Fumo e disturbi alimentari: il peso della nicotina

fumo e disturbi alimentari

Ho smesso di fumare e sono ingrassata da morire!”. Il fumo ha un ruolo nascosto nei soggetti che soffrono di disturbi alimentari, molto spesso sottovaluto o considerato non correlato a quanto sta accadendo

Molto spesso quando si smette di fumare si assiste ad un progressivo aumento di peso, una controindicazione indesiderata che rende ancora più duro allontanarsi dal fumo, motivo per il quale molto spesso si ricade nella dipendenza.

L’aumento di peso è una conseguenza del tutto fisiologica

La nicotina è una sostanza psicoattiva legale, la seconda più consumata al mondo dopo il caffè, che grazie al filtro presente nelle sigarette e al calore, inaliamo solo in piccole dosi. La nicotina ha concentrazioni abbastanza rilevanti da avere un effetto stimolante in grado di creare una vera e propria dipendenza.

Nonostante si associ ad una sensazione di appagamento e rilassamento, è una sostanza in grado di soddisfare il nostro senso di fame, illudendo il nostro cervello di aver introdotto del cibo anche se al suo posto abbiamo fumato una sigaretta.

L’effetto anoressizzante

L’effetto anoressizzante è un meccanismo ben conosciuto dalle persone che soffrono di un disturbo del comportamento alimentare, come l’anoressia nervosa, la bulimia e il binge eating. Questo meccanismo conduce il soggetto ad una costante ricerca di metodi per diminuire la sensazione di fame e, di conseguenza, il proprio peso corporeo.

Il nome infatti deriva dal greco ἀνορεξία anorexía, comp. di an- priv. e órexis ‘appetito’: mancanza o riduzione dell’appetito.

Cosa succede al nostro cervello dopo aver fumato una sigaretta?

Dopo l’inalazione, in 7-10 secondi circa, la nicotina entra nel sistema cerebrale, agiendo su più strutture di riferimento, tra cui l’ipotalamo. Qui si trovano i recettori nicotinici a3b4, in grado di captare la nicotina, la quale comincia ad esercitare la sua funzione.

Dopo che il legame tra questa e i suoi recettori è stato ultimato, la nicotina inizia ad agire sulla piccola ghiandola ipotalamica, in particolare sul nucleo che controlla il senso di sazietà, il Centro Anoressizzante, in cui la presenza dei neuroni POMS permette la stimolazione del senso di sazietà e l’inibizione dello stimolo della fame.

Contemporaneamente, il rilascio della dopamina, l’ormone della gratificazione, permetterà al nostro cervello di associare il fumo di sigaretta ad una sensazione. Si potrà creare quindi un circolo vizioso difficilmente reversibile.

L’ultima sigaretta

Dopo l’ultima sigaretta fumata, l’organismo elimina rapidamente la nicotina, imponendo al fumatore di riaccenderne un’altra per scampare dalla sensazione di astinenza. Questo perché la nicotina, come tutte le altre sostanze psicoattive, induce tolleranza alla sostanza, portando la persona ad aumentare continuamente la quantità di sigarette fumate per assaporarne nuovamente gli effetti.

La nicotina causa inoltre una diminuzione della percezione degli odori e dei sapori, “mandando in confusione” i recettori del gusto e dell’olfatto. In questo modo, i nostri organi di senso (naso e bocca) non sono più in grado di riconoscere o distinguere in maniera netta un alimento per il suo odore o per il suo sapore, diminuendo così la sua appetibilità e, di conseguenza, il desiderio verso la sua assunzione.

Inoltre, il fumo sostituisce un altro bramoso bisogno di una ragazza anoressica o bulimica, ossia quello di compensare le abbuffate con condotte di compensazione eliminatorie, quali uso di diuretici e lassativi.

Infatti, il fumo di sigaretta ha la capacità di stimolare e aumentare la motilità intestinale, inducendo una maggiore defecazione e una sensazione di benessere associata all’ aver espulso dal proprio corpo qualcosa che l’aveva appesantito, liberando la coscienza della ragazza.

Se ci pensiamo attentamente quest’ultima condotta presenta, in maniera simbolica, molte similitudini con l’azione di fuoriuscita di fumo dalla bocca: in entrambi i casi, le ragazze affette da un DCA sentono il forte bisogno di buttare fuori dal corpo i loro problemi interiori, cercando di espellere il male e affievolire un po’ la pesantezza che le tiene incatenate al dolore.

-L’articolo è a cura di Eleonora Peluso, personal trainer con una passione per il mondo dell’alimentazione e del benessere personale.

Contenuto a cura di Eleonora Peluso

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