DCA e ritiro sociale

dca e ritiro sociale

Le persone che soffrono di DCA sono abituate a combattere per sé stesse, in una dolorosa guerra con la propria esistenza. E, spesso, lo fanno da sole, chiudendo le porte al mondo esterno ed evitando le persone, sembrando sempre più distanti dalla vita. Questi comportamenti sono la disgregazione delle relazioni sociali e ne causano la distruzione. Più un DCA si rafforza in un individuo, più le relazioni con le persone, gli amici o la famiglia diventano tese e si attenuano sempre di più, portando alla solitudine e quindi ad un ritiro sociale.

Ritiro sociale e sintomatologia dei DCA

Un recente studio ha rivelato che la presenza di comportamenti di ritiro sociale nei Disturbi Alimentari sembra intensificare la gravità dei sintomi della malattia.

Il ritiro sociale può essere considerato una forma psicopatologica, a lungo termine, che si manifesta attraverso l’isolamento e l’esclusione sociale. I contatti sociali vengono ridotti nel tempo, la vita lavorativa o scolastica del paziente diviene sempre più esigua, fino al ritiro completo.. 

È possibile descrivere efficacemente il ritiro sociale attraverso le parole di Matteo Lancini, uno tra i maggiori esperti di psicologia e clinica dell’adolescenza. Secondo Lancini, infatti, i giovani affetti da ritiro sociale:

“Si ritirano completamente dalle scene sociali, non riuscendo a sopportare il dolore provocato dallo sguardo dell’altro, dalla vergogna di presentare il proprio corpo e dalla certezza di fallire in ogni ambito”.

Il legame tra ritiro sociale e disturbi alimentari

Secondo l’ipotesi della sindrome da ritiro sociale per i Disturbi Alimentari (DCA), questi ultimi sono associati a stati intrapsichici caratteristici del ritiro sociale. È possibile che la presenza del ritiro sociale nella psicopatologia alimentare intensifichi la gravità dei sintomi. Questo in associazione ad altri due costrutti come la stigmatizzazione del disturbo e l’alienazione (Griffiths, Mitchison, Murray, & Mond, 2018). 

Una revisione della letteratura ha affermato che la stigmatizzazione dei Disturbi Alimentari, oltre a un peggioramento della sintomatologia alimentare, comporta anche la manifestazione di sintomi depressivi, scarsa autostima, problemi di salute, evitamento delle cure, aumento del rischio di complicazioni mediche dovute al Disturbo Alimentare e, soprattutto, l’insorgenza di uno stato di alienazione e ritiro sociale (Brelet, et al., 2021).

Facciamo qualche esempio. Nell’anoressia nervosa sono state riscontrate scarse abilità sociali e interpersonali. Tale condizione favorisce la manifestazione di stati di ritiro o isolamento sociale (Sternheim, Danner, van Elburg, & Harrison, 2020). Questo fenomeno, all’interno del quadro clinico dell’anoressia, assume il significato di un meccanismo di difesa disadattivo. Ovvero, avviene in risposta alle emozioni negative provocate dall’esposizione sociale (Sternheim, Danner, van Elburg, & Harrison). 

Nella bulimia nervosa un recente studio ha rivelato come le dimensioni afferenti al ritiro sociale siano associate ai sintomi bulimici. Le dimensioni in questione sono: ritiro affettivo, assenza di connessioni sociali, mancanza di fiducia negli altri significativi e ridotta apertura verso gli altri. Pazienti affetti da Bulimia Nervosa (BN) con elevati stati di ritiro sociale presentano un quadro clinico particolarmente rischioso. Questo dal momento che, in assenza di screening specifici, il loro disturbo rimane generalmente latente. Si tratta di individui che tendono a evitare relazioni, poco propensi a rivelare le proprie problematiche alimentari e a ricevere trattamenti adeguati. 

Ci sono dei collegamenti anche tra Binge Eating Disorder (BED) e ritiro, ma sono difficili da rintracciare sistematicamente in letteratura. Tuttavia, in uno studio dell’Università Sapienza di Roma, è stato confermato che il ritiro sociale è spesso associato a disturbi psicosomatici e a deficit dell’immagine corporea. Queste difficoltà si manifestano fin dall’dall’infanzia e dall’adolescenza. Nel medesimo studio una paziente con ritiro sociale afferma di essere affetta anche da Binge Eating Disorder.

Come intervenire?

Data la complessità di queste patologie, si consiglia un trattamento integrato che tenga conto sia della riabilitazione medico-nutrizionale che della terapia psichiatrica-psicologica. Grazie all’intervento di diverse figure professionali, è possibile creare un progetto terapeutico individualizzato. Ciò significa che l’intervento viene costruito ad hoc per la persona, fondandolo sui suoi bisogni e punti di forza.

Inoltre, vale la pena ricordare che il percorso di cura non segue una traiettoria lineare. In più, ogni percorso ha durata soggettiva, poiché dipendente da svariati fattori. Tra questi, l’adesione al trattamento o il tempo intercorso tra la manifestazione dei sintomi e l’aiuto richiesto.

In conclusione, è fondamentale rivolgersi a professionisti competenti quando ci si rende conto che i pensieri associati alla propria forma corporea e al cibo diventano intrusivi. Quando generano enorme sofferenza e impattano negativamente sul vivere quotidiano.

L’articolo è stato scritto da Fabiana e Giulia, volontarie dell’Associazione

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