Fin dalla tenera età ci viene insegnato che lo zucchero fa male, che è meglio la frutta della cioccolata, che non si mangia pasta alla sera, che la pizza va mangiata solo nel fine settimana e la lista potrebbe davvero essere infinita. Da che cosa deriva tutto questo?
Purtroppo, responsabile della diffusione di tutte queste dicerie è la cultura della dieta. Questa ha ormai ampiamente penetrato la nostra società e ci ha portato a interiorizzare queste convinzioni spesso errate. Come se non bastasse, viene fatto perno su un ideale di magrezza associato a bellezza e condizioni di automatica buona salute. La stessa cultura della dieta promuove comportamenti e abitudini per raggiungere il tanto agognato corpo magro, alimentando sempre di più la grassofobia. Siamo proprio sicuri che sia questo di cui necessita il corpo umano? Uno stress continuo per la nostra mente, una guerra al nostro corpo e non essere poi mai soddisfatti? Senza contare la sensazione di frustrazione, senso di colpa e vergogna che ci tormenta quando ci accorgiamo che il mito della dieta è diverso dalla realtà.
Il contesto in cui siamo inseriti è potenzialmente pericoloso per tutti. Tuttavia, per chi soffre di Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA), l’effetto è deleterio. Sono complessi la prevenzione di queste malattie, il riconoscimento dei sintomi in una persona malata e il trattamento.
Ma se invece per stare bene davvero dovessimo imparare ad ascoltare i segnali che ci invia il nostro corpo? È davvero così spaventoso come la cultura della dieta ci fa credere darci la possibilità di mangiare quello che ci va senza paletti e vincoli? L’approccio non prescrittivo rappresenta uno strumento fondamentale per poter decostruire tutte le “verità” che ci sono state inculcate dalla cultura della dieta. Permette inoltre di capire come metterci in ascolto del nostro corpo, dei segnali di fame e sazietà che ci invia e dei suoi diversi bisogni. Ma come funziona questo metodo?
Essere a dieta equivale a prenderci cura della nostra salute?
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce la salute come: “uno stato di completo benessere fisico, sociale e mentale, e non soltanto l’assenza di malattia o di infermità”. Se la cultura della dieta porta gli individui a sottoporsi a continue restrizioni alimentari, a continui stress per “essere in forma”, per essere “pronti” alla prova costume ecc… possiamo ancora dire che è salute? Spesso si mette in relazione alla non-salute una condizione di obesità. Allo stesso tempo, è raro associare magrezza e assenza di salute o di considerare le diete come possibili fattori per lo sviluppo di un DCA.
Una persona che secondo gli standard è sovrappeso, di fronte a molte problematiche di salute, si sentirà probabilmente dire che la risoluzione del problema è perdere peso. Il modello da cui prendere ispirazione sarà un corpo magro e desiderabile. Ti faranno credere che se raggiungerai quel corpo allora sarai felice, ti realizzerai e magari avrai anche una vita più lunga. La soluzione sarà sempre una dieta, perché secondo le convinzioni di cui abbiamo parlato solo attraverso un rigido controllo può essere tenuto a bada il peso corporeo.
Non funziona esattamente così nella realtà. Passare da una dieta all’altra alla ricerca di quella miracolosa finisce per alimentare il senso di fallimento quando esigenze di altri ambiti della nostra vita ci fanno uscire dallo schema pre compilato della dieta. L’unica cosa di cui necessitiamo è di metterci in attento ascolto del nostro corpo per fornirgli il nutrimento di cui ha bisogno senza attribuire alcun valore morale al cibo dividendolo in “sano” o “non-sano”. Dovremmo dare al nostro corpo ciò che in quel momento ci sta chiedendo. Per spiegare meglio: quando siamo stanchi cerchiamo il prima possibile un momento di riposo in risposta al segnale che ci ha inviato il nostro corpo e questo meccanismo dovrebbe funzionare anche con l’alimentazione.
Vediamo ora cosa significa per un professionista della nutrizione utilizzare un approccio non prescrittivo.
L’approccio non prescrittivo
Analizzando queste tre semplici parole, si può facilmente intuire che si tratta di non indicare o obbligare qualcuno a fare qualcosa. Ci sono professionisti della nutrizione che scelgono di seguire i loro pazienti senza utilizzare un approccio prescrittivo, cioè scegliendo di non stilare piani alimentari per essi. Non confezionano una dieta che obbliga la persona a seguire determinate regole e schematicità alimentari e spostano l’attenzione su obiettivi diversi dal peso. Ma se non si ha nessuna dieta che scandisce precisamente la giornata alimentare significa mangiare tutto il cibo che si vuole, senza regole?
