Esiste una frase che ogni persona che soffre di un disturbo alimentare (DCA) teme di sentire: “Soffri di un disturbo del comportamento alimentare? Ma non sembri malat*!”
È una frase spesso dettata da superficialità e scarsa conoscenza dei disturbi del comportamento alimentare, che nell’immaginario collettivo si limitano all’anoressia nervosa restrittiva e alla fisicità molto magra che ne consegue.
Tuttavia questa affermazione può provocare una vera e propria crisi nella persona malata di DCA, portandola a sentirsi non “abbastanza malat*” e non meritevole di ricevere cure.
È inoltre un’affermazione che non riflette la realtà dei disturbi alimentari: meno del 6% delle persone con diagnosi di DCA sono medicalmente classificate come “sottopeso”. Ciononostante, le persone con un BMI più elevato sono considerate a minor rischio di avere un disturbo alimentare, malgrado i dati suggeriscano l’esatto opposto, ossia che un più alto BMI correli ad un rischio più elevato di sviluppare un DCA. Si stima anche che circa il 40% delle ragazze sovrappeso e il 20% dei ragazzi sovrappeso abbiano utilizzato comportamenti suggestivi di un disturbo alimentare.
I DCA possono colpire chiunque
Bisogna ricordare che non esiste solamente l’anoressia nervosa bensì molti altri disturbi quali la bulimia, il binge eating, l’ortoressia, l’ARFID… che non comportano una perdita di peso importante o un fisico emaciato.
La sottocategoria dell’anoressia “atipica” è stata recentemente aggiunta al DSM-5 per poter correttamente diagnosticare quelle persone che, malgrado una perdita importante di peso, i vari comportamenti e preoccupazioni su forma corporea e peso che l’anoressia comporta, non rientrano nella categoria “sottopeso”. Se questa nuova categoria permette di diagnosticare più precocemente il disturbo e quindi di poter intervenire in una fase iniziale della malattia, può essere percepita da chi ne soffre come non “abbastanza grave” da ottenere la diagnosi di “anoressia nervosa”.
Esiste un bias anche da parte dei sanitari, come i medici di base, che sono meno inclini a sospettare ed indirizzare verso il corretto trattamento i pazienti con un quadro di anoressia “atipica”, che ricevono le giuste cure 14 volte meno rispetto a pazienti che rispecchiano i criteri diagnostici classici per l’anoressia.
Qualunque etnia può essere malata di DCA
Malgrado le persone di razza non caucasica soffrano in ugual misura di disturbi alimentari, hanno il 50% della probabilità in meno di ricevere una diagnosi. Anche in questo caso, i medici sono meno capaci a riconoscere i segni e sintomi che contraddistinguono i DCA nei pazienti di origine ispanica o Afro-Americani. Inoltre i ragazzi di origine asiatica riportano maggiori tassi di restrizione alimentare, insoddisfazione corporea e atteggiamenti negativi nei confronti dell’obesità rispetto a coetanei non asiatici.
Qualunque membro della comunità LGBTQIA+ può essere malat* di DCA
Membri della comunità LGBTQIA+ hanno un maggior rischio di avere un disturbo alimentare (3 volte superiore), rispetto alla popolazione eterosessuale, 2.5 superiore nelle ragazze omo o bisessuali e 6 volte superiore nei ragazzi queer. Anche le persone trans hanno un rischio aumentato, di 4 volte superiore se confrontato con le persone cisgender.
Qualunque sesso può essere malato di DCA
Si stima che gli uomini rappresentino il 25% dei pazienti affetti da disturbi alimentari, tuttavia le donne hanno 5 volte più probabilità di venire diagnosticate per via dello stereotipo che i DCA siano una “malattia delle donne”. Inoltre, gli uomini tendono a sviluppare disturbi più severi per via della minimizzazione dei sintomi da parte dei pazienti e del personale sanitario che talvolta nega l’accesso alle cure agli uomini e ragazzi che lo richiedono.
Curare ogni corpo malato per garantire la salute
I DCA sono disturbi della mente e come tali non hanno forma, colore o genere. Sono anche malattie gravi: l’anoressia è la malattia psichiatrica con il più alto tasso di morte. Occorre quindi riconoscerli nelle fasi più precoci, abbandonando dannosi stereotipi ad essi legati per permettere una cura adeguata e una completa guarigione alle molte persone che soffrono, a prescindere dal loro aspetto.
Fonti
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L’articolo è stato scritto da Valentina, volontaria dell’Associazione