Tante di quelle volte, seduta a tavola, sapevo ascoltare solo le scatole degli alimenti che avevo di fronte. Quei corpi di sportivi stampati in copertina che mi davano consigli e quelle porzioni che venivano indicate aumentavano il mio senso di colpa e diventavano un pensiero fisso che mi accompagnava per tutta la giornata. Rimaneva dentro di me una voce che mi voleva mettere “in riga”, mi diceva che non avevo seguito quelle dosi. Oppure che non avevo fatto la “colazione ideale”, la “colazione dei campioni”, che non ero andata in palestra o non avevo fatto abbastanza attività fisica. Mi sentivo male al pensiero di non riuscire ad essere così. Ogni giorno la stessa storia. Le scritte ed i consigli sembravano sempre più grandi di me e mi parlavano più forte di tutte le persone che mi stavano accanto.
Nuove consapevolezze
Quando ho raggiunto una maggiore consapevolezza della mia situazione, mi sono iniziata ad allontanare da tutti i prodotti che mettevano enormi immagini di modelli “perfetti” e porzioni consigliate in primo piano. Ora, con il procedere del mio percorso, mi ritrovo spesso di fronte a quelle confezioni con scritte fuorvianti. Così mi sono iniziata ad interrogare sul vero significato delle parole che leggevo e che, nel periodo della malattia, traducevo in un modo tutto mio. Quelle scatole a volte generano in me tanta rabbia perché penso alla mia storia e a tutte le persone a cui questi numeri e questi corpi hanno fatto male. Ovviamente questi elementi non hanno una colpa di per sé, ma l’impatto di questo linguaggio è reale. Il contributo che questo linguaggio ha sullo sviluppo e la progressione di Disturbi del comportamento alimentare non è irrilevante.
Perché gli standard nelle porzioni consigliate?
La società italiana di nutrizione umana ‘SINU’ nella IV revisione dei LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed Energia per la popolazione italiana) riporta: “Si definisce porzione standard la quantità di alimento che si assume come unità di riferimento riconosciuta e identificabile sia dagli operatori del settore nutrizionale e sia dalla popolazione.
La porzione standard deve essere coerente con la tradizione alimentare e di dimensioni ragionevoli, in accordo con le aspettative del consumatore. È una unità di misura di riferimento della quantità di alimento consumata e può essere espressa in unità naturali o commerciali effettivamente visualizzabili (ad es. frutto medio, fetta di pane, fetta di prosciutto, lattina, scatoletta ecc.) oppure in unità di misura casalinghe di uso comune (ad es. cucchiaio, mestolo, bicchiere, tazza ecc.). Una porzione standard può coincidere con una di queste unità (ad es. una mela, una lattina, una tazzina, ecc.), oppure può essere costituita da più di una unità (ad es. 3-4 biscotti, 2 cucchiaini di marmellata ecc.).
Le unità pratiche di riferimento sono puramente indicative perché possono esserci notevoli differenze, ad esempio per quanto riguarda il pane (diverso tipo di impasto e diverse pezzature), i biscotti (tipi o marche diverse), la frutta e gli ortaggi (differenze naturali nella pezzatura) ecc. La porzione standard rappresenta uno strumento in base al quale definire le diete destinate alle varie fasce d’età o a gruppi con esigenze nutrizionali specifiche (ad es. gravidanza, allattamento ecc.)”.
GDA: cosa sono e a che cosa si riferiscono?
Il nuovo regolamento, di ormai più di una decina di anni fa, ha introdotto l’obbligo di riportare la dichiarazione nutrizionale sulla maggior parte dei prodotti alimentari. Su base volontaria di ogni azienda produttrice è ammessa l’indicazione delle quantità di energia e nutrienti giornaliere indicative (Valori giornalieri di riferimento o Guideline Daily Amounts o GDA), al fine di indicare i contributi percentuali della porzione dell’alimento rispetto al fabbisogno giornaliero raccomandato per un’alimentazione bilanciata.
Le GDA sono state originariamente sviluppate dall’Institute of Grocery Distribution (IGD) nel 1998 e riportano la quantità di calorie contenuta in una porzione e la percentuale di energia rispetto alla quantità giornaliera indicativa.
Porzioni consigliate: questione di marketing?
Mi ha personalmente sorpreso il fatto che ci siano parole come indicative o notevoli differenze che io personalmente vedo, oggigiorno, come parole chiave. Invece, molto spesso esse vengono messe in minuscolo o riportate con un asterisco per questioni puramente di marketing. Penso e ripenso spesso al fatto che se accanto ad ogni tabella e ad ogni contenitore avessi trovato una scritta del genere forse mi sarei fatta meno domande su quanto stessi realmente mangiando. Forse avrei capito che è tutto in trasformazione, che quelle sono solamente un’indicazione e non regole o leggi da rispettare. Il mio DCA si aggrappava a molte regole, molte imposizioni e molte restrizioni. Scoprire che quei numeri non erano niente del genere mi avrebbe fatto, magari, rapportare diversamente al prodotto che stavo per mangiare o evitare.
Credo sia fondamentale educare alla differenza e all’ascolto partendo anche dall’alimentazione. In questo modo i numeri verranno visti come tali e non più come centro e chiave di tutta una vita.
Bibliografia
https://www.paginemediche.it/glossario/gda-guideline-daily-amounts
https://www.crea.gov.it/web/alimenti-e-nutrizione/-/linee-guida-per-una-sana-alimentazione-2018
https://sinu.it/wp-content/uploads/2019/07/20141111_LARN_Porzioni.pdf
L’articolo è stato scritto da Francesca, volontaria dell’Associazione