esempio di body shaming; perché quella persona è dimagrita? Se non sappiamo nulla di quella perdita di peso, la cosa migliore è tacere. Non sappiamo come quella persona può reagire a una affermazione simile.
“Fossi in te non mangerei quel pezzo di torta. Dovresti evitare, stai diventando una balena” e ancora un commento non richiesto, sia su quello che l’altro vuole mangiare, sia sul fatto che sia ingrassato. Doppio giudizio che non abbiamo nemmeno idea di cosa può scatenare in quella persona. Magari menefreghismo, magari invece pensieri sul fatto di essere stata definita “una balena”. Rispetto a chi, a cosa, a quali standard? E perché, soprattutto, ci si prende il diritto di sentenziare?
“Dovresti andare in palestra, guarda che braccia esili che hai… e sei un uomo!” Esempio di body shaming, rivolto agli uomini e allo stereotipo di uomo “macho”, che passa ore e ore in palestra e con i muscoli ben in vista. Parliamo di stereotipi appunto, perché ogni persona ha una sua costituzione fisica, così come passioni e interessi che possono essere altri dall’attività fisica. Se un uomo non ha voglia di andare in palestra, o magari lo fa ma ha difficoltà a mettere massa, cosa importa a chi lo guarda se non ha quei muscoli in vista?
Commenti poco sensibili, apparentemente anche innocui, ma che non tengono assolutamente conto della persona in quanto singolo, con tanto di emozioni, pensieri e soprattutto reazioni. Sono molte le persone che hanno una bassa autostima o che non vivono bene nel loro corpo: questi commenti possono peggiorare la loro situazione psicofisica o portare a rimuginare su quanto gli è stato detto.
Rispondere per sensibilizzare
Rispondere a questi commenti è importante per contrastare il dilagare di questo fenomeno e far sì che sempre più persone diventino consapevoli di quanto l’uso di certe frasi e parole possa avere un impatto negativo su chi le riceve.
Per quanto possa essere difficile e talvolta complesso reagire in queste situazioni, è necessario affinché si riesca davvero a sensibilizzare su questo tema, anche coloro che per mancanza di conoscenza e/o ignoranza non ci hanno mai prestato particolare attenzione. Invece di rimanere in silenzio e fingersi indifferenti e superiori con il rischio di rimuginare su quanto ascoltato, possiamo prendere esempio da personaggi “famosi” che hanno affrontato pubblicamente il bodyshaming (ne sono un esempio tra tanti Elodie, Vanessa Incontrada e Giovanna Botteri, le cui parole circa gli attacchi al loro aspetto fisico e il sessismo nel mondo dell’informazione risuonano ancora nelle nostre orecchie), utilizzando la nostra voce per diffondere un messaggio alternativo.
Il body shaming nei social
Il body shaming è a tutti gli effetti una forma di bullismo e cyber-bullismo.
I social hanno sicuramente incentivato il fenomeno. Quando siamo infastiditi o intimiditi da qualcuno critichiamo il suo aspetto perché questa è la prima arma di difesa che abbiamo e la più facile da utilizzare; se poi a nasconderci c’è lo schermo di un pc o di uno smartphone tutto diventa più “semplice in quanto ci si sente più forti e legittimati a farlo.
Viviamo in un’epoca segnata dal culto dell’immagine, del vedere e dell’essere visti. Basta scorrere la pagina di Instagram per imbattersi nelle foto di persone (magari anche photoshoppate), sentirsi inadeguati rispetto a quanto osservato e pensare “Perché io non riesco ad avere quel fisico?” – “Perché lei/lui sì e io no?”.È qui che dovrebbe partire il nostro impegno più grande: non confrontiamoci con gli altri; non aspiriamo a quello che ha qualcun altro e noi no; non desideriamo il cambiamento di parti di noi (soprattutto fisiche)… accettiamo serenamente noi stess*!
Chi colpisce il body shaming
Chi sono le vittime del body shaming? Purtroppo chiunque:
- Persone con i corpi considerati “grassi”, che sono sottoposti quotidianamente e commenti, critiche, giudizi
- Corpi tatuati, con smagliature, con disturbi alimentari, con malattie della pelle
- Transgender, ad esempio per il loro modo di vestire.
- Corpi non-conformi
Una ricerca condotta con ragazzi tra i 10 e i 17 anni ha mostrato risultati sorprendenti: nessun adolescente viene risparmiato dal body shaming, con commenti che spesso arrivano tutti i giorni, dai coetanei soprattutto ma anche dai giovani più grandi o dagli adulti.