Nel momento in cui ci si pone questo interrogativo si è persa ogni fiducia che riponiamo in noi e nel nostro corpo, in quanto pensiamo che senza una dieta che ci guida siamo persi e non staremo mai bene con noi stessi. Ma la verità è che, se a monte desideriamo un piano alimentare per sentirci sotto controllo, dopo qualche tempo ci sarà sempre una certa insoddisfazione e sentiremo la necessità di alzare sempre più l’asticella di pretesa nei confronti di noi stessi.
Dunque, quali sono gli strumenti che il professionista deve utilizzare per aiutare i pazienti a costruire un rapporto sano con il corpo e l’alimentazione?
- Accettazione del contesto in cui il singolo individuo si trova, senza giudizio;
- Riconoscere i bisogni dei pazienti che di volta in volta saranno differenti;
- Condurre un’Attività di Educazione Alimentare Positiva che porta ad individuare e soddisfare i bisogni autentici in termini di energia, ma anche di piacere;
- Consapevolezza del ruolo della cultura della dieta e demolizione di tutte le sue convinzioni con funzione di guida verso un rapporto libero con cibo e corpo.
Questi quattro strumenti non sono gli uni indipendenti dall’altro, ma vengono usati sinergicamente nell’attività del professionista e costituiscono il fondamento dell’approccio non prescrittivo.
Metodologie applicate nel contesto di un approccio non prescrittivo
Possono essere individuate cinque metodologie che implementano l’approccio non prescrittivo:
- Mindful Eating. Si basa sulla Mindfulness con l’obiettivo di accrescere la consapevolezza nelle persone durante il momento del pasto. Come insegna la meditazione mindful è importante essere presenti nel qui e ora e l’approccio con il cibo può migliorare grazie all’uso di tutti i cinque sensi, rimuovendo il pilota automatico che ci porta a vivere meccanicamente il momento del pasto;
- Intuitive Eating. L’alimentazione intuitiva permette di allontanarsi dai dogmi rigidi della cultura della dieta, a favore di libertà e assenza di controllo. Il professionista introduce gradualmente i principi su cui si fonda l’approccio e guida il paziente alla riscoperta del piacere dell’alimentazione, senza giudizi e schemi;
- H.A.E.S- Health At Every Size. Alla base dell’approccio non prescrittivo c’è sicuramente un approccio inclusivo che va oltre la taglia del paziente. Come dice l’acronimo inglese “Salute a tutte le taglie” non significa che indipendentemente dalla forma fisica la persona sia in salute, ma che il peso non è un indicatore di salute così rilevante e dice ben poco della reale condizione del soggetto;
- Educazione Alimentare Positiva. Con questa metodologia si aiuta la persona a costruire le sue esigenze alimentari sulla base di un concetto strettamente personale di benessere fisico e psichico tenendo conto di valori e obiettivi di ciascuno;
- Terapia cognitiva comportamentale per DCA (CBT-E). Questo tipo di terapia prevede l’attività sinergica di più professionisti, tra cui psicologi e terapeuti, con l’obiettivo di ricostruire passo dopo passo cosa e quanto mangiare. Il/la paziente deve ricominciare a comprendere i propri bisogni, le proprie voglie e, una volta riconosciute, cercare di soddisfarle. L’approccio si deve quindi adattare alla fase del percorso in cui si trova la persona tenendo conto di paure e pensieri e procedendo gradualmente.
Conclusioni finali
La cultura della dieta è stata estremamente abile a costruire tassello dopo tassello le sue convinzioni, fondando le sue radici più profonde nell’insicurezza dell’essere umano e invertirne la rotta è un lavoro complesso. Come è emerso nel corso dell’articolo, l’approccio non prescrittivo permette all’individuo di reimparare a conoscere se stesso, i propri gusti, il proprio benessere interiore ed esteriore senza usare come strumento l’imposizione di un piano alimentare.
L’obiettivo è quello di allontanarsi dal focus del peso, della forma fisica, dal controllo e dal giudizio. Un percorso alla consapevolezza di sé, al vivere i momenti nel presente, nel “qui e ora” è utile non solo in ambito alimentare, ma anche in altri ambiti della vita perché permette di valorizzare l’individuo nella sua totalità. Al contrario, la cultura della dieta porta a limitare il valore di una persona a quanto è magra, alla sua taglia e a quanto è diligente nel rispettare la dieta. Tutto ciò che hai letto in questo testo parla un po’ di te, di me, di voi e di noi perché in fondo siamo un po’ tutti vittime della cultura della dieta: solo affrontando queste tematiche e scoprendo approcci alternativi potremo sviluppare la nostra consapevolezza.
L’articolo è stato scritto da Elisa, volontaria dell’Associazione
Fonti:
veronicabignettidietista.it
http://www.intuitiveeating.org/
https://www.youtube.com/user/LBaconHAES – Busting Myths on Weight and Health