“Questa è l’ultima volta”, mi ripeto dopo l’ennesima abbuffata.
Forse sarà davvero l’ultima, lo spero con tutto il cuore, ma in fondo so già che sto mentendo a me stessa, come faccio da vent’anni. Vent’anni che sottopongo il corpo a questa fatica e maltrattamento, un corpo verso il quale dovrei provare solo amore e gratitudine. Il mio corpo mi ama, lo so: è sopravvissuto tante volte, l’ho portato allo stremo eppure non ha mai mollato, non mi ha mai abbandonata. Sono fortissima, il mio corpo lo è. Dovrei fargli un monumento solo per il fatto che nonostante il modo in cui l’ho trattato lui non mi ha mai tradita, e anzi, mi ha fatto dei doni meravigliosi. Mi ha regalato i miei figli, dal mio dolore è nato l’amore. Questo mio corpo maltrattato ha generato degli esseri meravigliosi, e io gliene sono immensamente grata.
E allora perché ancora mi ritrovo qui a braccetto con la mia migliore amica? La mia amica bulimia? Sì, la definisco come la mia migliore amica perché lei è sempre stata accanto a me nei momenti di sofferenza… Ma sofferenza di cosa? Non so bene come descrivere la mia sofferenza, sento che mi mancano letteralmente anni di vita all’appello. Non ho ricordi, li ho cancellati, il mio cervello li ha cancellati, forse perché troppo affamato anche per trovare le forze per immagazzinare ricordi.
Con il nutrimento che riesco ad immagazzinare il mio corpo mi consente di sopravvivere: respirare, far battere il mio cuore, digerire ciò che arriva al mio stomaco.
“Questa è l’ultima volta”: lo ripeto come un mantra mentre mi assale il terrore della vergogna che provo per aver mangiato ciò che avevo comprato per i miei bambini e mio marito. Mi do un ultimo sguardo allo specchio, uno sguardo che è un mix tra disprezzo e pena.
Ma è davvero così che voglio vivere? No, merito di meglio, merito di essere felice, merito di prendere in braccio la mia bambina interiore e di cullarla, consolarla, nutrirla e dirle quanto la amo.
Ok, è stata trattata male da piccola. È vero, ha ha sofferto. Ok, si è sentita abbandonata. Ok si è sentita non amata. Ma perché deve pagare lei per gli errori che hanno commesso gli altri? Che senso ha continuare ad incolparsi per colpe che non le appartengono? Che senso ha continuare a punirsi per qualcosa che non ha fatto?
È tempo di fiorire, di aprire gli occhi, di godere delle cose belle della vita, di pensare a me stessa e a perdonare ciò che è stato. In primis perdonare me, per essermi maltrattata così a lungo, per non essermi mai amata, per aver provato solo disprezzo nei miei confronti. Ma sapete una cosa? Io sono fortissima, sono una roccia, anzi sono un fiore che sta nascendo tra le rocce, un tulipano che sbuca dalle terre più aride e sterili… Ecco cosa sono!
“Questa è l’ultima volta”, e forse lo sarà davvero, forse lo è stato davvero. Ho una nuova consapevolezza che si sta facendo strada dentro di me: io valgo, tantissimo, e voglio combattere, voglio vivere e non sopravvivere. Non sono un fallimento come ho sempre creduto, scelgo di perdonarmi e di volermi bene, scelgo di prendermi in braccio, di abbracciarmi e di stringermi forte per farmi sentire tutto l’amore che provo nei miei confronti.
Ho fiducia in me e nelle mie capacità. Ho fiducia nel mio corpo.
Non voglio più perdermi un secondo della mia vita, voglio viverla appieno e costruire un sacco di ricordi felici.
“Questa è l’ultima volta”, e sorrido, ti lascio andare mia cara amica. Non ho più bisogno di te, e sorrido consapevole del fatto che questo è solo l’inizio del mio viaggio verso la guarigione. Un viaggio che mi porterà verso la libertà, un viaggio che mi porterà a rinascere e a scoprire quanto è bello mangiare un gelato insieme ai miei figli, scegliere una pizza .
L’articolo è stato scritto da Alice, che ha condiviso con noi una sua riflessione