Il termine body diversity fa riferimento alla varietà di colori, forme, dimensioni e tratti fisici che caratterizzano i corpi umani. Accettare la body diversity significa accogliere e apprezzare la diversità in tutte le sue manifestazioni. Oltre a ciò, significa contrastare i canoni estetici che associano la bellezza a determinate caratteristiche fisiche.
Secondo l’azienda Interseccionale, questa evoluzione genera un impatto positivo sull’autostima degli individui e promuove un senso di appartenenza in gruppi finora marginalizzati. Infatti, la pressione per conformarsi a ideali di bellezza imposti può comportare conseguenze psicologiche significative, come un basso livello di autostima e di auto-accettazione. Interseccionale sottolinea che promuovere la body diversity favorisce una migliore salute mentale. Promuovere la body diversity riduce, infatti, lo stress associato al confronto costante e alla ricerca di un corpo “perfetto”.
Più nello specifico, quando si parla di body size diversity si fa riferimento alla valorizzazione di ogni corpo a prescindere dalla taglia. Come si afferma in un articolo pubblicato sul blog dell’azienda Crescendo, la body size diversity abbraccia un’ampia varietà di tipi di corpo, forme e taglie. Tale concetto contrasta l’idea che certe caratteristiche, come la magrezza promossa dai media, siano più associabili a un corpo desiderabile. È proprio da questi ideali che nasce la grassofobia, ovvero una paura irrazionale o un’avversione verso i corpi grassi, sovrappeso, obesi o non conformi alle taglie considerate standard.
In particolare, il post di Crescendo evidenzia quanto sia importante integrare la body size diversity sul posto di lavoro. Secondo l’articolo, è fondamentale che ogni azienda includa questo concetto nelle proprie iniziative di DE&I (Diversity, Equity & Inclusion, ovvero “Diversità, Equità e Inclusione”), in modo da creare un ambiente di lavoro in cui ogni tipo di corpo sia accolto.
La Body size diversity riceve scarsa attenzione nel discorso sull’inclusione
Come si afferma in un articolo pubblicato sul sito DiversityQ, la body diversity costituisce un tema poco discusso quando si parla di diversità e inclusione in azienda. Nonostante ciò, è dimostrato che il pregiudizio sul peso esiste anche sul posto di lavoro. Per esempio, uno studio condotto dal Massachusetts Institute of Technology (MIT) su oltre 7.000 partecipanti nell’arco di 25 anni ha riscontrato una discriminazione salariale basata sul peso. Anche l’articolo di Crescendo precedentemente menzionato sottolinea che la body size diversity riceve scarsa attenzione nel discorso sull’inclusione.
Stando ai dati dei Centers for Disease Control and Prevention, un organismo di controllo sulla sanità pubblica degli Stati Uniti, tra il 2017 e il 2018 il 73,6% della popolazione statunitense era sovrappeso. Tuttavia, la discriminazione e il pregiudizio sul peso non sempre vengono presi sul serio e possono introdursi facilmente nelle conversazioni quotidiane attraverso micro-aggressioni e stereotipi.
Allo stesso tempo, il linguaggio quotidiano è intriso di discorsi sul dimagrimento e riferimenti all’ideale di magrezza, anche sul luogo di lavoro.
Lo stigma sul peso nell’ambiente di lavoro
Crescendo sottolinea che, sul posto di lavoro, lo stigma e la discriminazione sul peso spesso possono esprimersi in modo implicito. Questo avviene sotto forma di pregiudizi inconsci o non intenzionali.
A tale riguardo, nel 2017 è stata condotta un’indagine interessante intitolata The Grim Reality of Being a Female Job Seeker (“La triste realtà di una donna in cerca di lavoro”). La ricerca consisteva nel mostrare immagini di donne professioniste ad alcuni addetti alle assunzioni e nel chiedere loro di scegliere tre aggettivi con cui descriverle. Una delle immagini ritraeva una donna visibilmente più in carne delle altre. Sebbene i primi tre aggettivi utilizzati per descriverla fossero “amichevole”, “sicura di sé” e “professionale”, solo il 15,2% ha dichiarato che l’avrebbe assunta.
Le ricerche dimostrano che, sul posto di lavoro, alle persone con corpi non conformi vengono associati stereotipi di pigrizia, scarsa intelligenza e mancanza di motivazione. Tuttavia, il peso e le dimensioni del corpo spesso sono determinati da fattori che non dipendono dal controllo dell’individuo. Sebbene peso e salute non siano sempre strettamente correlati, l’obesità o il sovrappeso possono derivare da condizioni mediche come problemi alla tiroide. Tra i fattori che contribuiscono a determinare le dimensioni del corpo di una persona vi sono anche la predisposizione genetica e Disturbi Alimentari come l’anoressia o il binge eating.
