Ci sono momenti, nella vita, in cui anche solo alzarsi dal letto richiede uno sforzo immenso. Momenti in cui le parole non escono, in cui il corpo diventa un campo di battaglia, in cui tutto sembra troppo. Chi attraversa un disturbo alimentare lo sa: ci si può sentire soli anche in mezzo agli altri, invisibili anche sotto mille sguardi. Ma poi, c’è qualcuno che resta. Qualcuno che non chiede spiegazioni, che non forza sorrisi, che non pretende risposte. Qualcuno che non ci salva, è vero, ma ci tiene la mano.
Il 30 luglio è la Giornata Mondiale dell’Amicizia, un’occasione per riconoscere e valorizzare il ruolo che le relazioni autentiche e significative giocano nella nostra vita.
Coltivare relazioni che fanno bene
Nella lotta ai disturbi alimentari, imparare a circondarsi di relazioni che nutrono — nel senso più ampio del termine — è parte integrante del processo di guarigione. Imparare a dire no alle relazioni tossiche, a quelle che alimentano il confronto, il giudizio, il senso di colpa. E imparare a dire sì a quelle amicizie che accettano, accolgono, incoraggiano.
La presenza di un* amic* che ascolta senza giudicare, che resta anche quando non capisce tutto, può fare una differenza enorme.
L’amicizia, quando è sana e rispettosa, diventa uno spazio sicuro: un luogo in cui essere sé stessi, anche quando si è fragili. Dove non è sempre necessario trovare “le parole giuste” o avere risposte: spesso basta esserci, con pazienza, delicatezza e costanza.
Non è terapia, ma l’amicizia può far parte del percorso
Confidarsi e aprirsi con un* amic* può essere liberatorio: tira fuori dei pezzi di noi che teniamo nascosti, apre lo spazio al confronto e punti di vista che neanche immaginiamo. Tuttavia un* buon* amic* non può andare a sostituire un professionista. Ciò che può fare è essere un ponte verso l’aiuto. Da fuori, chi ci vuole bene — se glielo permettiamo — può vedere e accogliere le nostre fragilità, il nostro disagio e incoraggiarci a chiedere aiuto.
Chi è accanto a una persona che soffre può sentirsi impotente, smarrito, spaventato. Non ci sono istruzioni per l’uso, ma una cosa è certa: l’ascolto, l’empatia e la presenza autentica fanno la differenza.
Un grazie che viene dal cuore
Stare accanto ad una persona con un disturbo alimentare non è semplice, specie quando prende il sopravvento sulla persona cara. Questo articolo vuole essere un abbraccio e un grazie sincero a chi sceglie di restare. A chi con gesti silenziosi riesce a far sentire la propria presenza, leggendo tra le righe, mandando messaggi che non riceveranno risposta. A chi ascolta senza giudizio i discorsi confusi, anche se non li capisce. A chi ci accompagna agli appuntamenti con i medici o si fa chilometri per farci visita. A chi ci guarda tutti interi, vede oltre un semplice “va tutto bene”, osserva la fragilità ma non fugge via. A chi incoraggia e gioisce dei nostri successi, mettendo da parte i timori. La vostra presenza, silenziosa e gentile, può salvare una vita, anche se non lo sapete.
Un invito a guardarsi intorno e a coltivare l’amicizia
In questa Giornata Mondiale dell’Amicizia, il nostro invito è semplice ma profondo: guardiamoci intorno. Se oggi hai qualcuno così nella tua vita, ringrazial*. Fagli spazio. Tienil* stretto.
E allo stesso tempo chiediti: per chi puoi esserci davvero oggi? Perché ogni gesto di gentilezza, ogni sguardo che non giudica, ogni parola detta con il cuore può accendere una piccola luce. E a volte, una sola luce può illuminare una strada intera.
Diamo valore alle relazioni — romantiche, fisiche o amicali — che ci fanno sentire visti, accolti, aspettati. A chi è felice di rivederci, a chi ci aspetta per bere un caffè senza fretta. Perché i collegamenti tra noi e le persone tessono il nostro presente e costruiscono il nostro futuro. E ricordiamolo:
“Accanto è un posto per pochi, ma veri.”
L’articolo è stato scritto da Ivana, volontaria dell’Associazione