Le conseguenze
Tutto questo porta ad un rapporto difficile con il proprio corpo. Gli adolescenti dichiarano di non riuscire a guardarsi nudi nemmeno se sono da soli (figuriamoci di fronte a un partner), con conseguente focus sul peso corporeo, sull’aspetto di gambe, braccia e fianchi e sulle caratteristiche o difetti del viso.
A livello emotivo prevalgono insicurezza, imbarazzo e disagio.
Si assiste ad una vera e propria auto-oggettivazione degli individui che adottano quindi una visione di sé stessi come oggetti il cui valore è basato sull’aspetto esteriore e su quanto questo soddisfi standard estetici dominanti.
E proprio per allinearsi a questi standard può capitare che le immagini rese pubbliche nei social siano in realtà modificate, ritoccate, piene di filtri, in modo da essere in linea con quanto pubblicato anche dagli altri. Meccanismo, questo, che rende le persone più sicure di se stesse, in quanto “simili” agli standard, soprattutto estetici, del momento ma che, in realtà, oggettivizza la persona e la rende schiava di un mondo di apparenze e priva di quelle caratteristiche strettamente personali che rendono unico ognuno di noi.
Di fronte a un corpo che cambia, fortunatamente, ci sono anche adolescenti che si mostrano curiosi, felici ed eccitati per essere diventati grandi.
Cosa succede in questi giorni
Margot Robbie e Dua Lipa sono state oggetto di commenti sui loro corpi in costume.
La notizia è virale; ecco perché capiamo che siamo ancora ad un punto morto rispetto all’evolversi del fenomeno. C’è ancora l’idea di poter commentare i corpi delle altre persone, per come appaiono e si mostrano.
Le due donne sono state ritratte in contesti differenti ma nella medesima situazione: in costume da bagno. Gli utenti dichiarano che “Margot Robbie e Dua Lipa con i loro corpi hanno deluso le aspettative”. Si parla di corpi flaccidi, si consiglia una visita dal chirurgo… si fa, fortunatamente, anche notare che il fatto è assurdo.
Entrambe non hanno minimamente dato adito a questi commenti. Il punto però è un altro, e di fondamentale importanza: nessun corpo deve nulla a chi lo guarda. Ogni persona, è libera di mostrarsi come vuole, come preferisce e come si sente bene con se stessa. Ogni corpo va rispettato, in primis da noi stessi, ma anche dagli altri; astenersi dai giudizi è il consiglio più grande che sentiamo di poter dare, ricordando che ogni corpo esiste al di là delle aspettative estetiche.
Cosa possiamo fare?
Considerando la grande diffusione del fenomeno body-shaming è essenziale intervenire agendo su più livelli.
Attraverso interventi di prevenzione collettivi, rivolti soprattutto agli adolescenti, è possibile diffondere una cultura che miri all’accettazione delle differenze individuali e all’inclusività e a rendere il mondo social uno spazio di dialogo e di trasmissione di un messaggio alternativo.
A livello familiare è importante che i genitori educhino i loro figli ad un utilizzo corretto e limitato dei social network. I ragazzi dovrebbero essere sensibilizzati a contenere le immagini pubblicate, a non giudicare gli altri (soprattutto pubblicamente) e, soprattutto, a non dipendere dall’accettazione o meno di quelle foto da parte degli altri. L’aspetto emotivo è anche molto importante e i genitori non dovrebbero minimizzare quanto accaduto, anzi ascoltare e supportare i propri figli, incentivando la loro autostima (non basata solo sul fisico ma anche sulle altre qualità possedute).
A livello personale possiamo lavorare in due direzioni: verso gli altri, spostando la nostra attenzione dall’aspetto fisico e focalizzandoci sulla persona nella sua interezza, preoccupandoci di come sta e notando altri aspetti (sorride o ha uno sguardo preoccupato? è sereno in famiglia e soddisfatto del lavoro? Si sente a proprio agio o posso fare qualcosa per aiutarlo?). Per ultimo, ma non meno importante, è necessario partire da se stessi. Imparare ad apprezzarsi a 360 gradi, lavorando sulla propria autostima e riconoscendo il proprio valore e ridimensionando l’importanza che viene attribuita al mondo dei social e alle immagini che vi vengono proposte.
Articolo a cura di Federica Lupi e Francesca Murina