Come integrare la body size diversity nella cultura aziendale
Come si evidenzia nell’articolo di Crescendo, esistono diversi modi per incorporare la body size diversity nelle iniziative aziendali volte a promuovere la diversità, l’equità e l’inclusione nell’ambiente di lavoro:
- Utilizzare immagini inclusive. Le immagini adottate per rappresentare l’organizzazione influenzano il modo in cui clienti, potenziali clienti, dipendenti e leader osservano e partecipano all’integrazione della size diversity. È quindi fondamentale utilizzare immagini che rappresentino diversi tipi di corpi, a indicare che ognuno di essi è apprezzato e importante.
- Togliere enfasi dalla perdita di peso nelle iniziative di benessere aziendale. Per promuovere il benessere dei dipendenti, alcune aziende organizzano sfide, gare e iniziative che talvolta prevedono la perdita di peso. Ad esempio, in passato, la società alimentare statunitense Whole Foods Market propose un programma di sconti per i dipendenti calcolati in base all’indice di massa corporea, alla pressione sanguigna, al colesterolo e all’uso di nicotina. In sostanza, l’iniziativa prevedeva che i dipendenti più sani avessero diritto a sconti maggiori. Tuttavia, esistono modi più inclusivi per favorire la salute e il benessere delle persone in azienda. Per esempio, è possibile offrire l’iscrizione a palestre inclusive o corsi che propongono l’esercizio fisico come un’attività piacevole e divertente. Promuovere l’auto-accettazione rappresenta un’altra idea valida. Infine, l’azienda potrebbe incoraggiare i dipendenti ad adottare sane abitudini quotidiane che possano essere seguite a prescindere dal peso.
- Garantire che strutture aziendali, strumentazione e abbigliamento siano adatti a tutti. È essenziale assicurarsi che strutture, attrezzature e gadget, come le magliette con il logo aziendale, siano accessibili a tutti i dipendenti. Oggetti di questo tipo servono a suscitare nelle persone un senso di identità e appartenenza. Questo non può essere raggiunto senza considerare la diversità dei corpi.
- Riorientare il linguaggio per renderlo più inclusivo. I discorsi sulle diete e il dimagrimento fanno ormai parte della normalità anche sul luogo di lavoro. Conversazioni di questo genere possono sottoporre le abitudini alimentari personali a critiche e giudizi. Inoltre, possono influenzare la salute mentale e i comportamenti alimentari di persone che hanno lottato con la percezione del peso, lo stigma e i Disturbi Alimentari. Anche utilizzare espressioni come “senza sensi di colpa” parlando di cibo o manifestare frustrazione per aver mangiato un certo alimento possono creare questo effetto. Se qualcuno inizia un discorso sulla dieta o altri argomenti legati al peso che ci mettono a disagio, possiamo orientare la conversazione in un’altra direzione o affermare educatamente, ma con fermezza, che preferiamo non parlarne.
Body diversity in azienda: l’esperienza di PensionBee
Un’ulteriore iniziativa per includere la body diversity nella cultura aziendale è l’organizzazione di un evento interamente dedicato a questo tema. È ciò che ha fatto l’azienda inglese PensionBee, di cui si parla nell’articolo di DiversityQ citato precedentemente.
Durante l’evento, i partecipanti hanno affrontato il problema della discriminazione verso le persone sovrappeso e hanno condiviso esperienze personali legate all’immagine corporea.
“Abbiamo appreso che oltre un terzo degli adulti nel Regno Unito si è sentito ansioso o depresso per la propria immagine corporea”, racconta Emily Tribe, autrice dell’articolo e dipendente di PensionBee. Inoltre, “secondo un sondaggio di Glamour, il 97% delle donne riferisce di vivere almeno un momento di odio per il proprio corpo ogni giorno. Infine, una ricerca del Centre of Appearance ha rilevato che quattro uomini su cinque dichiarano di non essere soddisfatti del proprio corpo”. L’iniziativa ha anche permesso ai partecipanti di scoprire campagne come il Fat Liberation Manifesto, che chiede pari diritti per coloro che si autoidentificano come “grassi”, e artisti contemporanei come Elisa Valenti, il cui lavoro celebra i corpi reali.
Un altro momento significativo è stato quello in cui i dipendenti hanno condiviso consigli su come accettare il proprio corpo e resistere al body shaming presente nella cultura dominante. “Contribuire a diffondere consapevolezza su questioni così importanti non solo vi rende artefici del cambiamento, ma aiuta il vostro team a creare relazioni più profonde, identificando lotte comuni”, afferma Tribe. Come sottolinea l’autrice, è fondamentale che le aziende assumano un ruolo guida nel creare ambienti di lavoro in cui ognuno possa crescere, affermarsi e sentirsi a proprio agio indipendentemente dal colore, dalla forma e dalle dimensioni del proprio corpo.
Animenta porta questi temi in azienda con progetti di CSR: contattaci alla mail, info@animenta.org.
L’articolo è stato scritto da Sofia, volontaria dell’Associazione