Il tema della doppia diagnosi nei disturbi alimentari

In questo articolo ci piacerebbe approfondire il tema della doppia diagnosi legato ai disturbi del comportamento alimentare (DCA), ponendo l’attenzione sia sull’aspetto clinico che su quello personale, facendo proprio riferimento ad un’esperienza realmente accaduta. Molto spesso i DCA sono infatti affiancati da altre patologie psichiatriche e per questo si arriva a parlare di disturbi concomitanti.

Cosa significa comorbidità?

Con “comorbidità” ci si riferisce alla compresenza di differenti patologie in uno stesso individuo. Riconoscere questo fatto risulta essere fondamentale nell’individuazione della terapia adatta da proporre ad un paziente, riuscendo così a determinare il trattamento più idoneo e personalizzando al meglio il percorso di cura.

L’individuazione della comorbidità non è un processo semplice. Può infatti accadere che un sintomo sia comune a più patologie. Essenziale è quindi la creazione di un progetto individualizzato, in modo tale che il DCA e il disturbo concomitante vengano trattati con una uguale importanza. Qualora ciò non dovesse accadere, potrebbe aumentare la gravità e la cronicità della patologia, rendendo più complesso un favorevole esito della cura.

Alcuni dati

Secondo una pubblicazione risalente al 2017 dell’Istituto Nazionale di Salute Mentale circa il 56,2% degli individui affetti da anoressia nervosa, il 94,5% affetti da bulimia nervosa e il 78,9% con disturbo da alimentazione incontrollata (BED) soddisfano i criteri per almeno un’altra diagnosi di psicopatologia.

Secondo una ricerca effettuata sempre dallo stesso Istituto, le patologie più frequenti associate ad un disturbo del comportamento alimentare possono essere molteplici. In particolare troviamo:

  • I disturbi d’ansia, che possono essere la diagnosi di malattia concomitante più comune con i disturbi alimentari (come disturbo d’ansia generalizzato, disturbo di panico, fobie e ansia da separazione);
  • I disturbi dell’umore, ricordando la depressione e il disturbo bipolare; 
  • Il disturbo borderline di personalità (BPD). In questo caso abbiamo una continua lotta con la regolazione emotiva, la tolleranza al disagio, le capacità di efficacia interpersonale e il radicamento di se stessi;
  • C’è poi il disturbo ossessivo compulsivo (OCD). Questo include l’attaccamento alla rigidità, alla meticolosità o al perfezionismo, nonché la difficoltà a far fronte all’angoscia legata ai cambiamenti della vita quotidiana, grandi o piccoli;
  • Il disturbo da stress post-traumatico (PTSD). Il trauma influisce gravemente sul funzionamento psicologico, neurologico e sociologico degli individui. Si possono verificare una maggiore disconnessione dal corpo e dalle emozioni, nonché stati dissociativi, che possono anche contribuire allo sviluppo del disturbo alimentare; 
  • Il disturbo dovuto all’abuso di sostanze psicoattive e alcolismo;
  •  Autolesionismo. I comportamenti autolesionistici sono spaventosamente comuni nelle persone con disturbi alimentari. L’autolesionismo si riferisce a qualsiasi comportamento in cui un individuo si danneggia fisicamente. Spesso si sviluppano questi comportamenti come un’abilità di adattamento inefficace per stati d’animo scomodi;
  • Tricotillomania (gesto compulsivo dello strapparsi i capelli);

Si evince dunque da questa ricerca che sono numerose le possibili comorbidità di un disturbo del comportamento alimentare. Questo ci fa capire quanto sia necessario un maggiore approfondimento del tema della doppia diagnosi per far sì che si possa arrivare ad una percorso di cura tempestivo ed adeguato che tenga conto della complessità della singola situazione. 

L’esperienza di Alice  

Era il 2017 avevo 14 anni e iniziavo a soffrire di anoressia nervosa. Mi prendevano sul serio, ricevevo tutte le cure del caso e nulla veniva dato per scontato.

Poi arrivò la diagnosi di disturbo borderline della personalità durante un ricovero in struttura e ricordo che vidi tirare una riga nera su “diagnosi di anoressia restrittiva”.

Secondo la loro logica dunque non esisteva la doppia diagnosi anoressia-borderline. Forse pensavano che, in maniera blanda e superficiale, l’anoressia fosse solo un piccolo e minuscolo sintomo del disturbo borderline.

Un sintomo innocuo che, a quel punto, non meritava più la benchè minima attenzione.

Cosa accadde quindi?

Accadde che io venni presa in carico al centro di salute mentale del territorio per il borderline e ricevetti le cure adeguate per gestirlo.

Ma l’anoressia?…

L’anoressia era solo un sintomo, a loro dire. E così il centro DCA mi chiuse le porte in faccia.

Mi dimisero con queste frasi: “ormai sei normopeso” e “tanto sei già in cura per il borderline”.

Cosa provai?

Beh che dire, mi sentii invalidata.

Non avevo più nessuno che mi prendeva sul serio. Il mio disturbo alimentare non contava più nulla e nessuno mi aveva detto che la tanto attesa diagnosi di disturbo borderline avrebbe sminuito le mie sofferenze.

Da questa storia, ancor più forse che dai dati, possiamo comprendere quanto sia importante porre attenzione a questa tematica. Di fronte a noi abbiamo sempre delle persone e non può bastare una linea nera su un foglio di carta a risolvere una sofferenza. 

L’articolo è stato scritto da Giorgia e Alice, volontarie dell’Associazione

Sitografia

Contenuto a cura di Animenta

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Valori Nutrizionali

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