Vedo tutto più chiaramente ora che il palco è crollato.
Mi sono ritrovata faccia a faccia con la realtà, distaccata dalla rete di tutte quelle illusioni e convinzioni in cui Lei mi aveva avvolto.
È cominciato tutto piano piano: la solitudine, la paura, l’ansia, lo stress, avevano bisogno di una via d’uscita, di un modo per riprendere il controllo che sentivo di star perdendo.
E si è presentata Lei.
Lei, la Vocina
Un insieme di regole, che all’inizio mi aveva convinto servissero per stare meglio fisicamente, essere piena di energie, fortificare i capelli, ridurre il gonfiore addominale… Piano piano queste regole sono diventate sempre di più e hanno coinvolto anche quel numeretto sulla bilancia.
Perché prima sì, ci stavo attenta, ma non mi ossessionava (ancora adesso non riesco a comprendere come si possa vivere senza avere perennemente quel pensiero fisso in testa), poi è diventato anche lui una regola.
Come se non bastasse poi sono arrivati quei mesi di reclusione, dello stare seduta in casa senza avere nulla da fare, del cucinare giusto per tenersi impegnata.
La Vocina si è imposta prepotentemente e ha cominciato a progettare il colpo di stato a base di sensi di colpa: si innescavano tutta una serie di pensieri disfunzionali orientate alla restrizione o all’eccessivo movimento. Sono entrata in un circolo vizioso.
E Lei era felice, era orgogliosa, mi faceva compagnia nei momenti più bui e dovevo renderLa felice in qualche modo.
Nessuno si era accorto di quanto male stessi, né fisicamente né, soprattutto, psicologicamente.
Le mie ansie e paure, la mia solitudine e tristezza, la mia impotenza e il mio stress venivano sminuiti e ridicolizzati. Persino la richiesta d’aiuto (o meglio, il grido) che ho fatto io in prima persona, inizialmente è stato visto come un’esagerazione.
La via d’uscita dal castello fortificato
Tuttavia, ad un certo punto, la strada verso l’uscita dal castello della Vocina sono riuscita a intraprenderla, con mille difficoltà, mille scivoloni, mille arrabbiature, mille crisi.
Anche chi mi stava attorno ha dovuto convivere in qualche modo con la Vocina tramite i comportamenti che mi faceva assumere.
Da un lato mi sono scontrata con la mancanza di supporto iniziale, che si è poi tramutata in compassione e sostegno, e perdura tuttora. Dall’altro lato chi invece mi aveva cercato inizialmente di incoraggiare si è stancato, mi ha abbandonato perché non voleva farsi carico dei miei problemi o forse voleva solo egoisticamente che esistessero solo i suoi problemi.
Il mio presente tra sogni, paure e voglia di riscatto
Cambiando strada un’infinità di volte sono arrivata a questo immenso muro che mi si para davanti ora: mi ha costretto a fermarmi e guardare indietro al percorso compiuto, ha messo a rischio tutta la strada fatta finora per raggiungere i miei obiettivi.
Oggi la Vocina è il problema che mi impedisce di poter iniziare il lavoro dei miei sogni. Sì, perché il peso basso non mi rende affidabile. Sono un pericolo io stessa, non posso prendermi cura di pazienti se non sono in grado di farlo con me stessa, non posso resistere ore in piedi in sala operatoria se il BMI è così basso. Non interessa il mio rapporto con le emozioni, con il mio corpo, con le ansie o con il cibo.
Importa di nuovo esclusivamente quel numero sulla bilancia (e Lei lo sapeva, l’ha sempre saputo di mettere a rischio il mio futuro).
Cosa farò ora? Cercherò di impegnarmi, anima e corpo, per uscire finalmente dal castello fortificato della Vocina, per non ascoltare le sue parole ammalianti, per vivere libera la mia Vita.
L’articolo è stato scritto da Eleonora che ha raccontato la sua storia