DCA e psicofarmaci: portare un peso per volta si può

Lo scorso 27 ottobre, Mario Russo e Viviana Vannucci, dietisti, Dottori in Psicologia Clinica, specialisti in disturbi del comportamento alimentare (DCA) e fondatori dell’Associazione ADEPO hanno organizzato sul loro profilo Instagram @oltreladieta una diretta con un’ospite speciale, Serena Saraceni (psichiatra presso il Centro di Salute Mentale di Reggio Emilia e referente del Centro per i disturbi del comportamento alimentare di Reggio Emilia, nonché esperta in yoga e Intuitive eating).

L’obiettivo: approfondire un tema molto delicato che la stessa Viviana ha definito “scottante”, ovvero la terapia farmacologica.

Psicofarmaci: demoni o panacea? Nessuno dei due

Quando si parla di psicofarmaci, la tendenza più frequente è quella di demonizzarli. Spesso non vengono considerati per quello che effettivamente sono. Ovvero dei farmaci che, come tutti gli altri, devono essere utilizzati con criterio e cognizione di causa, valutando benefici ed effetti collaterali.

Allo stesso tempo vale anche il discorso opposto: gli psicofarmaci non rappresentano delle pozioni magiche in grado di fare miracoli.

Pregiudizi e Paure

Spesso tra il paziente e la scelta di ricorrere, quando necessario, ad una terapia farmacologica si interpone un velo fatto di paura e pregiudizi.

Quando si sente nominare la parola “psichiatra”,  gli occhi si sgranano e il cuore inizia a battere più forte. Non ci si vuole sentire strani, diversi.

Non ci si vuole sentire etichettati. Ed ecco che ritorna lo stigma.

Eppure una visita psichiatrica non è nient’altro che una comune visita dal medico. Un medico che, anziché occuparsi prettamente del corpo, interviene sulla psiche. 

Sicuramente informare e sensibilizzare su questo tema potrebbe rendere più semplice l’integrare nella terapia uno strumento in più, che in molti casi si rivela fondamentale.

Qualche nome

Nel corso della diretta, Serena fornisce una panoramica degli psicofarmaci utilizzati per quanto riguarda i disturbi del comportamento alimentare, evidenziando come in realtà la scelta del farmaco dipenda dal disturbo in questione. 

Innanzitutto è necessario operare una distinzione tra anoressia e bulimia nervosa.

Nel primo caso non esistono psicofarmaci specifici in grado di agire direttamente sui sintomi del disturbo. All’interno della letteratura scientifica viene menzionato un farmaco, l’Olanzapina, che contribuisce a favorire il raggiungimento del peso di sicurezza.

Nelle situazioni più a rischio (malnutrizione e peso molto basso), il farmaco, insieme alle indicazioni di dietoterapia e alla psicoterapia, può aiutare a raggiungere una condizione in cui il rischio fisico è inferiore. 

Contrariamente a quanto accade per l’anoressia, per la bulimia nervosa esiste invece un farmaco specifico.

Esso appartenente alla classe degli SSRI (inibitori della ricaptazione della serotonina), la Fluoxetina, che in questo caso può aiutare a bloccare la spinta verso un forte impulso all’abbuffata. 

In letteratura esistono, seppur in misura inferiore, anche degli studi sul Binge Eating Disorder (o Disturbo da alimentazione incontrollata), per cui si raccomanda sempre l’utilizzo degli SSRI, indicando questa classe di antidepressivi senza però indicare farmaci specifici.

Intervenire sulle comorbidità

Più che per il disturbo alimentare in sé, nella maggior parte dei casi si decide di optare per un supporto farmacologico per far fronte alle comorbidità associate al disturbo stesso.

Secondo uno studio del 2016, la frequenza di comorbidità nei disturbi alimentari si aggira tra il 50 e il 70 % e comprende principalmente i disturbi dell’umore, della personalità e i disturbi d’ansia.

Qual è l’utilità della farmacoterapia?

La scelta di adottare un farmaco mira ad agevolare il paziente nella gestione del sintomo consentendogli di affrontare con minore fatica le difficoltà della vita quotidiana e a non perdere aderenza con la psicoterapia e con la terapia nutrizionale. Piuttosto che far sopportare alla persona in questione sia i sintomi del disturbo in comorbidità sia quelli del DCA, si cerca di ridurre l’intensità dei primi, in modo da poter lavorare sul disturbo alimentare nel modo più tranquillo possibile. 

La recovery non è una strada perfettamente livellata.

Al contrario, è una strada fatta di rettilinei e di curve tortuose, di ripide salite e di brusche discese. Ma, come ricorda Viviana, ciascuno degli ostacoli che il paziente incontra durante il proprio viaggio fa parte del percorso di cura. E le difficoltà possono a volte essere lette anche come delle opportunità, in quanto consentono di lavorare più da vicino su alcuni aspetti legati al disturbo.

Resistenza al farmaco: cos’è che fa paura?

