Caro corpo,
scusa se tante, troppe volte ti ho trattato male, quando era il mondo a trattare male me ed io invece di rispondere, mi scagliavo contro di te, contro le gambe che mi permettono di camminare, correre e nuotare in mezzo al mare che tanto amo, o contro le braccia che mi permettono di abbracciare, perché mi vedevo sempre troppa, e non capivo che invece che fuori era dentro l’ingombro;
ché stavo sbagliando prospettiva.
Perdonami se tante volte ti ho portato allo stremo, mentre tu mi chiedevi solo una tregua, perché in tutte le guerre c’è una tregua prima o poi;
perdonami per tutto l’odio, la rabbia, il disprezzo che ti ho rivolto, mentre tu fedelmente continuavi a tenermi in vita, quella vita alla quale in certi momenti non mi sono aggrappata, ma che mi ha riacciuffata sempre, dalla testa, come fanno le mamme con i gattini, perché non ha mai mollato la presa. Ti chiedo scusa per i pugni, i graffi, gli schiaffi, ché forse qualche carezza la meriti anche tu; una stretta di mano, un bacio e un sorriso per dirti “grazie”, che nonostante tutto sei ancora qua, involucro bistrattato della mia anima incasinata e complicata, che non ha ancora capito che vento seguire, e che a volte ha talmente paura del mondo che preferisce rimpicciolire e nascondersi come fanno i bambini quando hanno paura del buio, prima di scoprire che anche lì in mezzo si può giocare e che l’ombra non è il contrario della luce, ma solo ciò che le permette di esistere.
Tua Martina.