Un aspetto che va assolutamente preso in considerazione e sviscerato insieme ai relativi professionisti è la resistenza al farmaco.

Nel caso specifico dell’anoressia, ad esempio, è molto frequente la paura di perdere il controllo sul proprio peso e di vederlo aumentare in seguito all’assunzione della molecola.

Una paura legittima, perfettamente in linea con il meccanismo che regola il disturbo.

Una paura che può essere affrontata insieme al terapeuta e allo psichiatra. Si può contare sul loro supporto e sulla possibilità di riflettere anche rispetto a quali potrebbero essere i vantaggi del ritorno al peso di sicurezza, a ciò che l’anoressia nervosa ha portato via con sé e che potrebbe essere riconquistato attraverso il raggiungimento di questo obiettivo.

Anche solo la piacevolezza di una passeggiata in pieno inverno. Un’attività che può sembrare scontata, ma che in presenza della malattia non lo è affatto e che spesso costringe a chiudersi in casa a causa di un aumento della sensibilità al freddo.

Familiarizzare con il tema “peso”

Fondamentale in questo senso è avviare un lavoro di familiarizzazione con il tema “peso”.

Come sottolinea Viviana,  parlare di “aumento di peso” non è poi così corretto.

Lo è per la matematica, ma non per l’essere umano, che si riappropria semplicemente del peso che avrebbe avuto se la patologia non gliel’avesse portato via. Che rientra in possesso di un pezzo di vita, perché il peso è un un pezzo di vita e il corpo è lo strumento che ci consente di essere nel mondo in cui siamo immersi. 

Un’altra paura molto comune si lega alla credenza che il farmaco possa avere anche effetti collaterali relativi alla personalità.

Effetti collaterali

Un timore che deriva ancora una volta dai preconcetti che aleggiano attorno a questi farmaci.

L’effetto prodotto dai farmaci varia in base ai casi specifici.

Può verificarsi l’effetto di “sedazione”, può capitare di sentirsi più stanchi del solito o di avvertire un senso di intorpidimento, così come può verificarsi un aumento paradosso dell’ansia a seguito del quale ci si sente ancora più attivati. Questo non significa che si sono modificati dei tratti della personalità, ma semplicemente che entrano in gioco altri parametri legati ad esempio allo stato di vigilanza o di allerta. 

Si può guarire senza utilizzare i farmaci?

Chi può dirlo. Dipende.

In alcuni casi si guarisce senza, in altri ricorrere ai farmaci è indispensabile.

Prevedere il futuro non rientra tra le nostre facoltà, ma possiamo lavorare sul presente e su quello che c’è nel momento che stiamo attraversando.

In alcune fasi si procede facendo molta fatica ed è proprio in questi casi che un “bastone” può servire. In seguito a una distorsione alla caviglia, ad esempio, abbiamo bisogno di un tutore e per qualche tempo magari utilizziamo anche una stampella.

E questo prescinde dalla fisioterapia, perché fuori dallo studio del fisioterapista ci attende la vita di tutti i giorni. Una volta usciti di lì, quando dobbiamo salire le scale, camminare, andare all’università o muoverci in casa è la stampella a sostenerci.

Non mancano poi le testimonianze che accendono una luce per il futuro e rappresentano in qualche modo una speranza tutta da condividere.

Un caso specifico

Una paziente, a seguito di una gastroscopia per cui ovviamente è stata sottoposta a sedazione, ha raccontato di aver vissuto una delle giornate più belle della sua vita, libera dall’effetto della ruminazione, dai pensieri ossessivi e dal vincolo dell’eccessiva inibizione. Come se avesse in qualche modo potuto sperimentare per sommi capi come sarebbe la sua vita senza il disturbo.

Come restituire una diagnosi: la centralità della persona

Nell’ultima parte della diretta viene esplorata la sfera relativa alla diagnosi e alla restituzione al paziente.

Viene sottolineato come il processo diagnostico non sia da intendersi come un’etichetta. La diagnosi è un processo educativo fondamentale affinché il soggetto in questione conosca meglio il proprio disturbo e acquisisca maggiore consapevolezza.

Consegnare al paziente tutti gli strumenti che possono essere messi in campo educandolo e accompagnandolo ad ogni passo è centrale.

È infatti proprio il paziente, in qualità di protagonista della sua storia, ad avere il quadro completo a sua disposizione. Un’immagine che il terapeuta può unicamente costruire dall’esterno.

Contenuto a cura di Stefania La Mattina

PASTA DI SEMOLA DI GRANO DURO LUCANO

Rasckatielli

Pasta Secca 500g

Ingredienti: Semola di Grano Duro Lucano del Parco Nazionale del Pollino, Acqua.

Tracce di Glutine.

Valori Nutrizionali

(valori medi per 100g di prodotto)

Valore energetico

306,5 kcal
1302 kj

Proteine

13,00 g

Carboidrati

67,2 g

Grassi

0,5 g

Prodotto e Confezionato da G.F.sas di Focaraccio Giuseppe
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